Indice dei contenuti
La Rivoluzione Integrale
In Spagna esiste un’esperienza molto radicata e concreta di trasformazione sociale. Si tratta della Rivoluzione Integrale, un percorso collettivo che immaginando la meta, il fine, il modello di società desiderato, utilizza solo strumenti idonei, concordi, in linea con il cambiamento che si vuole produrre.
Quale società ed umanità vuole costruire la Rivoluzione Integrale?
Rapporti umani equi basati sulla solidarietà, reciproco aiuto e privi di ogni tipo di discriminazione. L’utilizzo delle assemblee popolari come forma di organizzazione di ogni tipo di comunità di persone opponendosi allo stato in ogni sua forma. I popoli diventano liberi di auto-determinarsi attraverso forme orizzontali di organizzazione e attraverso la confederazione delle comunità. Rifiuto della proprietà privata come strumento di dominio, recuperando il controllo di terre e mezzi di produzione intendendoli come beni comuni e quindi proprietà comune della comunità al fine di costruire un sistema pubblico cooperativo ed autogestionario basato sul reciproco aiuto.
Abbattere il capitalismo
Questo percorso vuole abbattere il capitalismo come sistema di dominio fondato sulla crescita dei bilanci delle multinazionali attraverso sistemi di produzione immorali che usano lo sfruttamento del lavoro, delle risorse e dei territori per soddisfare le proprie ambizioni di potere.
Per abbattere il capitalismo, bisogna abolire il lavoro salariato che permette lo sfruttamento del lavoro per concentrare la ricchezza. Strumenti di ausilio nel percorso della Rivoluzione Integrale sono le monete sociali, il baratto, la costruzione di relazioni dirette, locali ed eque tra produttori e consumatori.
La rivoluzione integrale
In Spagna ci sono organizzazioni regionali che fanno riferimento alla Rivoluzione Integrale. Si chiamano Cooperative Integrali. Ogni cooperativa integrale adotta una sua moneta sociale sia per ridurre l’uso dell’euro che per facilitare l’accesso a beni e servizi. La Cooperativa Integrale Catalana, per esempio, è costituita da nuclei di autogestione locali che sono lo spazio di interazione tra individui e collettività all’interno di quartieri di grandi città o in paesi piccoli o medi. Le Ecoreti, invece, sono connessioni bioregionali o provinciali tra le realtà che ne fanno parte.
E’ a questo livello che si incentiva l’uso della moneta sociale per rafforzare l’economia di prossimità e le relazioni di fiducia. L’adozione di una forma prevista dall’ordinamento giuridico serve proprio a combattere la prepotenza dello stato e dei privati, per esempio nei casi di pignoramento di terre e abitazioni.
Il fenomeno vegano
Abbiamo visto cosa è la Rivoluzione Integrale, un percorso di trasformazione sociale completo e senza compromessi. Integrale appunto. Cosa può facilitare la diffusione di un percorso come quello della Rivoluzione Integrale? Sicuramente la creazione di uno stile di vita che partendo da analisi teorico-ideologiche faccia breccia nei comportamenti umani nel campo del consumo. Prima di elaborare un nuovo stile di vita è necessario fare un’analisi di quello che è il modello di consumo più di successo negli ultimi anni, quello vegano.
Lo stile di vita vegano si basa sull’esclusione dalla propria alimentazione di qualsiasi prodotto composto da ingredienti di origine animale. Basta un colorante di origine animale a rendere un alimento non adatto per vegani. Oltre che all’alimentazione vegana, i vegani antispecisti dovrebbero stare attenti a non acquistare prodotti testati su animali, abbigliamento con parti di origine animale e a non assistere e sostenere economicamente spettacoli che utilizzano animali. Gli antispecisti sono coloro che rifiutano qualsiasi tipo di discriminazione da parte dell’uomo nei confronti degli altri animali.
Ma quale può essere la chiave del successo del veganesimo?
La dieta vegana, oltre alle ragioni etiche antispeciste, può avere delle ragioni salutiste in quanto basata su vegetali, ragioni ambientaliste in quanto gli allevamenti intensivi producono inquinamento, ragioni sociali perché gli stessi allevamenti sottraggono territori, coltivazioni e cibo a popolazioni in via di sviluppo. Quindi vi sono anche altre o più ragioni per cui si diventa vegani.
Ma le ragioni del successo del veganesimo non sono solo nelle ragioni che portano alla adozione di questo stile di vita ma anche nella modalità di sviluppo e diffusione di questo modello. Colui che diventa vegano si fa portatore di questo stile di vita nella società,non è una scelta che resta nel privato delle cucine domestiche. C’è chi organizza conferenze, chi dibattiti, chi organizza cene ed aperitivi vegani, chef che scrivono libri di ricette vegane e chef che organizzano corsi di cucina.
Uno stile di vita
C’è tutto un movimento che fermenta. Anche, se vogliamo, disorganizzato nel senso che non fa capo ad una organizzazione specifica. Tante sono le associazioni che ne promuovono la diffusione, alcune di rilevanza nazionale ed altre locali.
Ma l’aspetto principale di questo fenomeno è sicuramente questa specie di adesione incondizionata verso determinate scelte di vita e di identità individuale e collettiva, comunitaria. Ogni vegano, per coerenza con la propria scelta, deve necessariamente scontrarsi con il mondo esterno, principalmente con l’industria alimentare e con le attività ristorative. Per cui nel momento in cui un vegano all’interno di un ristorante dichiara la sua scelta alimentare, e man mano che questo fenomeno cresce, costringe il ristoratore a proporre dei piatti vegani all’interno del proprio menù.
