Emergenza coronavirus: serve un fronte popolare anticapitalista

La situazione di emergenza da coronavirus che si è venuta a creare ed ha sconvolto le nostre esistenze in così poco tempo, ci offre la possibilità di riflettere su una serie di emergenze di pari o maggiore portata che nella quotidianità della vita prima del Covid-19 consideravamo imperfezioni necessarie del sistema. Oggi, alla luce di quello che sta accadendo, ci rendiamo conto che questa emergenza è solo una delle tante conseguenze di un sistema economico insostenibile, distruttivo e cinico nei confronti di tutte le forme di vita e dei loro equilibri, che mira solo a perpetuare alcuni valori egoistici.

Sono diverse le emergenze da fronteggiare

Il sistema economico su cui si basa l’organizzazione del lavoro, le produzioni e l’utilizzo delle risorse, sta generando numerose “emergenze” che generano povertà, sfruttamento, precarietà, migliaia di decessi per inquinamento e cambiamenti climatici, diseguaglianze sociali, conflitti armati, rottura degli equilibri climatici ed ambientali del pianeta.
Una deriva sociale di questa portata non può più prevedere soluzioni specifiche per un particolare problema od emergenza, ma necessita di uno sguardo complessivo e di azioni che risolvano alla fonte tutti questi problemi. Né si può più pensare che singole associazioni, comitati, organizzazioni possano affrontare singolarmente la sfida che abbiamo di fronte.

Un fronte popolare anticapitalista

Per riuscire ad essere incisivi politicamente è fondamentale che le istanze che vengono proposte siano la voce di una buona parte della popolazione. Solo una sorta di Comitato di Liberazione Nazionale, un coordinamento di numerosi gruppi ambientalisti, di sindacati, di comitati di lotta locali, associazioni per i beni comuni, per l’economia solidale e circolare, antimilitariste, femministe, anti-capitaliste; può affrontare questa sfida di portata simile alla liberazione dal totalitarismo fascista.
Questo è un sistema che non ammette alternative o diverse soluzioni e si impone in ogni settore strategico nazionale, nell’ambito dei servizi sociali attraverso il proprio modello di gestione privata anche di beni collettivi. Così come nella produzione, attraverso la competizione, non ammette piccole produzioni periferiche ma impone un modello centralizzato e massificato che attraverso la grande distribuzione raggiunge tutti i punti di vendita.

Solo un fronte popolare può permettersi l’organizzazione per operare su più livelli: politico nazionale, economico nazionale e locale, comunicativo ecc. con Comitati locali per le emergenze coordinati o federati su piani regionale e nazionale.

Un progetto condiviso

Un grande piano condiviso per tutelare e reinvestire in sanità pubblica, in scuola, università e ricerca pubblica, che si proponga di raggiungere le emissioni zero a breve termine disincentivando al contempo allevamenti intensivi, multinazionali e plastica. Un piano che rimetta al centro il lavoratore eliminando tutti quei provvedimento che hanno favorito condizioni di lavoro precarie e favorendo l’accesso dei lavoratori ai profitti delle aziende che hanno ricevuto aiuti statali o comunitari. Ridiscutere le politiche economiche europee e cancellazione dei trattati sul libero commercio. Rivedere i patti internazionali e smantellare le basi americane sul suolo nazionale, promuovendo una Internazionale delle Comunità Solidali.

Nessun momento storico, forse, è stato più proficuo di questo per portare un cambiamento radicale nella nostra società eliminando quel pregiudizio capitalista che ha generato sfruttamento e impoverimento per il profitto di pochi. Si può essere determinanti solo con un progetto comune.

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