Due mondi così diversi, quello islamico e quello orientale dove fiorisce la pratica spirituale dello yoga, che però si incontrano sia nella pratica spirituale che geograficamente. Possiamo trovare sia nella preghiera dei musulmani che nella meditazione di chi pratica lo yoga delle affinità nella ritualistica (gesti, movimenti ecc.), negli strumenti della preghiera (suoni vocali) e negli scopi stessi della pratica.
Entrambe le pratiche spirituali hanno un momento preparatorio che serve al praticante per trovare lo spirito giusto per avvicinarsi alla preghiera e renderla più efficace. Per lo yoga si tratta del bagno o del mezzo bagno mentre per la preghiera islamica del wudu o del ghusl. Questi rituali hanno lo scopo di abbassare la temperatura corporea favorendo la concentrazione, ma anche di creare una fase di distacco dalla vita normale dell’individuo al momento della preghiera. L’aspetto psicologico del rituale è molto importante, l’uso dell’acqua simbolizza la purificazione del corpo e dello spirito. Ci si lava dei pensieri, delle preoccupazioni, delle tensioni precedenti e puliti ci si avvia alla preghiera.
Per avvicinarsi al Divino in entrambe le pratiche si recitano dei versi. Nello yoga si tratta di mantra, ovvero di sillabe che hanno una forte influenza sulla psiche tale da armonizzare i centri psichici e rendere più efficace la pratica. Nella preghiera islamica (Ṣalāt), si recitano alcuni passi del Corano insieme ad alcuni versi e altre preghiere che vanno a completare la preghiera giornaliera. Anche la preghiera islamica contiene sillabe considerate mantra in altre tradizioni spirituali ed esoteriche, mantra con una grande forza vibratoria. Pur essendo il concetto di mantra estraneo alla cultura araba e alla religione islamica, il musulmano sa che il Corano è un testo sacro scritto su ispirazione di Allah e che rappresenta la poesia più alta e che il suono dei suoi versi è il più bello tra quelli che l’uomo ha mai avuto la possibilità di ascoltare. Ecco come due concetti simili nell’essenza vengono definiti e descritti in maniera diversa, seppure nella sostanza e nella pratica hanno la stessa funzione.
Yoga nell’antica lingua dell’India (sanscrito) significa “unire”, “imbrigliare”, “aggiogare” col senso di unire l’uomo al Divino. Yoga è appunto quell’insieme di pratiche che vogliono portare l’individuo verso Dio, creando un legame solido e continuo che può elevare gradualmente l’uomo spiritualmente.
Nell’Islam la preghiera ha lo scopo di mantenere l’uomo in costante connessione con l’Essere Supremo in modo da poterne essere più facilmente ispirati e guidati. Questa è la ragione delle cinque preghiere giornaliere obbligatorie e dei rituali che l’accompagnano. Nel termine yoga c’è anche il concetto di aggiogare se stessi, di sapersi governare come un animale che dev’essere imbrigliato, controllato e domato. Islam in arabo significa sottomissione ed ha la stessa radice consonantica (caratteristica delle lingue semitiche) del termine SaLaM che significa pace. Quindi nella preghiera islamica, così come nella meditazione, lo spirito trova la pace nella pratica costante e regolare, e nel controllo e nel soggiogamento del proprio ego.
Affinità tra la preghiera islamica e la meditazione yogica
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