il corpo, croce e delizia…
32** Coppie furtive, appartate,
distese su nuvoli di foglie secche,
sulle sponde assopite celebrano
con giochi d’erba i saturnali dell’eros.
Oppure in abitacoli oscuri appannano
i vetri le loro labbra tremule. I polpastrelli
delle dita ora si cercano, carezzano il palmo altrui,
ricercando in un contatto una nuova creazione d’Adamo.
E l’ultimo respiro di Adone ineffabile,
ormai spettro del non detto,
si aggira attorno ai loro corpi madidi,
causa un brivido di smarrimento,
sfiorandoli ignari. Poi riprendono
le loro effusioni, cullati dai loro sospiri giovanili.
(Davide Morelli, 1995)
Il corpo è tutto. È tutto quello che ci resta. Ma non il corpo di Cristo, che Dio ha donato per redimerci. Non l’ostia che i cattolici si prendono come simbolo del corpo di Cristo. No. Quello che ci resta è la corporeità pura e semplice. Chi aveva creduto nel Neuromante di Gibson, si è illuso inutilmente. Per ora e almeno nel futuro prossimo non saremo anime che si intrecciano e si fondono nel vuoto multimediale, nella second life, nella realtà virtuale. L’intelligenza artificiale non può aiutarci. Anzi la tecnologia riduce in gran parte sia gli operai che i cosiddetti lavoratori della conoscenza. Il corpo di un contadino o di un operaio un tempo erano fondamento della società. Oggi grazie (?) all’automazione, alla tecnologia, all’informatizzazione molti lavori sia di fatica che intellettuali sono obsoleti. E in futuro andrà sempre peggio. Ma è gusto un mondo pieno di comodità senza giustizia socioeconomica, dove pochi si arricchiscono? Oggi l’unico corpo mercificato ritenuto indispensabile è quello bello e femminile, che viene definito da alcuni psicologi il capitale sessuale. Eppure oggi grazie alla tecnologia abbiamo diverse estensioni del nostro corpo, che diventano simbolo, rappresentazione, arricchimento del nostro corpo primario e originario. Ma ci basta? È davvero sufficiente? L’immaginario è stato tutto colonizzato dal potere o dai poteri. Cosa resta? Restano solo gli io corporei e i loro simulacri, i loro status symbol. Ci si sceglie e ci si ama in base al corpo. E il corpo da amare ha i canoni estetici, imposti dal potere. Il corpo è l’unica certezza a cui aggrapparsi: il corpo prigione e possibilità di piacere, il corpo dovere e piacere, il corpo necessità e virtù, il corpo bisogno e libertà. Il corpo da perfezionare, aggiustare, correggere, migliorare per essere presentabili, per piacere agli altri, per essere accettati. Un tempo si accettavano i propri difetti fisici e si voleva essere amati da una persona che accettasse le nostre imperfezioni. Oggi è sempre più raro. Le aspettative, le pretese in questi tempi più perfezionisti sono sempre più alte. Il corpo da scegliere e il corpo grazie a cui essere scelti. Il corpo che deve essere bello, giovane, sano. Il corpo, che come scriveva Piero Ciampi, è un “sublime, atroce porco”. Il destino dell’essere umano occidentale è quello di cercare con la propria pelle altra pelle. La soddisfazione e la realizzazione massime sono quando la nostra pelle è amata e quando abbiamo al contempo pelle da amare. Il corpo da mortificare cristianamente per lo spirito e il corpo da glorificare, idolatrare. Il corpo, da cui si vede bellezza e bontà e solo da esso ormai si vede bellezza e bontà. Il corpo che diventò Nulla e Tutto per il cristianesimo. Il corpo che diventa divinità nella civiltà dell’immagine. Alcuni si dicono progressisti politicamente e poi valutano gli altri esclusivamente per l’aspetto fisico, dimenticandosi che il corpo è capitale, che la civiltà dell’immagine è capitalismo. Si viene valutati per il corpo esclusivamente. Hai il corpo che ti meriti! Mens sana in…! Non c’è altra via di uscita. Quando si ama si desidera il corpo della persona amata, si ama il corpo della persona amata, al corpo della persona amata si deve dare piacere. Si ama un corpo e si vieni amati per il corpo. Dice l’uomo agiato e bello “Le donne vanno sapute far ridere e le hai già portate a letto” oppure “con le donne bisogna saperci fare” oppure “le donne vogliono soprattutto uomini con il cervello”. Ma se questo uomo agiato e bello avesse tutte le sventure di Giobbe, avrebbe più una donna? Ci vuole “chimica” e bisogna essere “passionali”, come dicono a Uomini e donne. Ma il corpo, al di là di ogni cosmesi funebre, è morte, Nulla assoluto. Il corpo è per i vermi. Del corpo resterà polvere. Voi amate il corpo, amate la polvere, amate la morte, amate il Nulla. Eppure per tutti è così. No. Nessuno si innamora di quelli o quelle che non ama nessuno. Siamo tutti, più o meno materialisti. Siamo in un vicolo senza uscita. Non ci sono alternative. Il corpo, mezzo e fine di piacere. Il corpo, l’unico niente a cui aggrapparsi. Dice un proverbio siciliano: “chi si innamora di denti e capelli, si innamora di nulla”. Sempre e in ogni caso ci innamoriamo di nulla. Non si va a letto con l’animo, con lo spirito, con la cultura, con le affinità elettive o intellettuali. Si va a letto per la carne, il corpo, per avere piacere del corpo e per dare piacere al corpo altrui. Oh no! Si valuta una persona nel suo insieme, dicono alcuni! Ma il corpo altrui è sempre un prerequisito fondamentale. E se non si valuta il corpo, si valutano i soldi, il ruolo socioeconomico, il potere di quel corpo. Il corpo di un uomo ricco, di un uomo famoso di un uomo potente diventa simbolo della ricchezza, della fama, del potere e perciò un corpo da adorare, da idolatrare, da deificare all’ennesima potenza perché quell’uomo è incarnazione del successo per le donne. Il corpo che ci permette di relazionarci ad altri corpi. Il corpo che ci permette di conoscere quel che Winnicott chiamava il primitivo. Il corpo che ci permette di conoscere il mondo, che è finestra aperta sul mondo, che è il nostro mondo. Da Merleau-Ponty in poi noi non abbiamo più un corpo, ma siamo il nostro corpo e il dualismo cartesiano è superato, tutto in nome delle res extensa perché anche le res cogitans sono cervello, materia, processi neurochimici e fisici. Senza il nostro corpo non potremmo percepire, il nostro corpo soggetto e oggetto, come scriveva ancora Merleau-Ponty. Eppure per aspirare all’eterno, all’infinito il corpo non basta.