Commento breve all’omicidio di Civitanova Marche

“Bella compra i miei fazzoletti o dammi un euro”.

Sembra che sia  morto per questa frase, Alika Ogorchukwu, cittadino nigeriano di 39 anni, venditore ambulante, sposato e con una figlia. 

Violenza ingiustificata

Nessuno è intervenuto. Hanno solo ripreso la scena coi telefonini. 39 secondi di follia da parte dell’assassino. 39 secondi di vigliaccaggine, indifferenza, insensibilità da parte degli spettatori, di quelli che la psicologia chiama bystander.  La brutalità lascia esterrefatti, basiti, sbigottiti. Ammesso e non concesso che la vittima abbia molestato la fidanzata dell’energumeno (ma da una prima ricostruzione tutto ciò sembra essere smentito ed è solo una scusa dell’aggressore), c’era bisogno di colpirlo con una stampella e strangolarlo? In nome di che cosa? Dell’onore? Avrebbe reagito così se fosse stato un italiano? Ma non ci sono nemmeno futili motivi. Non c’è nessun motivo a questa violenza cieca.

Ammettiamo che gli immigrati africani ti stiano antipatici perché ti rubano il lavoro secondo te. Ebbene il problema non sono gli immigrati. Sono chi li sfrutta per fare lavori che tu non faresti e che hai tutto il diritto di non fare, come raccogliere pomodori per pochi euro in condizioni disumane, sfruttato dal caporalato. E anche se ti “rubano” lavori che non vorresti fare, dovresti riprendertela con gli imprenditori che li assumono perché gli immigrati sono ricattabili per via del permesso di soggiorno e perché teoricamente conoscono meno la legge italiana e i loro diritti e perciò certi imprenditori pensano di sfruttarli e assoggettare meglio. Il discorso è più complesso, più articolato, più ampio.

Politica e migranti

Ammesso e non concesso (cosa molto discutibile) che alcune forze politiche di sinistra ed estrema sinistra avvantaggiano gli immigrati per cooptazione informale e perché sono un futuro serbatoio di voti, questo ti dà forse il diritto di picchiare e uccidere?  Ci sono anche forze politiche che sostengono che prima devono venire gli italiani. Obiettivamente non mi sembra che i diritti degli immigrati siano sufficientemente tutelati e salvaguardati dalla legge italiana né dalla politica italiana tout court. Cosa ti dà il diritto di picchiare ed uccidere? Ammesso e non concesso che ci siano donne che amano gli immigrati perché superdotati sessualmente questo ti dà il diritto di uccidere?

Ci sono più donne che uomini a questo mondo. Gli immigrati perciò ti avrebbero sempre rubato le donne? Ammesso e non concesso che ci siano donne tanto emancipate quanto esigenti da volere giovani immigrati superdotati sessualmente, se non ci fossero gli immigrati sei proprio sicuro che sarebbero venute con te? E se in mancanza di immigrati fossero andate con italiani superdotati sessualmente allora saresti stato contento? Lo so bene che alla base di tutto c’è il fatto che se vedi una ragazza italiana con un immigrato africano ti deprimi o ti arrabbi. Nessun immigrato perciò deve importunare o molestare la tua donna, una santa vergine.

Il problema è il razzismo

Il problema è il razzismo. Il razzismo cova sotto la cenere e ci sono persone  potenti che soffiano sul fuoco, che ci speculano sopra. Personalmente sono disoccupato e la mattina quando cammino all’alba vedo giovani immigrati di origine africana andare al lavoro in bicicletta, ma questo non mi fa arrabbiare né mi dà il diritto di aggredirli.  Se penso che qualche immigrato può avermi “rubato” la donna o il lavoro è solo per qualche secondo, ma so bene che per la mia salute mentale questo pensiero deve essere scacciato dalla mente. Quando ero parecchio giovane e immaturo è successo che alcune ragazze abbiano preferito gli immigrati a me: mi sono momentaneamente arrabbiato, depresso (perché ero un provinciale dalla mentalità chiusa), ma poi mi è passata, sono andato avanti, me ne sono fatto una ragione e guarda caso sono sopravvissuto. 

