Indice dei contenuti
Astensionismo consapevole
Il mio precedente contributo sull’astensione consapevole è riuscito a stimolare scambi ricchi di considerazioni utili . Superando le tipiche polarizzazioni da social, ho ottenuto molte risposte che anche se apparentemente contrarie al concetto espresso, hanno denotato una varietà di spirito critico. Dubbi e ragionamenti che seppur ammantate dalle convinzioni introiettate dalla buona educazione degli oppressi rivelano il bisogno di cultura libertaria nella società. In questo secondo pezzo raccolgo 5 obiezioni sull’astensione consapevole, aggiungendo qualche riflessione nata nei luoghi di aggregazione.
Partigianə/1
I partigianə non si sono fatti ammazzare per avere i fascistə al governo e/o nei ruoli dirigenziali della pubblica amministrazione. E quando dico fascistə non intendo la Meloni, ma proprio quelli del ventennio e della Repubblica di Salò.
Coloro che, dopo essere stati graziati dall’amnistia Togliatti (PCI) hanno disegnato lo “stato democratico” con risultati più che evidenti. Con evidenti potrei citare il programma di Licio Gelli (ormai quasi interamente realizzato) ma intendo anche il significato culturale di eventi quali Portella della Ginestra, la deriva fasciondranghetista della rivolta di Reggio Calabria, piazza Fontana, il G8 di Genova 2001.
Qualche giorno fa, riflettendo con una compagna attiva nella gioventù comunista alla fine degli anni 60’, e successivamente divenuta libertaria, ci siamo soffermati su come lo stato usi le stragi per operare una sorta di deterrenza culturale contro l’innato bisogno di libertà.
Quando ci si ricollega alla lotta partigiana per giustificare il voto utile bisognerebbe ricordare per esempio che in Bella Ciao si canta ”[…]questo è il fiore del partigiano morto per la libertà.” Per la libertà; non certo per il voto utile o per non far vincere le destre. La libertà è altra cosa. La libertà è anche quella di astenersi. Quando il sistema è truccato astenersi è l’unico modo per essere partigiani. Un’astensione ben lontana dall’indifferenza gramsciana di cui spesso mi si accusa.
Partigiani/2 (ma anche Arditi del Popolo)
Gli Arditi del Popolo (anarchicə, antifascistə e astensionistə) prima – sempre troppo trascurati dalla storiografia ufficiale – e i partigianə poi non hanno offerto la loro vita contro il fascismo solo per dare il diritto agli elettori (da 70 e più anni) di assecondare il sostegno dei delegatə ai fascismi in ogni parte del mondo. Delegatə che “in nome e per conto del popolo che li elegge” fanno gli interessi dei mercanti di armi e dei distruttori del pianeta (Beretta, la galassia Leonardo, la famiglia Benetton, il vero ministero degli esteri che risponde al nome di ENI).
Quindi smettiamola di sentirci in colpa verso chi ha lottato contro il fascismo. Perché non ha certamente lottato per avere in Parlamento gente che ha svenduto il sangue e la memoria dei partigiani. Gente come Almirante, Rauti, Ciccio Franco, Minniti, Togliatti, Berlinguer, Andreotti etc.
Qualsiasi graduale conquista sociale ottenuta in questo paese è arrivata dalla piazza. Dalle lotte di piazza a cui i vari organismi verticistici hanno messo il cappello per un loro bisogno di potere. Sapete per esempio chi votò contro lo Statuto dei lavoratori in Parlamento? Il PCI.
Il potere non da nulla se non è costretto. Essere consapevoli dell’astensione sarà la base per creare una resistenza alle politiche della Meloni premier. Sarà solo grazie alla piazza se le sue derive reazionarie saranno limitate. La vera partecipazione democratica non si fa votando. Per quello ritengo l’attivismo e l’anarchia strettamente correlate e fondanti. Non penso che rifiutarsi di partecipare a un gioco risaputamente truccato sia incoerente con l’attivismo (come mi è stato detto).
