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Un viaggio attraverso la storia di Bella Ciao, il canto simbolo della Resistenza e della libertà. Un albo illustrato che racconta la sua diffusione e il suo impatto globale.
Il testo “Bella Ciao, Il canto della Resistenza” è un albo illustrato, edito dalla Einaudi Ragazzi. Le poetiche immagini sono state realizzate da Lorena Canottiere, mentre Daniele Aristarco si è occupato della post-fazione. È un testo di quaranta pagine, l’anno di uscita è stato il 2020.
Daniele Aristarco
Daniele Aristarco è nato a Napoli nel 1977. È autore di racconti e saggi divulgativi rivolti ai ragazzi, pubblicati sia in Italia che in Francia. Ha insegnato lettere nella scuola media e ora si dedica ai libri per ragazzi e alla scrittura per il cinema e la radio. Drammaturgo e regista teatrale, ha vinto numerosi premi. Si occupa inoltre di laboratori di scrittura creativa per l’infanzia presso scuole, biblioteche e associazioni culturali (fonte Einaudi Editore: https://www.edizioniel.com/autori/aristarco-daniele/).
Lorena Canottiere
Lorena Canottiere ha pubblicato storie e fumetti su riviste italiane come Internazionale, Corrierino, Schizzo Presenta, Focus junior, Mondo Naif, La Lettura del Corriere della Sera, ANIMALs, Slowfood e Black di Coconino Press. Ha partecipato a numerose mostre. Ha lavorato come illustratrice per le case editrici italiane Giunti, EL, Mondadori, Fabbri, Piemme e Rizzoli (fonte Wikipedia).
Bella Ciao: non è solo il canto della Resistenza

È il canto popolare italiano più conosciuto al mondo. L’origine non è certa, ma lo scrittore Daniele Aristarco scrive così nella sua post-fazione:
“Furono, forse, le mondine a cantarla, per la prima volta, le lavoratrici che con l’acqua alle ginocchia, curve sulla schiena, sradicavano le erbacce, proteggendo le piantine di riso.
Qualcuno, infine, la ritiene una danza yiddish, una musica tradizionale degli ebrei dell’est Europa.
Il 21 aprile del 1944, la Brigata Maiella, una formazione partigiana, entrò a Bologna per liberarla dai tedeschi e dai fascisti. C’è chi giura di avere ascoltato per la prima volta, proprio quel giorno, all’ombra delle due Torri, la canzone intitolata Bella Ciao.
Anche se furono in pochi a cantarla durante la guerra, ormai da più di sessant’anni Bella Ciao è l’inno di chi conosce e ama la storia della Resistenza e continua a condividere quell’idea di ribellione”.
Il successo di un inno colmo di magia
La diffusione di un inno così forte e che infonde speranza e coraggio, è avvenuta nel dopoguerra. Bella ciao è stata proposta al primo Festival mondiale della gioventù democratica a Praga nel lontano 1947. Al questo festival estivo parteciparono giovani partigiani emiliani, che cantarono Bella Ciao. E da quel lontano 1947 Bella Ciao non è stata mai smessa di cantare, e non solo in Italia. È stata tradotta, diffusa e promulgata in tutto il mondo.
La prima pubblicazione del testo della canzone per come la conosciamo è avvenuta attraverso la rivista La Lapa. L’Unità lo pubblicò nel 1957.
Un canto di protesta
Non bisogna relegare Bella Ciao solo alla Resistenza. Oggi viene cantata molto di più rispetto ai tempi dei partigiani. È un inno ripreso da molti movimenti di protesta, dà voce a uno dei diritti più importanti dell’essere umano: la libertà, ricordando ai tiranni, ai despoti, ai dittatori che l’ Art. 13 della nostra costituzione dichiara: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. E ci ricorda che questo diritto dovrebbe appartenere a tutto il mondo.
Un inno cantato ovunque
Bella Ciao è stata cantata dal movimento Occupy Wall Street, un movimento di contestazione pacifica, nato il 17 settembre 2011 per denunciare gli abusi del capitalismo finanziario. È stata intonata nelle manifestazioni contro Erdoğan tenute in piazza Taksim a Istanbul nel 2013. In molti contesti si ascoltano la sua melodia e le sue parole: nella lotta della guerra civile siriana, cantata dagli indipendentisti curdi, ma per avvicinarci alle sue origini italiane, l’inno è stato intonato anche dal movimento delle Sardine, un movimento nato a Bologna nel 2019 durante la campagna elettore in Emilia Romagna. Poco dopo, in uno dei periodi storici tra i più neri e recenti del mondo, ai tempi del Coronavirus, nel silenzioso e pauroso isolamento della società, Bella Ciao ha infuso speranza e resilienza.
La casa di carta
Da qualche anno quando ascoltiamo Bella Ciao, ci viene anche in mente una delle scene più iconiche, rappresentate in una apprezzatissima serie Netflix: “La casa di carta”, dove il Professore e Berlino (suo fratello) cantano questo inno così forte per decantare la vittoria e la libertà.
La serie parla di gruppo di criminali con a capo “Il professore”. La missione della banda è rapinare la zecca di stato di Madrid. Tra le particolarità della banda, c’è quella di indossare una tuta rossa che ricopre tutto il corpo compresa la testa, e la maschera di Salvador Dal per celare il volto.
Così la voce narrante introduce il personaggio tra i più emblematici della serie:
“La vita del professore girava intorno a un’unica idea: Resistenza. Suo nonno, che aveva combattuto i fascisti al fianco dei partigiani, gli aveva insegnato questa canzone, e lui l’aveva insegnata a noi.”
Bella Ciao è inno che infonde speranza, forza, resilienza. Ci ricorda quanto può essere forte un ideale e che è sempre Il tempo del coraggio di comunicare: no al conformismo, ma questa è un’altra storia.
Il testo Bella Ciao, Il canto della Resistenza è un testo che ben rappresenta questo canto, con le sue immagini delicate che hanno un animo sensibile.
“Una mattina mi son svegliato o Bella Ciao…” sono certa che ogni lettore sta già cantando. Non è possibile fare altrimenti!