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La questione del green pass sta occupando il dibattito pubblico e mediatico nell’ultimo periodo. L’obbligo di possedere il green pass dal 15 ottobre per tutti i lavoratori sta mettendo in difficoltà i più decisi a non vaccinarsi, seppure si tratti di una minoranza. Allora cerchiamo di capire quali sono gli errori del governo nell’imposizione del greenpass.
Green pass per lavorare
L’obbligo di green pass per lavorare sta mettendo in difficoltà chi ha deciso di non vaccinarsi. Ottenere il green pass con 3 tamponi a settimana sarebbe troppo oneroso per un operaio. Forse la legislazione italiana in questo senso è la più severa tra i paesi democratici occidentali. Negli altri paesi vige un obbligo vaccinale per i dipendenti pubblici (Stati Uniti e Canada), solo per il personale sanitario (Grecia) o solo per chi lavora in settori particolari (cinema, trasporti, sport, ristorazione, fiere e centri commerciali) come avviene in Francia.
Una misura troppo rigida in questo senso rischia di lasciare troppe persone senza lavoro e creare un’ulteriore emergenza. Sicuramente contribuisce all’aumento della percentuale dei vaccinati, ma arrivati ad un certo punto non si può insistere. Seppure la vaccinazione è fondamentale per ridurre la circolazione del covid-19, non si può lasciare senza lavoro, indiscriminatamente, milioni di lavoratori.
Naturalmente, se si vuole incentivare la vaccinazione, non si può neanche equiparare chi ha fatto il vaccino con chi non lo ha fatto. Col vaccino riduciamo la possibilità di contrarre l’infezione e di trasmetterla ad altri. Però un obbligo vaccinale poteva essere preso in considerazione per quei lavoratori maggiormente a contatto col pubblico come quelli sanitari, delle scuole, della ristorazione, dei cinema e dei musei. Avremmo potuto evitare l’imposizione del green pass per piccole aziende, mantenendo l’obbligo di mascherina. Ed avremmo potuto evitarlo anche per chi lavora all’aperto, come chi lavora nell’agricoltura.
Green pass sui mezzi pubblici
Il green pass è stato introdotto per accedere ai mezzi pubblici. Serve per entrare in treni a lunga percorrenza, aerei, navi ed autobus. Non viene richiesto, invece, su treni regionali e metropolitane e sui trasporti locali che sono quelli più affollati ed utilizzati per andare a lavoro e a scuola. Per il Ministro Giovannini sarebbe troppo complicato controllarlo.
Green pass per vaccinati all’estero
Non è possibile ancora ricevere il green pass per chi ha fatto all’estero il vaccino russo Sputnik o uno dei due vaccini cinesi (Sinovac e Sinopharm). Si tratta di italiani che hanno lavorato all’estero oppure di lavoratori dei paesi dell’Est Europa in cui i governi hanno utilizzato il vaccino russo. Pare che il governo stia valutando, in questi giorni, la possibilità di concedere il green pass per questi lavoratori vaccinati. Sarebbe un passo avanti dettato anche dall’opportunità di ridurre gli esclusi e diminuire il fronte dei manifestanti.
Ricerca sanitaria pubblica
In quasi due anni di pandemia non c’è stata la volontà politica, di due governi, di creare un Istituto pubblico per la ricerca in ambito sanitario che renderebbe i brevetti di proprietà statale e liberi da speculazioni economiche. Ci permetterebbe anche di riuscire ad accedere a strumenti e tecnologie sanitarie in periodi di particolare emergenza. Ricordiamo tutti i periodi in cui non si riusciva a reperire mascherine e gli stati sequestravano quelle dirette ad altri paesi. Ne abbiamo già parlato nel nostro Piano strategico per le emergenze.
Rendere libero il brevetto sul vaccino
Non c’è stata, da parte dell’ultimo governo, di chiedere che il brevetto sul vaccino diventasse libero. Con il brevetto libero si sarebbe potuto produrre in tutti i paesi abbastanza vaccini. Come dimostrato da Presadiretta, in Africa sono arrivati solo 67 milioni di vaccini per una popolazione che supera il miliardo di persone. Il premier italiano Draghi ha difeso la proprietà dei brevetti e la possibilità di speculare attraverso un vaccino durante una pandemia mondiale come in questa emergenza da coronavirus.
La necessità del richiamo con la terza dose
La situazione italiana è tra le migliori per numero di vaccinati e per bassa circolazione del virus. Ci sono, tuttavia, due fattori che potrebbero riportare il nostro paese in una situazione di emergenza. Da un lato ci sono tanti vaccinati della prima ora che hanno fatto la seconda dose da oltre sei mesi. Sappiamo che dopo sei mesi l’efficacia del vaccino cala del 40%. E progressivamente diminuisce il numero di anticorpi. Inoltre ci sono paesi in cui il virus circola ancora e che hanno centinaia di morti ogni giorno. Abbassare la guardia sulla necessità del richiamo potrebbe favorire il virus.
Pandemia nel mondo oggi
Sono i paesi più populisti e meno democratici quelli più colpiti dalle ondate successive della pandemia. Paesi come Russia e Brasile in cui vi è già una maggiore contestazione dei governi, hanno cercato di non creare ulteriore dissenso con misure restrittive. In Russia è stato raggiunto il record di mille morti in solo giorno. In Romania le terapie intensive sono piene e si è arrivati a 250 morti al giorni, un numero molto alto rispetto alla popolazione.