Le colpe della generazione x…

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La mia generazione x è vittima e colpevole allo stesso tempo. La generazione x non per merito ma per passaggio politico obbligato si è lasciata alle spalle l’ideologia e gli opposti estremismi. Ma non ha mai superato il complesso edipico, anzi non ha mai reciso veramente il cordone ombelicale. Non ha rotto i ponti con il passato e non ha saputo creare un ponte per il futuro. La generazione x non ha creato un nuovo linguaggio, al di là del solito gergo giovanile; non ha creato un nuovo pensiero, una nuova cultura: è rimasta succube della cultura di massa. Chi ha fatto politica, lo ha fatto per fare carriera o per scopare di più. La generazione x è rimasta vittima dell’individualismo omologante o dell’omologazione individualista. Ci siamo divisi tra Oriana Fallaci e Tiziano Terzani, tra no global e amanti dell’ordine, senza mai accordare veramente il cuore e la mente. Abbiamo amato oppure odiato Berlusconi quando la migliore cosa era l’indifferenza, non capendo mai che il berlusconismo era l’epifenomeno italiano del capitalismo globale: avremmo dovuto combattere tutti i Berlusconi del mondo, cioè i grandi capitalisti, non facendo solo critica al sistema, ma esercitando anche l’intelligenza propositiva. Avremmo dovuto combattere contro le ingiustizie e la povertà e non lo abbiamo fatto. Avremmo dovuto essere una spinta propulsiva, un agente catalizzatore, una pressione per il cambiamento e non lo siamo stati. Raramente abbiamo alzato la voce del dissenso perché abbiamo pensato che tutto fosse inutile e non ci abbiamo neanche provato. Avevamo troppo da perdere. Abbiamo dato più importanza alle nostre sfighe individuali che alle tragedie collettive. Il futuro sembrava roseo. Stentavamo a credere a quello che dicevano gli esperti, ovvero che noi figli saremmo stati più poveri dei nostri padri, che ci saremmo impoveriti. Eravamo sospesi tra analogico e digitale e non abbiamo capito la possibile nascita del capitalismo di sorveglianza. Abbiamo amato i vip del mondo dello spettacolo e non abbiamo capito che lo showbusiness toglieva panem e dava solo circenses. Siamo stati la prima generazione dello sballo, delle auto pirata, delle stragi del sabato sera, dei sassi tirati dai cavalcavia sui tettucci di macchine innocenti. Siamo stati la generazione dell’ecstasy, di coloro che digrignavano involontariamente le mascelle, masticando il Nulla, solamente per ballare per tutta la notte la musica techno. Siamo stati la generazione delle discoteche, dove le belle macchine e l’aspetto fisico contavano più dei contenuti perché il rumore assordante soffocava sul nascere qualsiasi dialogo. Siamo stati la generazione dei parcheggiati all’università di massa, abbiamo considerato le facoltà solo un esamificio e mai un luogo di confronto, di discussione e coloro che hanno fatto le scuole di eccellenza hanno pensato, indecisi tra fare cricca e cercare di aprirsi in via troppo ipotetica alla società civile, solo al business o alla carriera accademica, mentre Robespierre, laureato alla Sorbona, fece la rivoluzione francese. Abbiamo pensato solo a quelle che Guido Petter chiamava le tre m: macchina, mestiere, moglie. Non ci siamo opposti alle tante forze già in atto di disgregazione sociale. Abbiamo sognato l’America dei film e ci siamo accontentati di vivere in provincia. Abbiamo amato Moana e Cicciolina e allo stesso tempo le abbiamo disprezzate volgarmente perché erano troppo più emancipate dalle ragazze della porta accanto. Siamo rimasti in bilico tra senso di colpa cattolico e trasgressione. A forza di commedie all’italiana e sentimentalismo canzonettistico, non abbiamo trovato di meglio che dividerci tra psicosi del contagio a causa dell’Aids e consumismo sessuale con il preservativo sempre in tasca. I maschi sono rimasti spesso preda di retaggi patriarcali e maschilisti, mentre le ragazze hanno opposto un matriarcato, spesso senza figli. Abbiamo coltivato il nostro orticello. Abbiamo sperato che le cose cambiassero in meglio da sole, ma le cose non cambiano mai in meglio da sole. Oggi siamo archeologia. La generazione x è archeologia. Presto la nostra generazione con i suoi fallimenti sarà dimenticata, rimossa, come se non fosse mai esistita. Siamo stati oggetto di studio di sociologi, consulenti marketing e pubblicitari. Domani pochissimi storici dedicheranno qualche riga sulla nostra generazione. D’altronde viene ricordato solo chi è memorabile e noi non lo siamo stati. Oggi soffriamo in molti di ritardo culturale, a causa delle troppe innovazioni tecnologiche, dei troppi mutamenti socioeconomici e di costume. Non siamo più al passo con i tempi. Siamo archeologia. Ci siamo fatti prendere dal pressapochismo, dal qualunquismo, dal conformismo, dalla superficialità, dal pragmatismo, dall’efficientismo, dall’utilitarismo, dalla supposizione infondata di un benessere, che spesso per molti non è arrivato. Siamo stati a malapena capaci di dire “noi” non a tanti nostri coetanei ma solo alla ragazza di cui eravamo innamorati. Abbiamo vissuto tempi difficili e non abbiamo colto pienamente criticità e problematiche. Abbiamo difettato in teoria e in pratica. Abbiamo lasciato che le cose accadessero e non le abbiamo mai fatte accadere. Abbiamo mancato l’appuntamento con la storia. Il nostro privato è sempre stato impolitico. Siamo stati tante piccole isole. Nessuno ha saputo davvero guardare oltre, creando un movimento collettivo, veramente determinante almeno in un solo ambito. Non abbiamo mai pensato collettivamente. Al massimo alcuni hanno creato gruppi politici, ma nei centri sociali giravano troppe canne. Abbiamo egoisticamente pensato solo alla coppia e poi la coppia spesso scoppiava. Chi ha fatto figli ha degli eredi, ma l’eredità è solo economica spesso e non morale, intellettuale, politica, spirituale perché sono rarissimi coloro che sono stati degli esempi in tal senso. Oggi ognuno pensa alla sua famiglia e le rare volte che ci troviamo tra coetanei spesso l’atmosfera è quella del film “Il grande freddo”. Al contrario dell’omonimo romanzo di Douglas Coupland sono mancati i sogni, gli ideali, un’utopia collettiva e solo queste cose potevano fare da collante per una generazione che non è mai stata una vera generazione. Siamo tutti colpevoli come generazione e tutti assolti individualmente. Insomma di nuovo vittime del potere e colpevoli di non essersi opposti. La mia generazione, la generazione x…

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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