I greci usavano il termine aletheia, ovvero disvelamento; parlavano di verità come qualcosa da scoprire. La verità era qualcosa che aveva molti veli.
Spesso non sappiamo la verità, ma ci abbandoniamo alla fede in qualcosa o in qualcuno; abbiamo convinzioni, certezze, anche se non abbiamo riscontri oggettivi.
La verità a meno che non sia lampante è spesso problematica. I potenti pensano che si debba nascondere, che il popolo non sia maturo. Forse sono solo scuse. Il potere ha comunque soprattutto paura di dire la verità per perdita di consenso, scandalo, persecuzione, provvedimenti giudiziari. I potenti hanno paura di dire la verità per perdere appunto il potere, ragione della loro vita.
Ci sono cose oggettive, che talvolta consideriamo soggettive e viceversa. Ma chi è sicuro che le cose oggettive siano veramente oggettive e le cose soggettive veramente soggettive? Dobbiamo fidarci del potere, degli scienziati, dei filosofi, degli economisti, degli scienziati umani, etc etc. Dobbiamo essere saggi al punto da essere informati, rispettare chi ne sa più di noi, ma dobbiamo in fondo anche saper coltivare un piccolo dubbio, un piccolo tarlo nella nostra mente.
Una persona sola difficilmente verrà creduta, a meno che non porti prove inconfutabili. Nietzsche scrive: “Uno solo ha sempre torto. Con due inizia la verità”. Una bugia ripetuta moltissime volte da molte persone diventa verità. Una verità smentita molte volte da molte persone diventa bugia. Le persone hanno paura di dire la verità quando è scomoda. Lo psicologo Asch dimostrò che addirittura la percezione delle linee cambia quando la maggioranza sostiene il falso: il singolo individuo si adegua alla maggioranza per istinto gregario, per conformismo. La psicologia sociale ha dimostrato che una minoranza per affermare la verità deve essere molto coerente e combattiva. Si pensi alla storia del bambino che dice che il re è nudo.
La verità dipende molto dall’autorevolezza della fonte. Secoli fa tutto veniva deciso dal principio di autorità (si vedano i dialoghi galileiani).
L’importante non è tanto trovare la verità ma il cosiddetto criterio di verità.
Molto interessante quel che scrive Habermas riguardo a come rapportarsi alla verità. È chiaro che per accertare la verità ci sia bisogno di un confronto delle persone nella comunità. La “situazione discorsiva ideale” secondo Habermas richiede democrazia, apertura mentale, discussione ma anche cooperazione. Gli uomini dovrebbero perciò senza esclusioni di sorta cercare assieme la verità.
La verità può portare a degli svantaggi, a un peggioramento della propria vita, al carcere, alla perdita della vita. Non c’è bisogno di andare in dittature lontane, basta combattere le mafie e fare i nomi per essere in pericolo. Dire la verità spesso è rischioso, si mette a rischio la propria incolumità.
La verità è semplice o complessa? Dipende. Dipende dai problemi. I concetti di semplicità e complessità sono relativi. Variano da individuo a individuo. Per Einstein “Quando la risposta è semplice è Dio che risponde”. Analizzare un problema spesso è complesso. Spesso abbiamo bisogno, mentre facciamo un’analisi, di semplificare. Ma non dobbiamo ipersemplificare. Non dobbiamo mai essere semplicistici. Si deve togliere, ridurre all’essenziale, ma non perdere elementi importanti. Non bisogna moltiplicare gli enti, ma non dobbiamo neanche perdere gli enti. Per Berkeley fino a Popper noi esseri umani abbiamo la fortuna che i nostri stati mentali si sanno relazionare con la realtà trovando le soluzioni e le chiavi interpretative esatte: la mente corrisponde con il reale, tramite analisi e sintesi può giungere alla verità delle cose.
Un mio professore di filosofia diceva che esistono due verità soltanto a livello esistenziale: una verità di fatto (un giorno moriremo) e una verità di ragione (ci sono cose che dipendono da me e altre che non dipendono da noi, ma spesso non sappiamo distinguerle).
Un tempo un insegnante di disegno quando mi insegnò la prospettiva mi disse che la prospettiva era la realtà, mentre la verità non era cosa umana, nessuno la sapeva. Secondo questa scuola di pensiero non possiamo che avvicinarci asintoticamente alla verità.
Purtroppo non tutti sono onesti intellettualmente. Ci sono i mentitori, i truffaldini, i sofisti. In una discussione intellettuale non bisognerebbe affermare sé stessi e sminuire gli altri, non bisognerebbe cercare di avere la meglio a tutti i costi, ma rispettare le posizioni degli altri.
Secondo alcuni la verità non si può trasmettere con il linguaggio. Come canta in una canzone Alice (al secolo Carla Bissi) “quelli che sanno le cose non parlano”. Ma c’è anche chi ritiene, a torto o a ragione, che la cultura allontani dalla fede e dalle persone. Quindi gli “illuminati” non parlerebbero perché esoterici oppure per semplice snobismo.
Cercare assieme la verità è difficile perché siamo fatti in mille modi diversi, abbiamo diversi punti di vista, siamo portatori di interessi diversi, difendiamo argomentazioni diverse talvolta, spesso, quasi sempre.
Non tutte le verità possono essere comunicate, provate, trasmesse. Basta che passino due, tre decenni, a volte anche un periodo di tempo molto minore. Se mia madre mi dice che nella sua infanzia le melanzane avevano un sapore diverso io non potrò mai sapere come era quel sapore. Non posso che crederle sulla parola. Questo è l’esempio più banale che mi passa per la testa. Ma si potrebbero fare molti esempi, visto che molte realtà scompaiono ad esempio da generazione a generazione.
Oggi viviamo nell’epoca della post-verità. C’è molta disinformazione. Non sempre i fatti vengono controllati. Si pensi all’infodemia. Ma una cosa che è vera oggi domani non lo può essere più. Non siamo più certi di niente o comunque siamo certi di poco.
Il rapporto tra fede e verità è molto complesso. Ma non serve utilizzare la logica deduttiva. Si tratta di convincimenti interiori e intimi. La fede è la speranza nel cuore del credente che la sua sia una verità. Qual è poi il mondo vero? C’è chi mortifica l’aldilà per l’aldiqua e viceversa. È difficile essere onesti con sé stessi e ancora più difficile è trovare un equilibrio. Ci sono poi tante religioni, ognuna con la sua credibilità data dai testi sacri, nessuno ha la certezza assoluta di essere nel giusto e di sapere dove sia la verità.
Diciamocelo francamente: si può vivere/sopravvivere anche senza verità e perseverando nell’errore. Spesso, almeno in questa vita, non si viene puniti. Anzi spesso si può anche venire premiati.
Diciamocelo francamente: non tutti gli esseri umani fanno della ricerca della verità la propria ragione di esistere. Per molti l’importante è sopravvivere.
Per cercare la verità e poi dirla ci vuole spirito di sacrificio ma anche coraggio. Ma nessuno, come si suol dire, ha la verità in tasca.
La verità non è mai data una volta per tutte.