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I politici snocciolano sempre più spesso presunti «dati scientifici» nei loro discorsi. Conservatori o progressisti che siano, tutti si affannano ad assicurarsi il sostegno di qualche «dato certo», fornito da «esperti», per le loro opinioni e per le loro decisioni. Come se vi fossero certezze sui fatti e univocità di interpretazioni. Le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche hanno contribuito a creare il nostro mondo moderno. L’hanno reso più vivibile e confortevole. Ma nessun esperto, nessuno scienziato può controllare e prevedere ogni cosa. E gli «effetti collaterali» dello sviluppo si moltiplicano e amplificano. Che fare? Che fare se l’intreccio di fatti e valori sembra destinato a riproporsi, a dispetto del progresso e della modernità, e diversi sistemi di valori si affrontano? Latour in queste brevi conversazioni delinea una risposta forte. Bisogna «disinventare» la modernità e costruire spazi di mediazione, di negoziazione fra diverse culture, saperi e tradizioni. Solo attraverso l’idea di un mondo comune potremo comprenderne la pluralità. (tratto dalla scheda libro)
La casa editrice
Eléuthera è una parola greca che si traduce in libera. Probabilmente è stata proprio la necessità, il bisogno di coltivare questa esagerata idea di libertà a spingere, ormai nel lontano 1986, alla nascita di questa casa editrice. Eléuthera è un punto di riferimento per la cultura libertaria in Italia, sia per le riedizioni dei classici dell’anarchismo sia per le attuali interpretazioni e interrogazioni che un mondo sempre più liquido pone. Tuttavia, rispetto alla succitata massima di Karl Popper, noi libertari riteniamo che la nostra idea di libertà non sia affatto esagerata, almeno rispetto all’etimologia dell’aggettivo stesso, piuttosto sia la naturale e più coerente conseguenza dei relai bisogni dell’essere umano. In questa isola dell’utopia non poteva mancare un filosofo come Latour, capace continuamente di stimolare domande e dubbi e sfuggire alle classificazioni convenzionali.
Bruno Latour
Come dicevamo, Bruno Latour sfugge alle classificazioni. Latour è stato un intellettuale multiforme che si è occupato di filosofia, sociologia, antropologia, etnografia, ecologia (ma anche ecologismo), diritto, religione e altre tematiche. Un pensatore che proprio in coerenza con il suo pensiero non è riuscito a imbrigliare la mente su un solo tema. In un certo senso è stato un precursore, forse sottovalutato, della necessità di sfuggire all’antropocentrismo della creazione delle cose e della verità o forse solo dell’oggettività. Latour ha sottolineato invece quanto e come siano le interazioni tra umani e non umani ad essere fonte dinamica di nuove creazioni. Ha posto il bisogno che la filosofia facesse da guida in una sorta di diplomazia del guazzabuglio.
Disinventare la modernità
Questa pubblicazione è un dialogo risalente al 2005 tra Bruno Latour e il filosofo François Ewald, già assistente di Foucault negli anni 70′ e curatore delle pubblicazioni dell’autore di Sorvegliare e punire. Il libro – intervista è preceduto da un’introduzione importante di Telmo Plevani che aiuta a orientarsi per comprendere meglio la natura di Latour e quindi i passaggi meno immediati. La lettura innesca una serie di “ce l’aveva detto” che rende il lavoro attuale e profetico al tempo stesso. In questo dialogo viene ripercorsa la nascita del pensiero di Latour e se ne apprezza la coerente costruzione; nonostante spesso sia stato accusato di essere un incoerente distruttore. Il titolo, tratto da un’espressione inclusa nel libro, incarna perfettamente la continua decostruzione che ha caratterizzato la vita dell’intellettuale.
Il dubbio come risorsa
Fin dalla sua prima esperienza ad Abidjan, in Costa d’Avorio – dove era stato mandato per modernizzare le industrie locali – Latour si pone il concetto base di tutto il suo percorso intellettuale. Vale a dire cosa significa modernizzare? E queste sue domande spingono a porne delle altre. Per esempio viene da chiedersi quanto la tassonomia antropocentrica sia intrinsicamente razzista? Ma anche semplicemente cosa intendiamo per modernizzazione? Ce lo siamo mai chiesti?
Il dubbio come verità scientifica
Latour è un cultore della critica intesa come attività del pensiero. In una società che cerca sempre di più di incasellare e di trovare fissità scientifiche per giustificare scelte che però agiscono in un magma naturalmente dinamico, la sua figura è preziosa. In alcuni passaggi mi sono sentito quasi spinto a interpretare le verità scientifiche come modellate dal creatore, quasi come un gatto di Schrodinger. Quando il dubbio viene coltivato come risorsa si riesce a comprendere la società del rischio in cui viviamo. Società che il sistema cerca di nascondere, allontanare per favorire una presunta onnipotenza e asetticità della scienza. Una scienza tirata per la giacchetta che dovrebbe regalarci soluzioni certe a problemi incerti. Una scienza che si vorrebbe snaturare ponendola a servizio della democrazia del potere in modo che le decisioni possano sfuggire alla diplomazia delle persone e del pensiero.
Molto interessante anche i richiami a Ulrich Beck e alla società del rischio. Una nuova modernità in cui il fattore unificante delle società contemporanee non è affatto la produzione e la ripartizione dei beni, bensì la produzione e la ripartizione dei mali.
Conclusioni
Il mio parere è che questo sia un dialogo da leggere con partecipazione. Un libro che aiuti a stimolare ulteriori dialoghi; interiori e con l’altro. Uno strumento per superare i pregiudizi delle presunte staticità delle nostre convinzioni, metterle alla prova, anche come esercizio. Iniziare a costruire una zattera per navigare in questa società liquida creata dalle nostre stesse creazioni che a loro volta creano ulteriori fonti di creazioni. Un modo per riaffermare il bisogno di un mondo che contenga molti mondi. Una zattera in cui accettare di stare scomodi rispetto alle nostre certezze, seppur guidati sotto questo cielo stellato da una legge morale interna abbastanza forte da poter affrontare la diplomazia con l’esistente.