“Dietro un grande uomo…” c’è il sistema patriarcale

Che cosa definisce un “grande uomo”? E una “grande donna”?

A detta di qualcunə una “grande donna” si riconosce dalla sua capacità di stare un passo indietro, a fianco, di accompagnare, di interpretare un ruolo composto o sensuale. Colpisce molte di noi come in un social come instagram in cui finalmente le persone marginalizzate e le voci femminili abbiano finalmente uno spazio e una voce e molte cose da dire. Questə attivistə attaccate da frasi sessiste, shitstorms, giudizi su corpi e scelte. Si ha l’impressione che l’autodeterminazione non faccia molto piacere al patriarcato e che non sia ammissibile che corpi e voci inedite e inudite abbiano finalmente preso un loro spazio. Con tutte le difficoltà degli algoritmi, delle censura e delle politiche di invisibilizzazione del web.

Veniamo criticatə sul nostro aspetto, su come scegliamo di utilizzare il nostro corpo, siamo attaccate se promuoviamo i nostri prodotti, il nostro lavoro viene sminuito o banalizzato, siamo oggetto ripetuto di frasi violente e giudicanti: l’arma più utilizzata è l’attacco del nostro aspetto esteriore o del nostro pensiero, lo svilimento e la condanna paternalista: chiudi la bocca, chiudi le gambe, stai zitta. Il discorso non è rivolto solamente agli uomini, in quanto il maschilismo pervade la società. 

Quando un uomo fa uno strafalcione ad esempio dicendo a una donna di chiudere le gambe o di stare un passo indietro si ripara subito con una ulteriore deresponsabilizzazione. “Ho detto una cosa sciocca, le mie frasi strumentalizzate, avete capito male voi, non intendevo questo, eh ma non si può più dire niente”. 

Ebbene purtroppo abbiamo capito, perché è la solita solfa. Niente di nuovo. L’ennesima occasione mancata di essere un po’ più che decenti. Sono stati scelti i nuovi Big di Sanremo, e non mi sorprende che si sia utilizzato ancora una volta il maschile universale, perché basta una veloce lettura per osservare, in termini di presenza, la solita disparità di genere. Nessun fraintendimento, ma semplice constatazione. 

Qualche dato sul Festival di Sanremo

In 70 anni solamente 34 donne hanno vinto SanremoGli uomini che hanno vinto il festival sono più del doppio: 94

Solo dodici lo hanno condotto, una ha ricoperto il ruolo di direttrice artistica, 34 sono le donne ad averlo vinto nella sezione Big mentre solo 17 hanno vinto la sezione Nuove Proposte.

Ma oggi vorrei soffermarmi sulla conduzione e sulle scelte artistiche. Se in 70 anni di storia del Festival di Sanremo solamente 12 donne hanno condotto la kermesse, colpisce come ben 108 abbiano ricoperto il ruolo di co-conduttrice. Dietro un “grande uomo” o a fianco, per l’appunto.

Quote rosa

Quando leggo un titolo come “Sanremo 2022, Amadeus vuole quattro donne al suo fianco” si sente molta puzza di tokenismo (pratica di fare solo uno sforzo superficiale o simbolico per essere inclusivi nei confronti di gruppi minoritari, in particolare reclutando persone da gruppi sottorappresentati per dare l’impressione di uguaglianza razziale o di genere all’interno di un contesto lavorativo o educativo). Il ruolo delle donne al Festival di Sanremo, è oggi ancora troppo marginale. Amadeus ha dichiarato recentemente “dopo di me una donna a Sanremo. No alle quote rosa per i brani, sono offensive”.


Sono davvero offensive le quote rosa? Offensiva è forse l’invalidazione e l’esigua rappresentanza femminile.
Il ragionamento di Amadeus si basa su un errore di logica diffuso che affonda le sue radici nella mancanza di responsabilità, le quote rosa servono a garantire una rappresentanza, non sono un contentino per ovviare una presunta inferiorità ma parte integrante per garantire una trasformazione da un sistema escludente che si chiama in questo caso patriarcato. Le presenze femminili hanno già valore, solamente non sono presenti o non rivestono ruoli come i colleghi maschi. Non abbiamo bisogno di essere legittimate, validate da voi, siamo già credibili e capaci.

Bella e brava

Brava ha nel mio immaginario due accezioni, la prima è capace, la seconda è “stare brava“. Fare la brava è la frase che ci sentiamo più dire da piccole, una raccomandazione che pesa sulla nostra testa, insieme al consiglio di curare il nostro aspetto, cercando di essere tranquille, carine e gradevoli. La nostra credibilità e il nostro valore passano attraverso questi filtri. Una vita vocata a meritarci le cose a discapito della nostra autodeterminazione. Ne parla approfonditamente Carolina Capria nel suo libro Campo di battaglia. Le lotte dei corpi femminili. Bella e brava fa parte del vocabolario del sessismo benevolo, che fintamente blandisce per tenerci zitte e buone. Negando alle donne il vero potere, quello di essere e basta. 
Questa è purtroppo una difficoltà sistemica, che si riflette in più ambiti della società, non solo quello musicale. Oltre ad essere brave, oltre ad avere una bella presenza, in ambito musicale è tendenzialmente richiesto avere una bella voce. 

