6 faq sull’astensionismo e come spiegarlo

Le domande aiutano a crescere

Questo ultimo articolo pre-elettorale è stato scritto assieme al blogger, scrittore e autore satirico Danilo Zanelli. Lo potete trovare nell’etere e su Pressenza come ”L’Ideota”. Ho già accennato, nei precedenti articoli sull’astensionismo e sulla consapevolezza di esso, al bisogno di proseguire la lotta culturale oltre le 23 del 25 settembre. Convinti come siamo che l’unica democrazia è quella che rifugge dalla deresponsabilizzazione della delega e accetta l’impegno nella comunità civile. Sotto potete leggere alcune risposte alle domande che io e Danilo abbiamo ricevuto sui social e/o fuori da essi.

Le destre vincono per colpa di chi non vota?

Da quasi trent’anni ci dicono di votare per non far vincere le destre. Da quasi trent’anni questo ricattino porta la “sinistra” (virgolette ironiche) a spostarsi sempre più a destra “per non lasciare le cose di destra alla destra e per non farla vincere”. Questo fatto ha provocato un’egemonia culturale sempre più marcata delle idee di destra nella società italiana. Il responso delle urne è l’effetto di un’intera società che ha accolto idee liberiste e reazionarie nel timore di perdere una parte dell’elettorato tentato dal voto di destra. In questo modo la “sinistra” ha sdoganato temi e questioni che prima erano appannaggio di partiti liberisti e reazionari. La destra trionfa nella società, prima ancora che nel voto, soprattutto per colpa di decenni di voto utile che ha anteposto il risultato elettorale alla lotta e alla partecipazione.

Voto perché se la Meloni stravince potrà fare leggi alla Orban

Una delle faq più difficili a cui rispondere, in quanto pregna di paure comprensibili e fondate, è quella che spesso mi è pervenuta dalle persone lgbtqi. Il sunto più comune è esprimibile in: “voterò perché non è il momento dell’ideologia. Anche se mi fanno tuttə schifo devo scongiurare che la Meloni abbia una maggioranza tale da poter fare leggi alla Orban.”

Come rispondere a questa validissima obiezione? Innanzitutto è vero. L’astensionismo non può essere considerato mai – ancora meno questa volta – una mera questione ideologica e non deve certamente essere un punto escludente nei confronti di chi voterà.

Da uomo cis etero e bianco non potrò mai comprendere a fondo la fottuta paura di essere picchiatə per essere come si è o discriminatə per voler abortire. Ma lo studio e l’esercizio dell’anarchia mi ha insegnato una verità.

Verità che spesso è necessario ribadire anche a se stessi; lo Stato si fonda sulla paura. La paura stimola una reazione atavica e incontrollabile. È direttamente collegata all’istinto di sopravvivenza, la paura può salvarci la vita ma può annebbiare la mente. Lo Stato lo sa e la usa per farti accettare compromessi che la libertà non prenderebbe neanche in considerazione. È per la paura dei crimini (che sono effetti collaterali del potere stesso) che il sistema ti fa accettare la polizia.

Mi sia consentita una piccola parentesi. Il motto della Lega in queste elezioni incarna perfettamente lo Stato. Tu devi CREDERE (magari anche obbedire e combattere se serve al potere) ma mai pensare o dissentire. Ma quindi come fare ad affrontare la paura? Abbracciamola questa paura, parliamoci, facciamogli domande. Siate anarchicə nel più profondo del senso. Abbiate fede nell’unico dogma dell’anarchia; il dubbio. Portate la vostra paura in piazza e insieme la faremo diventare rabbia. Quella stessa rabbia che ha permesso alle donne cilene di conquistarsi (alla camera) il diritto all’aborto sotto un governo di destra e una costituzione fascista (chissà se ci sarebbe stato lo stesso movimento con Boric al governo, ma questa è un’altra storia). L’urna nasconde la paura, la piazza ve ne libera.

Che importanza può avere non votare se comunque chi vota sceglie le persone che faranno leggi a cui dovrò sottostare? Decideranno loro se per esempio posso avere un accesso sostanziale anche ai diritti connessi alla vita (salute etc.)

