Due righe sul mio ultimo dell’anno…

Sono un frequentatore ed esploratore di periferie di provincia. Cammino all’alba la mattina presto verso il bar davanti all’ospedale o vado al bar della stazione. La sera posso passeggiare nella zona industriale o attraverso il sottopassaggio e andare per la strada di Santa Lucia. Più raramente arrivo all’inizio di via Roma e sfioro il centro per poi rigirare oppure attraverso tutta la Sozzifanti. Sono un esploratore di periferie di provincia. Sono un provincialotto,  intriso ci provincialismo, che critica la sua cittadina, ma in fondo è intimamente rassicurato della familiarità delle sue strade e piazze. Per l’ultimo dell’anno sono uscito verso le 23:30 a camminare. Fuori era un deserto. Erano tutti in casa. C’erano solo 4 ragazzi che facevano i botti. In sottofondo si percepiva nettamente l’eco del concerto sul Piazzone. Il bar e il ristorante della zona erano aperti, c’era qualche cliente, ma non ci sono andato. Mi guardavo attorno e le luci delle case e i rumori non avevano un senso e io nemmeno lo cercavo, a differenza di quando ero giovane. Non cercavo più un senso perché troppo razionalismo fa male e perché non si può dare un senso a tutto, noi poveri esseri umani, così fallibili e limitati. Poi guardavo a tratti sul marcipiede per scansare le deiezioni dei cani, portati a guinzaglio nella zona, che i padroni non avevano raccolto. Pensavo che per me ormai quel giorno era un giorno come gli altri. Non facevo niente di speciale, niente di particolare. Non aveva più la stessa importanza di quando ero giovane, che lo aspettavo e pianificavo per mesi per poi avere delusioni cocenti inaspettate. Camminavo e riflettevo. Il pomeriggio avevo letto qualche poesia di Pietro Gori e avevo iniziato a leggere un ebook di Leda Rafanelli. Pensavo che Bakunin aveva ragione quando scriveva che il pericolo insito nella rivoluzione marxista era la burocrazia rossa e pensavo che poi alla fine nel mondo concretamente tra Marx e Bakunin aveva avuto la meglio Mazzini. Ripensavo al fatto che da qualche parte avevo letto che l’anarchico era un individuo superiore. È vero che grandi pensatori e grandi artisti sono stati e sono anarchici, ma mai porsi su un piedistallo, mai finire in un elitarismo di accanto. E poi riflettevo sul fatto che molti ritengono l’autogestione, l’associazionismo e altre idee propositive anarchiche irrealizzabili, utopiche. La verità è che hanno prodotto anche buoni frutti quando sono state realizzate, ma tutti hanno paura di rimetterci nel loro piccolo, nessuno è disposto a rischiare. Per tutti va bene così come è. Tutti aspettano un cambiamento dall’alto o solamente dagli altri, ma nessuno è disposto a cambiare, a fare un piccolo sacrificio. Sono un esploratore di periferie di provincia. Allo scoccare della mezzanotte qualche giovane è uscito dalle case, si è riversato nel parco a fare i botti; si sentivano in lontananza i fuochi di artificio dei paesi vicini e alla Bellaria (in centro erano proibiti i botti). Camminavo da solo nella strada, fumando una cicca scroccata, fumata eccezionalmente per l’occasione, la nicotina mi dava subito alla testa facendola girare per qualche istante, inalavo a pieni polmoni il fumo, ripromettendomi che non avrei più fumato, che era solo una volta. Pensavo al concerto in città con tutta quella gente ammassata a vedere Cristina D’avena e Baby K. Pensavo anche a tutti gli artisti veri che facevano la fame e di cui a nessuno interessava nulla, che solo pochi godevano della legge Bacchelli, per così dire. Tempo di spengere la cicca e calciarla in una fogna e mi sono incamminato verso casa. Ho pensato che ero quasi solo, ma non ancora solo e che dovevo ritornare a casa ad abbracciare i miei. Sono un esploratore di periferia, un provincialotto intriso di provincialismo. La mattina del primo gennaio mi sono alzato presto e sono andato a prendere un cappuccino al bar della stazione. C’era un immigrato seduto a un tavolino dentro con la testa nelle mani e gli occhi chiusi. Era ubriaco o forse fatto. A un tavolino fuori si è messa una ragazza ventenne che traballava, accompagnata dal suo ragazzo, completamente ubriaca, forse fatta e fuori di sé. D’altronde il 31 dicembre è da sempre il giorno dello sballo e del divertimento sfrenato, a costo di ritrovarsi col cerchio alla testa e di fare un brutto viaggio.  Sono un esploratore di periferie di provincia e degli animi di questa umanità varia che le anima. Sono arrivato nel 2023, per questo anno non ho buoni propositi né aspettative e questo è tutto. 

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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