Gli aspetti negativi
Questo fenomeno ha, però, anche i suoi lati negativi perché sviluppa una certa intolleranza da parte dei vegani nei confronti di chi non vuole “convertirsi” a questo “credo”. In questo modo cresce anche una “schiera” di persone che odiano profondamente i vegani e la loro scelta estrema. Ciò avviene essenzialmente per una ragione.
La scelta vegana si basa principalmente su ragioni etiche che appartengono alla sfera della coscienza individuale, ovvero la consapevolezza o sensibilità di non voler contribuire all’uccisione e sfruttamento di animali con il proprio consumo. Seppure questa scelta si possa spiegare agli altri, non è logica, immediata, matematica se vogliamo, ma legata ad una sensibilità che una persona può avere mentre un’altra no; per cui chi non ha questa sensibilità resta libero di non condividere la scelta e non farla propria.
Questo è il limite del veganesimo, ma non solo questo. Un altro limite o distorsione del veganesimo è l’effetto che produce nella grande distribuzione che per sfruttare questa nuova fetta di mercato ha messo in vendita linee di prodotti per vegani, non necessariamente salutari, ma privi di sofferenza animale. Sono le stesse aziende multinazionali che hanno costruito i loro business su carne e derivati a proporre alternative vegane alle quali in molto abboccano felicemente. C’è quindi nel fenomeno vegano qualcosa che non funziona, se concepito acriticamente, come dovrebbe nonostante il suo grande successo.
Cucina Sovversiva e modello Integrano
Considerati quelli che sono gli aspetti del modello vegano che ne determinano il successo e gli aspetti critici, possiamo ora elaborare un nuovo modello più completo e rivoluzionario. Parte di questo lavoro è già stato svolto dal Manifesto di Cucina Sovversiva che indica una via rivoluzionaria di fare la spesa. La domanda che dobbiamo porci quando acquistiamo un prodotto è “c’è lavoro salariato dietro questo prodotto?”. Il lavoro salariato va a creare disparità sociali ed economiche.
Un nuovo stile di vita
Immaginiamo un nuovo stile di vita con solide ragioni sociali, economiche ed etiche basato sul consumo esclusivo di prodotti di piccoli produttori che non impiegano lavoro salariato, ovvero lavoratori autonomi, piccole aziende a gestione familiare o cooperative di lavoratori.
Immaginiamo che questo consumo sia quasi esclusivamente di origine vegetale e che tolleri, per evidenti ragioni ambientali e sociali, il consumo di carne e derivati animali da piccoli produttori per un paio di volte alla settimana solo per chi non vuole farne a meno.
Diffusione
Immaginiamo di diffondere questo stile di vita con conferenze, dibattiti, corsi di cucina, libri di ricette.
Immaginiamo che questo stile di vita si chiami Integrano (da Rivoluzione Integrale) e che quando ci sediamo in un bar, in un ristorante o in un pub dichiariamo di essere Integrani e di non poter mangiare piatti che abbiano tra gli ingredienti principali prodotti provenienti dalla grande distribuzione e che, quindi, la nostra pizza deve essere fatta con la farina del contadino e con la salsa di pomodoro di una piccola azienda che non sfrutta manodopera, italiana o extracomunitaria non importa.
Immaginiamo pure che il ristoratore la prima volta ci rida in faccia ma man mano che aumentiamo, e la “fetta di mercato” aumenti, dovranno trovare il modo di accontentare questa “nuova sensibilità”.
Stiamo immaginando una rivoluzione che demolisce la grande distribuzione organizzata, l’agricoltura intensiva o monocultura, lo sfruttamento del lavoro, delle risorse, il mercato globale che vuole rovinare l’esistenza dei piccoli produttori e contadini assoggettandoli alle sue logiche. E stiamo promuovendo la costruzione, al posto di ciò che demoliamo, di una società e di una economia basati sulla cooperazione e sul mutuo appoggio.
Stile di vita non speculabile
Questo tipo di scelta, a differenza di quello vegano, non può essere strumentalizzato dalla grande distribuzione e da grandi aziende. Su questo stile di vita non si può fare business perché si basa sulla volontà di creare rapporti orizzontali, non disparità. Questa scelta, inoltre, fa propria la visione di una società umana che disprezza ogni tipo di discriminazione ed intolleranza. Chi è integrano non disprezza chi non lo è. Spiega le sue ragioni che sono logiche, sociali, economiche e condivisibili da chiunque abbia un pò di buon senso.
Può esserci un integrano onnivoro, un integrano vegetariano ed un integrano vegano. Ciò che importa è che la carne ed i derivati non li si comprino dalla grande distribuzione ma da piccoli allevatori e che li si consumi al massimo un paio di volte a settimana per una ragione di sostenibilità di questa scelta. Sicuramente la scelta integrana onnivora, con il consumo ridotto di carne e derivati, può ridurre il numero di animali sacrificati per l’alimentazione umana ma sicuramente va ad abbattere l’economia degli allevamenti intensivi.
Comportamenti da integrano
Al di fuori dell’alimentazione, l’integrano evita di comprare dalla grande distribuzione:
– vestendosi con abbigliamento di piccoli produttori, sarti o comprando dall’usato dei mercatini;
– utilizzando cosmetici fatti in casa o di piccoli produttori naturali reperendoli in mercatini o gruppi di acquisto;
– cerca di sostenere piccoli spettacoli teatrali, la piccola editoria indipendente, l’artigianato, il riciclo e il riuso, il baratto o lo scambio di prestazioni lavorative.