È proprio votando che stai dicendo “accetto le leggi che i delegati faranno anche in nome e per conto mio”. Inoltre provare a scegliere qualcosa di diverso, per quanto nobile, non ti dà la certezza che il partito che voterai non accetterà le leggi che temi in cambio di un’alleanza. È successo nel 2018 con i decreti sicurezza e il sistema elettorale attuale è studiato affinché risucceda. L’unico voto utile è quello che non si dà.

Ovviamente l’astensionismo non può e non deve essere fine a se stesso. L’astensionismo è un modo per dire “le porcate che sicuramente farete, perché fare porcate è la natura e il nutrimento stesso degli stati e in particolare degli stati nazione, non le farete in mio nome. Non finanzierete i lager in Libia in mio nome, non venderete sistemi di sterminio di civili in giro per il mondo in mio nome. Non distruggerete terre e popoli in mio nome”.

Se senti qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo; la scelta migliore è non votare. Per evitare il peggio o per ottenere progressi civili anche graduali non bisognerebbe mai accettare il compromesso principale. Il dominio dell’uomo sull’uomo. Come ho scritto in articoli precedenti non posso giudicare chi vota (ho votato anche io in passato) il processo di decostruzione deve essere interno. La libertà è la nostra indole innata ma da quando nasciamo veniamo indottrinati alla sudditanza. La decostruzione è difficile.

Pensi sia giusto che la politica decida se e come far usufruire gli esseri umani dei diritti connessi alla vita (cura, prevenzione, riparo, alimentazione sana)? È accettabile che dei delegati li considerino come “favori” dati, ottriati, concessi. Se questa è la democrazia dove sta la differenza con il monarca che aveva il diritto di vita e morte sui sudditi?

Chi non vota poi non può lamentarsi?

Non votare è una scelta con un significato politico. Esiste il non voto qualunquista, ma esiste anche l’astensionismo di chi crede che la politica sia partecipazione e non delega.
Ci sono persone che non votano perché vogliono essere protagoniste.
I principi dell’astensionismo consapevole sono racchiusi in questa frase: “Votare non serve. Non votare non basta”. Chi non vota dice no al sistema perché vuole dire la sua senza intermediari. Non votare significa riconquistare un diritto di critica che investe l’intero sistema e comprende, fra l’altro, il pieno diritto di lamentarsi.

Non votare significa tradire chi ha lottato contro il fascismo per consentirci di votare?

Chi ha combattuto il fascismo lo ha fatto per consentirci di scegliere. Non votare è una scelta libera e consapevole.
Non dimentichiamo che gli anarchici sono sempre stati in prima fila nella lotta contro il fascismo. La prima organizzazione che si è distinta nella lotta partigiana, cominciando a operare addirittura nel 1921, è quella degli Arditi del Popolo, fondata dall’anarchico Argo Secondari e comprendente molte persone anarchiche.
Il giornale anarchico Umanità Nova è stato attivo fin da subito nella lotta anfifascista. Ha subito la censura del regime ed è stato costretto a chiudere.
Anche l’anarchico Giuseppe Pinelli, in giovane età, è stato un partigiano.
Il movimento anarchico ha sempre lottato contro il fascismo senza mai tirarsi indietro, e di sicuro non si è battuto per sostenere la causa dell’elettoralismo.
Chi dice che i nostri nonni hanno combattuto il fascismo per consentirci di votare, dimentica gli anarchici e le anarchiche che hanno coraggiosamente lottato contro il regime, subendo censure, persecuzioni, torture, carcerazioni e uccisioni.

Conclusione

Se stai leggendo questo articolo all’alba del 25 settembre, se sei arrivatə fin qua e hai ancora dei dubbi sul voto/non voto sappi che è bene. Il dubbio è la libertà che si risveglia. È la tua vita che pretende di essere vissuta. Ascoltala, non delegare.

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2 Comments

  1. PERFETTO!
    In poche parole chiarisce che NON VOTANDO si lotta per la LIBERTÀ e che VOTANDO/DELEGANDO la mia LIBERTÀ la consegno tutta in mano allo STATO e senza nessuna arma di difesa.

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