L’esclusione sessuale e lavorativa sono  solo  alibi, ancora peggio pretesti, che non  devono essere utilizzati per generare e giustificare violenza. Ammettiamo che un margine, una quota parte di etnocentrismo sia una costante antropologica, ma i comportamenti razzisti e le discriminazioni dipendono da mentalità,  cultura. È vero. È difficile crescere, migliorare, incivilire. Le  discriminazioni sono sempre dietro l’angolo. Bisogna saper riconoscere e debellare prima di tutto la nostra inciviltà,  il nostro razzismo, la nostra bestialità,  che esiste in ognuno, anche nel più aperto, nel più progressista. Non è solo facendo scrivere dei bei  temi contro il razzismo a scuola che si può estirpare facilmente il razzismo. Almeno non basta. Non è sufficiente. 

Non è così semplice. Il razzismo alligna dappertutto. Il razzismo è dentro noi. Gli stereotipi e i pregiudizi ci appartengono. Chiunque li ha. La tolleranza significa sopportare l’altro e non è il più grande dei risultati sociali, ma, vista questa barbarie, sarebbe già una conquista civile. Gli psicologi con l’esperimento della bambola (doll test) negli anni ’40 hanno dimostrato che perfino i bambini afroamericani si percepivano negativamente e avevano minore autostima. Il test IAT, basato su associazioni mentali, che teoricamente dovrebbe misurare le preferenze implicite e le valenze riguardo alle persone ha dimostrato che la maggioranza di “bianchi” sceglie “bianchi”, mentre non avviene la stessa cosa per i “neri”. Ci sono altri test psicologici controversi come i test di identità nazionale per riconoscere le nazionalità degli asiatici o degli africani, ma la loro scientificità è dubbia.

Il razzismo per la scienza

Le scienze umane stanno studiando questo fenomeno da decenni. Il razzismo esiste, ma è difficile debellarlo. Non è comunque cercando una contrapposizione violenta contro chi ha comportamenti manifestamente razzisti che si risolvono i problemi. Non si può fare la caccia al razzista e aggiungere violenza alla violenza. Nel caso di questo omicidio di Civitanova Marche l’assassino si è sentito legittimato ad agire in quel modo. Al momento non sappiamo se ci sia una matrice ideologica. Forse è solo ignoranza cieca. Gli altri lo hanno lasciato fare. Guardavano e commentavano. Crescevano di farlo desistere soltanto a parole ma rimanendo distanti. Nessuno si è sentito chiamato in causa. Nessuno ha pensato: “adesso vado lì e lo fermo”. Il buon samaritano è sempre più difficile trovarlo in questa società.  Il whistleblower è sempre più raro.

Mi sono alzato alle 4 del mattino. Ho preso il caffè.  Ho acceso a bassissimo volume la televisione per non svegliare i miei. Ho guardato per qualche minuto Rainews. Una giornalista ha chiesto agli ospiti: ma se fosse successo il contrario cosa avrebbero detto e scritto certi giornalisti e politici? Se un immigrato avesse ammazzato un italiano non sarebbe forse successo un finimondo? Questa domanda mi lambiccava il cervello. Ho spento la televisione e ci ho pensato su. Siamo proprio sicuri che tante belle parole sull’integrazione, tanti bei proclami sulla società multietnica siano davvero incisivi? Non è che forse abbiamo bisogno di altro? Ho la vaga impressione che siano parole al vento e che la realtà quotidiana sia un’altra. La realtà quotidiana è miserevole. La quotidianità è barbarie allo stato puro, pur nascosta da ipocrisia e formalità. 

Società violenta

Ma alla base di tutto c’è anche il fatto che in questa società i comportamenti violenti sono premiati socialmente, che i violenti compiono un percorso cosiddetto di violentizzazione, fatto di molti rinforzi positivi, di premi. L’omicida non è nato violento, lo è diventato gradualmente e questo non vuol assolutamente giustificarlo, ma significa che il cammino è lungo e tortuoso. Di strada ne dobbiamo fare tanta. Chi è razzista si sente superiore e discrimina chi ritiene diverso alla fin fine. Solamente però come ci insegna la filosofia contemporanea la società è fatta di identità e differenze, e dobbiamo riconoscere, accettare entrambe, saperci convivere: non si può odiare le differenze per difendere una nostra pretesa identità da salvaguardare a tutti i costi, che invece dovrebbe essere aggiornata, modernizzata, messa al passo con i tempi. 

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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