Eri tutto lungo. Cavallo pazzo e altri cani sciolti

Un’intensa opera corale, un tracciato crudo, a tratti incantato, sulla realtà della periferia milanese negli anni di piombo. Siamo a Milano nel giugno del 1978 durante una manifestazione antifascista. Nel caos, con un gesto estremo, un ragazzo lancia una molotov all’interno di un blindato della polizia. Da qui prende il via la storia, a ritroso, di un gruppo di giovanissimi, una storia che li vede vivere insieme nel quartiere della Barona, combattere per i propri ideali, confrontarsi con la realtà di tutti i giorni, ritagliarsi i propri spazi, affrontare le illusioni e le disillusioni di un irripetibile periodo di lotta e di cambiamenti. Eri tutto lungo narra i sentimenti dei ragazzi comuni, quelli che in televisione non ci sono andati, quelli che non hanno rinnegato la propria giovinezza fondando un partito politico o chiesto scusa in odor di galera. (Dalla scheda del libro)

Un’epoca inafferrabile

Ho un sogno impossibile. Vorrei conoscere di persona diverse epoche. Momenti della storia che mi affascinano da sempre. Come se staccandomi da me stesso, ma rimanendo me stesso, potessi vivere esperienze parallele nello spazio e nel tempo. Uno di questi periodi è indubbiamente la seconda metà degli anni 70’ in Italia. Forse perché i racconti sull’epoca alimentano una sete di conoscenza a cui manca sempre qualcosa per essere, se non sazia, almeno appagata. Anche gli aneddoti di chi quel periodo l’ha vissuto mi hanno sempre lasciato un senso di inafferrabilità. Come se la genuinità degli ideali di quegli anni fosse sempre velata dal rimpianto e dalla paura del giudizio postumo sulle azioni. Anche per queste ragioni ho entusiasticamente voluto leggere questo libro – edito da Mille Battute – che racconta in modo diverso gli anni tra il 76′ e il 78′ a Milano. Anni visti con la lente di 5 ragazzi del quartiere Barona. Personaggi che, ognuno a loro modo, rappresentano pregi e limiti di quell’epoca. Storie con il merito dell’immediatezza. Un (passato) presente che non teme la lente del futuro.

Se si vuole fare la rivoluzione bisogna disorganizzare l’organizzazione

Il collettivo Alba Cienfuegos

Il libro è stato scritto da un collettivo di autori nato nel 2006. Dietro Alba Cienfuegos ci sono le penne di Mario Javed Saggittario, Filippo Landini, Enrico Astolfi e Lorenzo Mazzoni.

Una lettura multisensoriale

Ho apprezzato molto la scelta di iniziare ogni capitolo con una citazione tratta da un brano musicale. Sarà quasi impossibile non sentir risuonare nelle orecchie, sia durante la lettura e sia nelle ore successive, la profonda voce di Demetrio Stratos e il rock prog degli Area. Mentre nelle vostra mente il fuoco delle molotov accende le narici per poi calmarle con l’odore delle canne. Tutto mentre l’inchiostro del ciclostile sporcherà le vostre mani. Un libro che non smetterò mai di ringraziare per avermi fatto conoscere la satira sussurrata e potente di colui che alcuni conoscono solo come un urlatore di passaggio nel clan Celentano; ovvero Ricky Gianco.

Una storia invadente che straccia la fantasia

È stata quella l’ultima generazione che “ci credeva davvero”? Non lo so e non so neanche quali semi intergenerazionali possa aver lasciato in me, nato una decade dopo gli eventi, ma qualcosa c’è. Era il tramonto di un’epoca? Ad altri analisti l’onere della risposta. Di chi è stata la colpa della fine di quell’epoca? L’omicidio Moro? Le BR? Oppure l’eroina? Forse è il caso di approfondire le bellissime parole di Erri De Luca con le quali si introduce il primo capitolo. Ma se quello era il tramonto questa lunga notte, seppur turbolenta a sprazzi, dovrà passare e magari la stella del mattino sta già illuminando nuove, urgenti e incendiarie speranze in sella a cavalli pazzi.

Conclusione

Un libro per tutti. Un libro per chi quell’epoca l’ha vista ma anche per chi non c’era e per chi sente nel cuore, indipendentemente dalla generazione, la spinta a cercare una sua chimera. In fondo i nemici sono gli stessi. Le stesse sono le istanze. Buona lettura

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