Nota critica, anzi filosofica alla poesia di Guglielmo Aprile

Leggendo le raccolte “Quando gli alberi erano miei fratelli” (Tabula Fati Edizioni) e “Appunti eoliani” (Fara Editore) di Guglielmo Aprile, ho avuto l’ulteriore riprova dell’elevata qualità e dell’originalità lirica del poeta. È una poesia non fuori dagli schemi, ma che sicuramente rompe gli schemi prima di tutto per rispettabilissima scelta di vita, per modo di sentire, pensare, essere, oltre che per ragioni meramente stilistiche e formali. Ma non mi vorrei soffermare sullo stile e sulla forma, visto che Aprile, per quanto appartato e defilato, è un poeta che ha già avuto molti consensi critici (si pensi solo a Giorgio Liguaglossa, che non è affatto un critico, per così dire, “conciliante” e compiacente, oppure si pensi alla vittoria del prestigioso premio Faraexcelsior). Vorrei invece spendere qualche parola sui contenuti, sull’atteggiamento esistenziale e sulla visione del mondo di Aprile. Perché il mondo va alla malora? Per Marx è colpa del capitalismo. Per i cattolici della secolarizzazione. Per Moravia (si veda “L’uomo come fine”) è colpa del machiavellismo. Per Adorno e Horkheimer è colpa dell’illuminismo, inteso in senso lato (infatti lo scriverò sempre con la i minuscola), tant’è che per loro anche Nietzsche e il Divin marchese erano illuministi. Per i pensatori della Scuola di Francoforte il sapere aude illuminista e kantiano è diventato razionalità strumentale (di cui trattava già Weber e che poi tratterà anche Habermas). La scienza è ormai al servizio del potere (basta vedere l’eugenetica nazista e Auschwitz). L’illuminismo è ormai volontà di potenza, è dominio dell’uomo sull’uomo, è dominio dell’uomo sulla natura. Siamo ormai tutti mezzi. Questo lo sa bene Aprile che pone l’essere umano e la natura come fini e non più semplicemente come mezzi. Aprile riscopre quell’alleanza animistica di cui scriveva Monod ne “Il caso e la necessità”. Per il nichilismo tutto proviene dal nulla, diviene e poi ritorna nel nulla. Quindi noi siamo come le cose, siamo anzi cose senza anima. Aprile ci indica un’altra strada: anche le cose come noi hanno un’anima e ciò si può intuire grazie a epifanie e corrispondenze, ispirate dalla natura. Per il poeta anche le pietre hanno un’anima e bisogna chiedere alla natura, bisogna farla parlare. Se per Baudelaire i lettori erano suoi simili e suoi fratelli, per Aprile anche le cose sono sue simili e sue sorelle. L’orizzonte ontologico, esistenziale, gnoseologico viene quindi esteso a ciò che noi occidentali pensiamo solo come materia inanimata, per finire di considerare anche noi stessi come inanimati. Se per l’illuminismo bisogna avere il coraggio di sapere, l’autore ci ricorda anche che bisogna avere il coraggio di sentire (in un arco che va da impressioni e sensazioni al sentimento delle cose). Il poeta sa benissimo che anche gli alberi comunicano tra di loro (è scientificamente provato) e lui resta in ascolto. Questa loro comunicazione non giunge alla soglia della nostra percezione cosciente e allora Aprile si affida anche all’inconscio. La sua poesia da questo punto di vista è un circolo virtuoso in cui sovrastrutture culturali, infrastrutture psichiche, strutture letterarie si interfacciano continuamente e armoniosamente tra di loro. Riscopre il contatto con la natura ed è un rapporto fecondo, un amore disinteressato, non strumentale appunto, come quelli che comprano un’azienda agricola per arricchirsi, prima di tutto. Ritrova così la dimensione autentica dell’essere e in questo senso la sua poesia è autentica dal punto di vista primigenio, ancestrale. È un’autenticità che riscopre e ascolta il canto delle sirene (ancora Adorno e Horkheimer) in un mondo in cui tutti ormai sono marinai, che hanno la cera negli orecchi per non sentire le sirene. Aprile ci fa capire che per ripartire bisogna ritornare indietro, alla natura. Un poeta quindi non può che cantare la natura. Aprile mette tra parentesi il mondo consumista, materialista, egoista, massmediatico in cui siamo tutti intrisi. Il poeta spezza le catene della logica del dominio e dell’asservimento sia dell’uomo come produttore che come consumatore. Certamente da Rebora in poi che descriveva il progresso di Milano la poesia può essere anche urbana e ci sono tanti ottimi esempi. Ma a quale prezzo per un poeta essere cittadino? Quale e quanta disarmonia da soffrire e sopportare? Quanta sofferenza interiore e quanto disagio esistenziale? Aprile ci indica un’altra via possibile. Per il poeta non ci resta che vedere «in ogni apparenza un mistero / da venerare come cosa sacra» (Come cosa sacra, p. 100).

FRATELLANZA CON IL COSMO
Hanno, al pari degli uomini, pensieri
anche la pietra e il vento, anche l’olivo
e la ginestra, ha ogni cosa un’anima
e la esprime in un codice segreto;
e se cammino su una spiaggia vuota
e se per ore me ne sto da solo
davanti al mare o dentro una pineta,
è perché voglio imparare a tradurre
la lingua in cui i miei fratelli mi parlano
e farne dono a chi in ciò non ha fede.

FIGLI DEL FUOCO
Fu Gaia, madre di vulcani e fulmini,
che a l proprio ampio ventre tempestoso
ognuno di questi scogli svezzò,
nutrendoli con il latte che sgorga
dalle caldere, dai picchi fumanti
erti sull’acqua, simili a capezzoli;
e ancora ha i fianchi turgidi quest’isola
come se fosse incinta di una razza
di tuoni, di una discendenza barbara
che il padre di ogni fuoco fecondò
quando si unì, alle origini, alle acque
in un tremendo coito – e il mondo nacque.
Prole di tufo, embrioni di arcipelaghi,
unico è il seme che ingravida i mari
e concepisce tanto i ciuffi d’erba
sopra le tempie scabre dei dirupi
quanto le larve delle stelle nuove
che delle stelle estinte si alimentano:
linfa dei mondi, ruota che diffonde
ad ogni giro i pollini e le piogge.

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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