Vi invito a pensare un po’ su certe frasi, che a mio avviso possono avere delle implicazioni filosofiche. Ad esempio frasi come queste: “ti comporti come se Dio esistesse” oppure “ti comporti come se Dio non esistesse”. Almeno in questa vita la frase “ti comporti come se Dio esistesse” in fondo significa “ti comporti come se credessi che Dio esista”. Più esattamente dovremmo formulare questa frase: “credo che tu ti comporti come se credessi che Dio esista”. Oppure ci sono frasi come queste: “ti comporti bene perché credi che Dio esista” o “ti comporti male perché credi che Dio non esista”. Ma esistono anche altre possibilità: ad esempio “ti comporti bene nonostante tu creda che Dio non esista” oppure “ti comporti male nonostante tu creda che Dio esista”. Queste frasi potrebbero essere naturalmente riformulate più esattamente in questo modo: “credo che ti comporti bene, nonostante tu creda che Dio non esista” oppure “credo che ti comporti male, nonostante tu creda che Dio esista”. Qualcuno potrebbe obiettare sostenendo che la maggioranza delle persone non si comportano né bene né male, ma così e così. È lo stesso. Naturalmente tutto ciò presume che gli esseri umani agiscano secondo coscienza e volontà. I credenti vogliono farci credere che esistano solo due tipi di persone: coloro che hanno fede e si comportano bene oppure coloro che non hanno fede e si comportano male. Esiste però anche il comportamento antiattitudinale, cioè coloro che sono costretti a comportarsi come non vorrebbero. Esistono anche persone virtuose tra gli atei oppure persone che si comportano bene, pur sospendendo il giudizio su Dio. La faccenda si complica. Ad esempio è meglio avere fede e comportarsi male oppure comportarsi bene ma non avere fede? È meglio poi comportarsi così e così e non chiedere perdono oppure chiedere perdono dopo essersi comportati male? Ritornando alla frase “ti comporti male o bene, nonostante che tu creda che Dio non esista oppure esista” potremmo riformulare le stesse frasi con l’espressione “così e così” al posto di “bene” o di “male”. Che la morale cristiana possa riassumersi tutta nella frase “comportati come se Dio esistesse” oppure nella frase “devi credere che Dio esiste e comportarti secondo quelli che vengono ritenuti i suoi comandamenti”? L’etica cristiana non parte forse (implicitamente) dal significato espresso in queste frasi? La faccenda ancora una volta si complica perché al catechismo insegnano che Dio valuta anche le intenzioni. Quindi Dio alla fine valuterà fede, intenzioni, comportamento, contesto, giustificazioni, scusanti, eventuali attenuanti o aggravanti. E tutto questo è valido solo per chi è interamente capace di intendere e di volere. Ma per chi non lo è? Valutare le azioni di chi non è capace di intendere e di volere è più difficile. Ci sono anche persone capaci di intendere ma non di volere e viceversa. La questione è complessa. La psichiatria non è una scienza esatta. Inoltre ci sono azioni compiute durante lo stato alterato di coscienza e qui si apre un altro capitolo. Nessun essere umano può riuscire a valutare esattamente e totalmente tutti questi fattori. Dobbiamo rimetterci al giudizio di Dio. Nessuno può sapere gli intimi convincimenti e le vere motivazioni di un altro. Si è sempre cattivi giudici di sé stessi e degli altri. In ogni caso ogni persona che vuole fare il moralista con gli altri e cacciare il naso nei loro affari dovrebbe pensare a tutte le frasi che ho scritto tra le virgolette. In ogni caso è sempre meglio non fare il moralista.
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In effetti è un po’ la questione che si pose Agostino da Ippona. Ottimo spunto di discussione.
Grazie Daniele. Buona giornata.