Dialoghi di profughi di Bertolt Brecht

diloghi di profughi

In quest’opera di limpida lucidità, composta nel 1940 durante l’esilio finlandese, Brecht mette a processo le sue stesse idee e offre un sarcastico repertorio delle contraddizioni dei sistemi politici. Ne nasce così un beffardo elogio del rifugiato che si leva come una risata di scherno contro tutti gli ottusi custodi delle frontiere.

Dopo oltre quarant’anni di assenza dalle librerie, i Dialoghi di profughi tornano in una nuova edizione per la prima volta integrale, arricchita di un intero capitolo e altri passaggi inediti. (Tratto da L’Orma editore)

L’inganno dell’arte

Basta leggere le prime righe di questo libro per ritrovarsi immediatamente capovolti in quello che potremmo chiamare “l’inganno dell’arte”. Se Magritte – contemporaneo di Brecht – stravolgeva i parametri logici con le immagini, i profughi nati dalla penna dello scrittore tedesco lo fanno dialogando oltre quella che viene comunemente riconosciuta o insegnata come logica delle cose.

Autore

Potrebbe sembrare superfluo un accenno sull’autore. Brecht è un classico per antonomasia, un autore forse troppo citato e poco letto. Personalmente lo conobbi grazie a una delle sue citazioni più famose

Beato il popolo che non ha bisogno di eroi

Una frase spesso “tirata per la giacchetta” per sostenere le tesi più diverse. Ma in fondo è anche questa la natura della poesia che non è di chi la scrive ma è di chi se ne serve. Quando la lessi, scritta sui muri, all’epoca delle guerre di Bush jr in Iraq e Afghanistan, per me rappresentò la sintesi di un rifiuto del militarismo e il nonsense del principio stesso della guerra. Gli anni passano, gli eroi si moltiplicano e con loro anche le catastrofi collegate al concetto della sua esaltazione in ogni campo della vita quotidiana. Ma torniano all’opera.

I personaggi

Il libro è strutturato come un dialogo tra due esuli tedeschi: Ziffel e Kalle. Il primo esprime, sia per scelta che per costrizione, il cosmopolita democriteo. Cioè colui che ha un sufficiente rispetto per se stesso e quindi per gli altri da poter vivere in qualsiasi posto del mondo. Ma ha anche l’acutezza per riconoscere i vizi e le virtù di un’epoca sotto certi aspetti ancora presente. Ed è proprio partendo dalle memorie di Ziffel che nasce l’arricchente dialogo con Kalle. Un operaio che con le sue riflessioni e la sua curiosità razionale completa il quadro delle molte vite che stanno dentro all’autore stesso.

La libertà

Ho notato che la frase ”da noi c’è libertà” viene sempre messa avanti quando qualcuno si lamenta della mancanza di libertà. – KALLE

Se avete letto Pasolini e Bukowski vi capiterà, durante la lettura, di percepire quasi un dialogo ucronico tra gli scrittori. Come se si passassero la penna per completare uno spartito con la stessa intonazione ma suonato da strumenti diversi. Si parla tanto di libertà per non parlare mai delle libertà. Che cosa sono davvero nelle società di oggi? Si è liberə quando si può realizzare qualche obiettivo oppure in assenza di esso?

KALLE. Già, vogliono sempre che ogni cosa abbia un obiettivo. E l’obiettivo è ciò contro cui si spara.

Conclusione

Condivido assolutamente le parole del poeta Edoardo Sanguineti, riportate nella quarta di copertina. Egli descrisse questo libro e la sua lettura con cadenza annuale, un ”bellissimo esercizio di igiene mentale”. Un consiglio che giro a me stesso e a voi. A maggior ragione in questo momento in cui i ”fascisti pacifici” – altra perla che trovate nelle ultime pagine dell’opera – hanno completamente sdoganato la facciata della cosiddetta democrazia rappresentativa.

Poco dopo i due si congedarono e si allontanarono ciascuno per la propria strada. – (frase di chiusura di ogni capitolo)

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