I falsi miti
Per essere poeti, artisti, umanisti bisognerebbe essere contro il sistema. Invece vedo che molti si lasciano abbindolare dai falsi miti, dai vitelli d’oro della cultura di massa. Capisco certe grandi case editrici che per fare cassa pubblicano influencer senza talento (anche se non apprezzo queste strategie e politiche di marketing basate comunque su esigenze editoriali), ma qui ci sono umanisti rispettabili e stimabili che si lasciano abbindolare da ciò che propina loro la cultura di massa. Capisco che la mia generazione (quella degli anni Settanta) sia cresciuta a pane e televisione. Capisco che per le generazioni dopo l’influsso della televisione e di internet sia stato anche peggiore, ma non si può essere raffinate intellettuali e idolatrare Vasco Rossi, tanto per esempio. Oppure si può, ma non dovete fare troppo le snob, perché siete intrise dalla testa ai piedi della cultura di massa, che se foste vere intellettuali dovreste combattere strenuamente. Non si può essere contro, se si sono interiorizzati, introiettati i miti dello show business. Cos’è che vi ha formati e plasmati nel profondo? Montale e Pasolini oppure Fedez e Tiziano Ferro? Capisco che dopo ore di studio ci voglia un poco di intrattenimento, ma qui l’intrattenimento finisce per contare molto di più della cultura vera. Ecco che molti/e umanisti/e che si dicono, si professano contro, in realtà sono acquiescenti, proni, succubi.
Sulla cultura di massa e i suoi condizionamenti
Dite di essere contro, ma il sistema è dentro di voi: agisce come persecutore interno, come cavallo di Troia. Dovreste autodeprogrammarvi. D’accordo ormai lo abbiamo capito: il sistema si combatte dall’interno, ma voi dovreste essere il cavallo di Troia del sistema, dovreste essere dei sabotatori culturali e invece non lo siete. Dovreste sradicare certi idoli, abbatterli. Prima di tutto dentro di voi. Dovreste compiere un’opera di demitizzazione. Dovreste eliminare o almeno ridurre i condizionamenti della cultura di massa, dovreste cercare di decondizionarvi. Per essere contro il sistema bisogna esercitare senso critico ed estetico. Per essere contro il sistema bisogna spegnere la tv, non seguire gli/le influencer. Per essere contro il sistema bisogna essere dei liberi pensatori, ovvero pensare veramente ed essere liberi veramente. E allora ritagliate dei momenti di solitudine per leggere poeti sconosciuti, scrittori di cui nessuno sa niente. Meditate per ore nelle vostre stanze in silenzio sulla vita, sulla morte, sul mondo e su Dio. Non seguite la cultura di massa e nemmeno la massa. Ma alcuni/e di voi lo fanno apposta: per destare attenzione e interesse, per acchiappare più like, per far parlare di sé, per vendere più copie strizzano volentieri l’occhio alla cultura di massa, ammiccano suadenti al pop. Siete incoerenti, se fate così. Dovreste accontentarvi di pochi ma buoni, invece di cercare a tutti i costi e in tutti modi di allargare il giro dei lettori.
Ricordatevi dei veri artisti e dei veri intellettuali che pochi ricordano
I veri artisti e i veri intellettuali a mio modesto avviso cercano il vero e cercano di dirlo, a costo di essere incompresi, scomodi, emarginati, impopolari, soli. Van Gogh in vita non vendette un quadro. Guido Morselli morì inedito. Fregatevene del consenso, del riscontro di pubblico, del successo. La prima cosa che vi dovreste chiedere è: sono soddisfatto/a intimamente di ciò che scrivo? Prima di cercare risposte negli altri, cercatele in voi stessi, come consigliava Rilke a un giovane poeta. È inutile essere marxisti se si è tifosi sfegatati di una squadra dove i calciatori guadagnano milioni di euro. È inutile scrivere di Proust se si cita a sproposito ogni tre per quattro Max Pezzali. È inutile atteggiarsi a grandi poetesse se vi rifate il naso per eliminare ogni imperfezione estetica, se fate carte false per andare a letto con il deejay di turno o con il bestsellerista del momento. E poi smettete di commemorare sui social qualche showman televisivo o qualche cantante come se fosse un vostro familiare! Ciò è sintomatico di quanto la cultura di massa abbia lasciato un segno profondissimo dentro di voi, più dei libri letti o studiati. Potete fare ciò che volete, ma non vi atteggiate a grandi poeti o poetesse se non sapete dire di no al conformismo più becero. Qualcuno potrebbe obiettare che c’è del buono anche nel pop, nella cultura di massa e che non c’è una linea di demarcazione netta e precisa tra cultura alta e cultura bassa, che queste distinzioni non hanno più senso. Allora io voglio ricordarvi che i vostri miti del pop hanno avuto ammiratori, ammiratrici, lauti compensi, grande visibilità. A loro il successo nazionalpopolare ha dato molto, moltissimo. Recentemente se n’è accorto anche Claudio Baglioni che ha meditato di fare vita ritirata e di andare a vivere in un convento perché aveva avuto troppo nella vita. Cari umanisti e care umaniste, ricordatevi di idolatrare i poeti e gli intellettuali di cui nessuno parla più, quelli che hanno fatto la fame per tutta la vita, quelli che sono vissuti in una solitudine deprimente, quelli che sono vissuti sull’orlo della pazzia o che erano veramente pazzi. Ricordatevi di coloro che hanno dato un vero apporto culturale e sono vissuti in miseria. Ricordatevi di coloro che hanno avuto troppo poco e si meritavano molto. Ricordatevi che al funerale di Rimbaud c’erano solo due persone: la madre e la sorella. Ricordatevi che ai funerali di Mozart c’erano solo 14 persone. Diffidate di quelli che hanno i funerali di Stato. Anche questo sarebbe un bel modo di essere contro il sistema: esercitare una vera furia iconoclasta contro gli impostori del talento e ricordare, valorizzare i veri artisti morti, sepolti, dimenticati, rimossi, come se non fossero mai esistiti. Questo sarebbe un compito prezioso, pregnante, anche se colmo di oneri e privo di onori.
Il pifferaio di Hamelin continua ad ammaliare ignari intellettuali e sapientoni con la stessa nenia: io, io, io, io, io.
L’ego è un macigno insormontabile, non biasimo chi fa fatica a scalarlo e gettarselo alle spalle, solo che la società dei consumi in cui viviamo fa leva esclusivamente su questa nostra debolezza per conquistarci a suon di piaceri che tutti in fondo desideriamo. Intanto si pensa solo al successo e il risultato è che si demolisce ogni tentativo di fare letteratura, oggi scadente, banale, di facile consumo, buona solo a riempire scaffali e vetrine di lettori avidi di sentimentalismi prêt-à-porter. Così si soffocano germogli di poesia che da qualche parte ancora spuntano nel nascondimento e si calpestano pensieri rivoluzionari e liberi pensatori. Lo si può gridare ai quattro venti eppure nessuno distoglierà lo sguardo dal fascino dell’ego, dare scossoni alla coscienza però è sempre salutare. Non posso che restare in accordo con quanto l’autore grida a chi ha orecchi per sentire e ha ancora occhi semi-aperti per accorgersi dell’inganno conformista.