Due parole sui bestseller…

Alcuni anni fa il grande Arbasino sosteneva: “Per la letteratura nessuno fa ciò che si fa per i ristoranti, una classifica per livelli, si mette in classifica il McDonald’s. E certo che batte tutti sul fatturato.” 

E alcuni poi si sono chiesti perché fare per forza di cosa una classifica delle vendite. Ma per i libri si fa così,  anche se qualcun altro obietta che i libri non sono prodotti commerciali come altri. Insomma perché guardare alla quantità e non alla qualità? E a chi critica la qualità dei bestseller alcuni rispondono piccati: perché non provi tu, caro intellettuale dei miei coglioni,  a pubblicare un bestseller (come se questo fosse il fine ultimo di uno scrittore, ovvero il successo commerciale e il conseguente riconoscimento nazionalpopolare)? Alcuni critici letterari o scrittori non rispondono di fronte a tanta ignoranza, a tanta tracotanza, a quella che io chiamo la presunzione dell’ignoranza letteraria. La realtà effettiva è questa a mio modesto avviso: non si può fabbricare a tavolino un bestseller. Le dosi, gli ingredienti per fare un bestseller si conoscono solo col senno di poi, a successo già avvenuto. Uno scrittore di nicchia, di alta qualità non deve a mio avviso scendere a compromessi, snaturarsi, diventare ammiccante agli occhi del pubblico, etc etc. Ma può benissimo darsi che uno scrittore apprezzato dalla critica e che vende pochissimo, se si mettesse d’impegno a scrivere un bestseller non riuscirebbe nell’intento perché un’aquila non riuscirebbe mai a fare la gallina. È questione di talento, di natura, di cultura. E poi perché mai dovrebbe abbassare la sua qualità letteraria? In questo mondo devono contare solo i soldi? Bisogna per forza che uno firmi autografi, che riempia le librerie alle presentazioni dei suoi libri, che vada in televisione,  che sia riconosciuto per strada? Il problema è piuttosto lo scadimento del gusto letterario. Un tempo Cassola, Bassani,  Calvino pubblicavano bestseller. E oggi? Lasciamo stare. Meglio non commentare. Credo personalmente che ogni bestseller sia dovuto anche a una certa casualità o quantomeno diverse possono essere le incognite, le variabili e non sempre si riesce a tenerle sotto controllo, a manipolarle a piacimento. Il successo di un libro non è una variabile dipendente (uso un termine psicologico) o se lo è le variabili indipendenti sono molte e sfuggono spesso di mano. Ma in fondo perché lamentarsi? Al pubblico va bene così e se va bene al pubblico, allora è meglio rassegnarsi. Anzi io sostengo da tempo che sia meglio non pubblicare un libro. Ci sono più contro che pro. Nella maggioranza dei casi non vi porterà a niente. La maggioranza degli scrittori non vende. Tanto vale divertirsi scrivendo ciò che ci va sui blog o su qualche rivista. Uno si fa meno fegato grosso, si fa meno sangue cattivo e se ne frega altamente.  Certamente dei maligni potrebbero sostenere che non siete stati capaci di pubblicare. Non sanno che ci sono un esercito di piccole case editrici che pubblicano a pagamento e non sono per niente selettive (e quindi tutti trovano da pubblicare). Ma voi lasciate fare. Continuate ad andare in pizzeria e a comprare i libri altrui invece di spendere soldi a pubblicare il proprio. Vedrete che ne trarrete maggior giovamento, che vi acculturerete maggiormente e quelle serate, quei libri avranno un effetto trasformativo e benefico maggiore sulle vostre vite, su voi stessi. Di sicuro chi va al McDonald’s conosce anche la buona cucina e sa che quel cibo è commestibile, ma che è anche spazzatura, è anche una schifezza. Nella cucina le persone sono più educate: esiste la realtà fast food ma anche quella slow food e molti ne sono a conoscenza. Che i bestseller siano colesterolo cattivo per la mente le persone ne sono meno consapevoli. Una volta un tale mi ha detto che il più grande scrittore vivente era Dan Brown e lo affermava come se fosse una certezza assoluta. Rimasi un poco a pensare e decisi di non rispondere. Mi venne in mente che per Dan Brown Cristo si era sposato con la Maddalena e aveva fatto figli. Pensai a una Bustina di Minerva di Umberto Eco sull’argomento. Pensai che questo tizio era molto cattolico. Non dissi niente e lasciai dire. Se avessi risposto, mi avrebbe preso in giro. Non ne valeva la pena.  Dan Brown aveva deliberatamente scritto un falso storico per vendere di più. Il fatto è che  manca una vera educazione al gusto letterario. Leggete Fabio Volo, ma leggete anche Manganelli. Poi mi direte.  Nella narrativa oggi tanti pensano che i bestseller siano capolavori. Manca la consapevolezza di che cosa è qualità e che cosa no. La critica letteraria poi è moribonda e questo non aiuta. Purtroppo è l’intrattenimento a fare da padrone. Uno scrittore a mio avviso non dovrebbe cercare di scrivere un bestseller. Dovrebbe cercare un poco di verità in sé stesso, nel mondo e poi raccontarla. A questo dovrebbe servire uno scrittore. Questa dovrebbe essere la sua funzione sociale. 

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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