Il privilegio
Molti mi fanno notare che in tanti paesi vorrebbero votare e non possono e io invece che potrei non lo faccio. Rispondo con una riflessione ispirata dalle mie scelte personali. Io mangio vegano perché sono antispecista. È assolutamente vero che essendo un maschio bianco europeo ho il privilegio di scegliere cosa mangiare . Ma non è certamente trovando una scusa per perpetrare tale privilegio o abitudine che posso combatterlo efficacemente. Bisogna capovolgere il paradigma. Riallacciandomi al voto mi e ti domando: se so bene che la mia azione alimenta un sistema che mi da il “privilegio” di poter beneficiare del grasso che cola dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e su altri esseri senzienti cosa dovrei fare? Dovrei essere grato e riconoscente con questo privilegio e quindi alimentarlo? Io ho scelto di non farlo.
Colpa della legge elettorale
Il problema non è la legge elettorale di merda o le coalizioni di merda. Prendo in prestito uno slogan dal femminismo “lo stupratore non è malato ma è un figlio sano del patriarcato”.
Allo stesso modo le leggi elettorali, le pessime classi politiche e le coalizioni di merda sono normali conseguenze di un sistema profondamente malato (per gli sfruttati) ma profondamente giusto e funzionale allo sfruttamento.
In quanto astensionista mi si accusa di ”accettare la decisione della maggioranza”. Secondo il principio dell’eterogenesi dei fini è innegabile che la mia azione astensionista possa concorrere a creare una situazione diversa da quella che mi auguro. Ma il verbo chiave qui è appunto “concorrere”. Se la Meloni vincerà le elezioni (perché le vincerà) non sara “colpa della pista anarchica“. Sarebbe come dire che l’Italia non giocherà i Mondiali perché io non ero allo stadio.
Vedi cara…
Qualche sera fa discutevo con una ragazza di sinistra attiva nella politica universitaria della sua facoltà. Comprendeva il mio punto di vista sull’astensionismo consapevole ma non ne percepiva l’utilità diretta. Questa obiezione l’ho costantemente ricevuta e sottolinea il successo della sistemica educazione alla sudditanza che principia già dalle scuole.
Questa credenza, ripetuta fino a farla diventare convinzione, ci dice che noi siamo il nostro valore monetario e in quanto tali dobbiamo essere misurabili. E per essere misurabili dobbiamo avere un risultato visibile e immediato. Il percorso verso la semina di cultura anarchica ci aiuta a decostruire ciò che abbiamo imparato. Non è importante ottenere un risultato diretto già il 26 settembre. Non è attendendoci un risultato che dobbiamo astenerci. Così come non si dovrebbe amare solo per essere ricambiati o avere figli solo per garantirsi una potestà basata sul vincolo di sangue. L’astensione è parte di un processo molto più grande. È il primo passo verso un percorso di disintossicazione dalla dipendenza del potere. Un primo passo verso l’utopia come luogo che sarà. Unico luogo possibile per la convivenza tra le specie senzienti.
Daniele Fiorenza,
sei tu l’autore delle dense considerazioni su le “5 OBIEZIONI SULL’ASTENSIONISMO CONSAPEVOLE” ? …. santo cielo, che caratteri tipografici piccini ! Dalle mie parti (Mantova) si dice : Cavano gli occhi.
Dunque, Daniele, scrivi invece benissimo. E sei intelligentissimo. Elabori temi complessi rendendoli del tutto comprensibili. Non aggiungo altro. Invece, su questo spazio, ti aspetti commenti e posizioni sull’astensionismo….
Indico il mio indirizzo di e.mail, ma intanto non apro il pc da mesi per un problema al collo.
Dovro’ cancellare una quantita’ di messaggi
inutili prima che mi arrivi qualcosa. Cordiali saluti e immensa ammirazione, termine che penso ti darà fastidio.