Il dio dello stretto. Nuovo romanzo di Vins Gallico

Reggio Calabria, primi anni ’90, una Mercedes lanciata a tutta velocità lungo un viadotto sfonda un guardrail e plana sugli ulivi, alla guida rimane ucciso un ex pilota di Formula 2, Renato Panuccio, pregiudicato appena uscito di prigione dopo aver scontato una pena per contrabbando e associazione a delinquere.

Sul posto a osservare la strana linea della frenata e di una ruota che sembra aver perso inspiegabilmente aderenza, arriva il giovane pubblico ministero Mimmo Castelli.

Nel tentativo di ricostruire gli ultimi attimi di vita di Panuccio, Castelli percorre a ritroso i motivi del suo arresto, finendo con il mettere in luce le parentele tra imprenditoria e malavita, attraverso alcune figure di spicco in città e la ex moglie di Panuccio, affascinante e calcolatrice vedova nera.

Diviso tra una complicata vita personale e una continua riflessione morale e religiosa sul senso della giustizia e della responsabilità, Castelli si troverà a confrontarsi con desideri, imperativi e limiti, incapace di prevedere gli sviluppi non solo della sua indagine ma anche della sua coscienza.

Quali sono i limiti della giustizia umana? Quando e come bisogna affidarsi a quella divina? Cosa può fare l’uomo di legge di fronte al male degli uomini?

Sotto le vesti di un noir, Vins Gallico torna al romanzo per raccontare il labile confine tra il bene e il male, scegliendo come teatro la sua terra avvelenata dai malavitosi (dalla pagina del libro ).

Lo scrittore

Vins Gallico è nato a Melito di Porto Salvo (RC) nel 1976 e questa non è semplicemente una nota biografica bensì una caratteristica pulsante delle sue opere. In particolare con questo suo ultimo lavoro, Gallico torna nella sua terra. Lo fa non solo ambientandone il romanzo ma rendendo un luogo, lo stretto, pienamente protagonista della vicenda. Uno stretto sinesteticamente raccontato e ricevibile dal lettore nella dimensione olfattiva, visiva e quasi tattile. Un’atmosfera impalpabile ma misteriosa e maliarda. Come quando da bambini provavamo a raccogliere un pugno di mare con le mani e lo vedevamo sgocciolare via per riconfondersi con se stesso; immutabile e sempre diverso.

Il romanzo

Il romanzo è ambientato nella Reggio della prima metà degli anni 90′. Una città in cui, strizzando bene bene gli occhi, si poteva intravedere la speranza di una nuova “primavera” troppo breve ed effimera per coglierne la fioritura. In quegli anni finiscono nel tritolo le vite di Falcone e Borsellino, ma in generale finisce e si affievolisce, anche culturalmente, quella stagione di giudici che intrapresero una crociata sostenuta dalla fede verso uno Stato ideale e finirono ammazzati dallo Stato reale. Il protagonista, Mimmo Castelli è un giudice alle prime armi e al primo caso. Ma Castelli è anche un uomo che si trova a entrare davvero nell’età adulta, con tutti gli sconvolgimenti del caso (tra cui la paternità) e con la necessità di capire e scegliere come essere una persona giusta oltre il concetto giuridicamente nozionistico e necessariamente poco dinamico se paragonato alla vita reale. In particolare alla vita di una città come Reggio Calabria. Nella ricerca della coerenza con la propria idea di azione giusta sara fondamentale il supporto del suo padre spirituale; Don Farias. Del sacerdote si ricorda anche l’amicizia con Ivan Illich. Farias è veramente esistito e ha usato la sua vasta cultura per affrontare la “rassegnazione”; male atavico della città. In merito alla rassegnazione vi invito a soffermarvi nel discorso sulle “cufe”; la più amara, reale e precisa spiegazione che abbia mai letto o sentito sulla mia città. (pagg 140-141)

Il dio dello stretto

Il titolo è probabilmente il vero enigma di un giallo prevedibile nei colpevoli ma soprendente nelle azioni. Le vere domande non saranno: chi è l’assassino? Bensì esiste un dio dello stretto? E chi è? Forse si materializza nei momenti della particolare patologia di Castelli? Oppure ne è lui stesso la causa? Trovare le risposte spetta probabilmente alla vostra soggettività ma sicuramente proverete il piacere nel cercarle e la soddisfazione di rimanere insoddisfatti. Questo è certamente un merito narrativo dello scrittore.

Reggio; la malafemmena

Mi permetto di esulare – ma forse non troppo – dalla recensione per aggiungere qualche parola su Reggio Calabria i cui natali condivido con l’autore. Come dicevo Reggio è pienamente protagonista del romanzo e in alcuni passaggi la differenza tra attori e palcoscenico è indefinita. Una città forte che a volte da l’impressione di vivere anzichè farsi vivere. Forse sarò stato condizionato dalla mia percezione soggettiva ma sono riuscito a cogliere, nella penna di Gallico, quell’amore tossico che provo verso la mia Reggio. Per me le parole della malafemmena, la struggente poesia/canzone di Totò, hanno sempre perfettamente descritto il mio rapporto con la città. Tornando al romanzo, l’epicità della malafemmena reggina si rivede nei personaggi femminili del libro. Le prime pagine sono ambientate a Scilla e la mente riporta – come una risacca che sbatte sull’orologio dei tempi – gli inganni di Circe, l’orgoglio di Scilla e la prevaricazione offensiva di Glauco.

Conclusione

Un romanzo consigliatissimo con un’ottima e niente affatto banale cura delle scenografie. I personaggi principali sono ben costruiti e forse qualcuno è abbandonato troppo presto per esigenze di narrazione. Sono in molti infatti, a partire dallo stesso Castelli, ad avere le caratteristiche per “rivivere” in possibili successivi episodi di un’eventuale serie.

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