Un passo indietro

Già nel 2020 vi fu una polemica in seguito alle affermazioni di Amadeus che durante la conferenza stampa sottolineava la bellezza delle donne che lo avrebbero accompagnato nella conduzione, come se questa fosse l’unica condizione di rilievo, e confermando l’immagine che vuole le donne belle, come elemento decorativo, letterine, veline, gradevoli alla vista. Rileggiamo i motivi per cui Amadeus aveva SCELTO Francesca Sofia Novello: oltre ad essere bella e brava (“Una modella, una ragazza bellissima.) Francesca è una, come dire, una sorta di SCOMMESSA PERSONALE perché a volte non per forza devi conoscere. ERO CURIOSO di questa ragazza molto bella. Sappiamo ovviamente essere la fidanzata di un grande Valentino Rossi, ma è stata scelta da me perché vedevo intanto la bellezza e la capacità di stare vicino a un grande uomo stando un passo indietro“. 

Spazi negati alle donne

In un capitolo del saggio La rabbia ti fa bella, Soraya Chemaly racconta uno studio condotto su gruppi di studenti di Harvard che ha riscontrato come “i maschi parlano almeno tre volte più delle femmine. Un altro ha rilevato che le studentesse della facoltà di legge hanno il 50 per cento di possibilità in meno di parlare durante le lezioni. Nei gruppi misti gli uomini tendono a occupare uno smodato spazio verbale, eppure persistono gli stereotipi che dipingono le donne come il sesso più chiacchierone. Entrambi i sessi tendono di più a interrompere e a parlare sopra a bambine e donne che a bambini e uomini. Ciò si verifica anche nelle serie televisive e nei film, dove gli uomini interrompono di più e hanno il doppio delle battute e della visibilità rispetto alle donne.


Il fatto che a scuola le ragazze ricevano voti più alti è legato tanto alla padronanza della materia quanto al loro essere brave, ovvero tranquille. Questa acquiescenza si rivela uno svantaggio nel passaggio all’università e al mondo del lavoro, luoghi in cui la capacità di interrompere è un elemento di competenza, autopromozione e competitività.

Dopo di me, bellezza

In seguito alle dichiarazioni di Amadeus, De Micheli aveva dichiarato: “L’anno prossimo gli facciamo fare un passo indietro, condurrà una donna”, ma nel 2021 Amadeus è stato confermato per la conduzione della nuova edizione. Recentemente ha dichiarato di essere lui a scegliere in base alla bellezza di una canzone, «Scelgo la canzone in base alla bellezza e non ad altri criteri. Fino all’anno scorso ho accolto presenze femminili importanti perché si sono presentate con pezzi forti. Non vedo il perché debba dare una quota alle donne, anzi, lo trovo quasi offensivo nei loro confronti. La musica è arte, e nell’arte non puoi creare zone prestabilite dal genere sessuale a cui appartieni. Sostengo che per la scelta di una canzone bisogna farsi guidare dalle emozioni e non dal sesso dell’artista. Ci sono state donne fantastiche con canzoni bellissime in tutte le edizioni».

Un discorso maschilista

Da una rapida analisi testuale emerge come questo discorso sia piuttosto problematico: oltre a svalutare una necessità di quote rosa per tamponare, almeno finché una parità non sia raggiunta, un problema sistemico (quello del gender gap e della scarsa partecipazione femminile a posizioni politiche, lavorative,… ), getta un giudizio da parte di un uomo cis bianco etero abile che attribuisce aggettivi come “fantastiche”, “canzoni bellissime”, un ulteriore giudizio da un punto di vista di un uomo che crede (o si illude) di agire per amore dell’arte e della femminilità. Un favore elargito da un magnanimo difensore delle donne che ci concede un po’ di spazio, dopo di lui, afferma infatti: «Questa sarà davvero la mia ultima edizione e comunque DOPO DI ME, e non sto scherzando, vedo solo donne. Probabilmente il prossimo Festival lo affideranno a una brava conduttrice». 

Semplificare per non affrontare la complessità del problema

Come sottolineato in una lucida analisi che si trova nelle stories in evidenza di @alwaysitaka, rivendicando la neutralità dell’arte e i suoi assoluti (La musica è arte, “Sostengo che per la scelta di una canzone bisogna farsi guidare dalle emozioni e non dal sesso dell’artista”) si nega la complessità del discorso e le discriminazioni sistemiche e sessiste delegittimando la voce di quelle donne che denunciano gli ostacoli di un sistema articolato che rende più difficile per le donne una carriera artistica, in un ambiente sessista.

In un doppio salto carpiato afferma inoltre che «Tutti i presidenti delle principali etichette, con eccezione della signora Caterina Caselli, sono uomini e così pure i presidenti delle varie associazioni di categoria», cercando così di spostare l’attenzione su un altro problema e senza rendersi conto che su quel piedistallo c’è proprio lui, sereno grazie al sistema patriarcale, un posto di prestigio conquistato non certo grazie alla sua bravura o studio. 

Prospettive future

Secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum, servirà un secolo (99,5 anni, per la precisione) per colmare le differenze di genere, in ogni ambito. Ci auspicheremmo di vedere qualche piccolo passo oggi. 
Dietro a un grande uomo c’è ancora la cultura patriarcale. Noi abbiamo da tempo smesso di stare là dietro e il mondo ce lo prendiamo tutto. Nei nostri spazi, con i nostri corpi, con la nostra voce. E se poi ci vorrete a condurre Sanremo, possiamo parlarne.

Fonti:

Sanremo, non è un Festival per donne? I numeri, in 70 anni di storia – datajournalism.it

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Cantautrice, scrittrice e archivista, è appassionata di canto e musica popolare e di lotta. Ha scritto due libri (Voci. Storia di un corredo orale e Cantautrici), attualmente sta incidendo il suo primo disco e lavora come archivista e ricercatrice. Il progetto cantadoira vuole valorizzare le voci degli ultimi, alzando il grido della working class contro le ingiustizie.

https://www.instagram.com/lacantadoira/

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