Gli anarchici non votano di solito. Nessun partito politico italiano li rappresenta a livello istituzionale, perché l’anarchia non è antistituzionale ma extraistituzionale (come un tempo c’era la sinistra extraparlamentare). Qualcuno può obiettare che anche l’anarchia è un’ideologia e le ideologie oggi sono alquanto datate e inconcepibili. Ebbene costoro si ricordino che un retroterra ideologico esiste in ogni partito politico e in ogni persona che ha un orientamento politico, in quanto gli elementi ideologici contribuiscono alla sfera valoriale e alla cultura politica di ognuno. Che se ne sia consapevoli o meno le tanto deprecate vecchie e stantie ideologie sono ancora l’ossatura della politica. Morta e sepolta l’antica polis, non restano che le radici ideologiche. E coloro che dicono di votare la persona e non il partito si dovrebbero ricordare che la persona è condizionata dai punti programmatici, dalle linee, dale direttive del suo partito. A questa logica e a questa pragmatica niente e nessuno sfugge. Gli anarchici però possono turarsi il naso e votare coloro che ritengono i meno peggio, perché nessuno li obbliga all’astensione e la comunità anarchica prevede la libertà di espressione e la libertà di coscienza. Certo se un anarchico si candidasse o se accettasse un incarico politico, sarebbe quantomeno incoerente e verrebbe meno ai suoi ideali, visto che molto realisticamente in Italia sono i partiti che peggiorano gli uomini e non questi ultimi che migliorano i partiti. Un anarchico che si rispetti fa una critica radicale al sistema e deve stare fuori politicamente dal sistema. Agli anarchici di solito fanno schifo tutti i partiti, come a me del resto. Qualcuno dirà che è mancanza di umiltà e qualunquismo. Ma queste persone sanno veramente come vanno le cose in Italia? In Italia si vota per tradizione, per fede e soprattutto per clientelismo. In Italia la politica è basata sulla corruzione così endemica al punto da considerarla fisiologica, sulla collusione con le mafie, sul consociativismo, sulla ricattabilità, sul compromesso. Teoricamente ogni presa di posizione politica dovrebbe fondarsi su una concezione dell’essere umano. Ogni politico dovrebbe, prima di mettersi nell’agone, chiedersi cos’è l’uomo, quali sono i suoi bisogni, come può fare a migliorare la qualità della vita dei cittadini. In pratica buona parte dei politici guardano esclusivamente ai loro interessi, ai loro vantaggi e al loro particulare. In teoria professano grandi idee, onestà e professionalità. In pratica guardano solo al loro orticello. Io trovo che la destra punti molto sulla questione del merito, senza ricordarsi che nessuno è meritevole di essere nato nel terzo o nel primo mondo, bello o brutto, intelligente o stupido, sano o malato, di buona o disagiata famiglia. Il merito è molto più circoscritto e limitato di quello che alcuni pensano. Spesso ciò che alcuni chiamano merito è solo privilegio. Gli uomini sono il frutto del caso, della genetica, dell’ambiente, della Storia. Certamente ci sono anche le scelte di vita, che sono inscritte in un ordine più grande. E poi sindacare sulle scelte di vita altrui, che non nuociono agli altri, è attentare alla libertà individuale. Il centro si è frammentato o quantomeno spaccato con il bipolarismo. La destra non pensa alle disuguaglianze socioeconomiche crescenti e parla a noi del popolo, facendo la voce grossa e alimentando paure. Il centrosinistra si rifà a un antico egualitarismo, che si trasforma in pratica in statalismo, assistenzialismo, amichettismo. Questo è un brevissimo riassunto, senza elencare le beghe di partito. Insomma a conti fatti qualche ragione noi anarchici ce l’abbiamo a non sentirci rappresentati.
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