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Su internet ho trovato che c’è chi ascrive il romanzo Il citofono tra i thriller e chi invece lo cataloga come horror. La maggioranza è per la prima opzione, ma personalmente non sono d’accordo. Lo dico in senso positivo: la differenza tra i due generi è spesso labile, ma in questo caso ci troviamo davanti a elementi tipici dell’orrore: eventi inspiegabili, incubi paralizzanti, oscure presenze… E me li sono goduti tutti.
Zygmunt Miłoszewski – l’autore
Zygmunt Miłoszewski è un giornalista e scrittore polacco. Negli anni ’90, inizia a scrivere per il quotidiano Super Express, per il quale si occupa di cronaca giudiziaria. Uno dei personaggi del libro, il redattore Wiktor, deve molto a questo periodo dell’autore.
Il citofono è il suo romanzo d’esordio, nel 2004, e deve prendere gusto a scrivere narrativa perché inizia subito a pubblicare altri libri.
In particolare, sempre dal 2004, escono i suoi romanzi di genere poliziesco il cui protagonista è il procuratore Teodor Szacki. Grazie a questi romanzi ha ottenuto per ben due volte, nel 2007 e nel 2011, il premio del migliore romanzo giallo polacco.
Il citofono – la trama
Tutta l’azione si svolge in un condominio, con precisione nel civico 41 di via Kondratowicz, quartiere di Bródno, a Varsavia.
Robert e Agnieszka vi si trasferiscono da sposini novelli, pronti ad iniziare la loro nuova vita. Ovviamente, le loro aspettative di un roseo futuro saranno disattese. Appena fanno il loro ingresso nell’androne del palazzo, infatti, viene ritrovato il cadavere decapitato di un giovane.
Da lì, sarà tutta una rapida discesa nell’orrore. Gli inquilini inizieranno ad avere incubi allucinanti, dei quali però non riescono mai a vedere la fine. Altre morti si susseguono, una sostanza nera e vischiosa inizia a fuoriuscire da intercapedini e condotti e, infine, la ciliegina sulla torta: nessuno può entrare o uscire dal palazzo.
In un’atmosfera soffocante e claustrofobica, saranno tre persone che cercheranno di non cedere al panico e di trovare una via d’uscita: la nuova arrivata Agnieszka, il redattore alcolista Wiktor e il teppistello Kamil.
I personaggi
Una delle cose che ho apprezzato di più è stata la caratterizzazione dei personaggi e del loro background. Sia i tre protagonisti che le figure secondarie sono ben delineati, realistici e verosimili.
Di solito nei romanzi horror questo aspetto o viene trascurato o viene sviluppato solo in funzione della trama, mentre qui non si avverte questo limite. Ognuno di loro ha sì i suoi scheletri nell’armadio e i suoi tormenti, ma anche un suo carattere e delle specificità.
Alla fine non si riesce più a capire se si rimane incollati alle pagine per arrivare allo scioglimento del mistero o se lo si fa perché si vuol sapere come andrà a finire ciascuna delle loro storie.
L’ambientazione
La scelta di ambientare la vicenda all’interno di un edificio stregato non è certo nuova, sia letteratura che cinema attingono a piene mani da sempre da questo topos. Ma non per questo siamo davanti a qualcosa di trito, tutt’altro.
Nelle descrizioni degli ambienti, si sentono forti e chiare delle note polemiche sulle scelte post-belliche. In nome della funzionalità e dell’economicità sono sorti casermoni, blocchi di cemento, veri mostri che col tempo e la cattiva manutenzione hanno iniziato a cedere e a imbruttirsi sempre di più.
Su questo sfondo desolato fanno presa molto bene le atmosfere cupe e inquietanti tipiche dell’orrore, aggiungendo un che di moderno che attualizza subito il topos di cui si parlava sopra.
Il malsano che alberga delle zone più ai margini, la trascuratezza e il decadimento si fondono con i toni cinici e disincantati del racconto e accentuano la sensazione di malessere che ogni buon libro horror deve trasmettere al lettore.
Conclusioni
Che dire, ho inaugurato senz’altro molto bene questo 2023 con una prima lettura che mi è piaciuta da impazzire. L’horror è il mio genere preferito e mi piace molto scoprirne autori e locazioni nuovi. Come dicevo all’inizio, comunque, c’è chi classifica Il citofono come thriller, quindi non fatevi spaventare da me che l’ho battezzato con un termine più forte. È un romanzo che merita veramente tanto, provare per credere.