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Il romanzo che ha sconvolto l’America ed è entrato nell’immaginario collettivo di tutti noi, creando figure indimenticabili rese ancora più celebri dall’omonimo film di Mike Nichols.
Era il 1963 quando un giovane ventiduenne di nome Charles Webb esordiva con il suo primo libro: “il laureato“. Il testo, contro ogni sua aspettativa, lo avrebbe catapultato nell’Olimpo delle vendite e della fama, dalla quale cercherà sempre di distanziarsi (un po’ come accadde ad un altro suo contemporaneo altrettanto famoso e schivo). A 58 anni di distanza, “il laureato” continua ad affascinare grazie al vigore dei suoi dialoghi e della sua forza espressiva, segnando i dubbi di un’età incerta nella quale siamo passati o passeremo, prima o poi, tutti.
Charles Webb
Nasce il 9 giugno 1939 a San Francisco, crescendo poi a Pasadena, in California. Rifiutando l’eredità del padre (un facoltoso medico) si avvia assieme alla moglie Eve (che si fa chiamare “Fred”, si rasa i capelli e accoglie nuda gli ospiti) ad una vita di vagabondaggio. I due coniugi hanno svolto i lavori più umili che possano esistere: pulizie, raccoglitori di frutta, cuochi. Hanno addirittura dato via quattro case di fila, dormito in baracche e gestito un campo di nudisti nel New Jersey, in seguito ad una fuga per aver deciso di istruire i figli a casa (atto illegale a quei tempi in America).
Il primo libro di Webb è anche il più famoso: “Il laureato“. Quest’ultimo ha consegnato alla storia della letteratura mondiale personaggi indimenticabili (come dice Paolo Cioni), sullo sfondo di un’America ancora maledetta da Holden Caulfield, dietro ad una nuvola di fumo.
Benjamin Braddock e Mrs Robinson si inseriscono dunque in questo contesto, anche se sulla carta d’identità tutti vedono i volti di Dustin Hoffman e Anne Bancroft, diretti da Mike Nichols nell’omonimo film che consacrerà definitivamente i due (o meglio, i quattro) e scatenerà il successo planetario di Webb.
Non così liscia fu la pubblicazione del sequel “Home school” (Bentornata Mrs Robinson nella versione italiana), che vide infatti una travagliata gestazione tra copyright e rompicapi vari. Così 44 anni dopo l’esordio, Webb conclude la sua carriera letteraria grazie ad una vera e propria ringkomposition.
Morirà il 16 giugno 2020 ad Eastbourne.
La trama de “Il laureato“
È la più conosciuta ed entrata ormai nell’immaginario collettivo. Benjamin Braddock, appena laureato (attenzione al titolo di studio che in America non equivale al nostro), prende un aereo e torna a casa. I genitori hanno organizzato una grande festa con tutti gli amici di famiglia. In mezzo all’ilarità generale stona solo l’animo di Ben, pensieroso, confuso, in ansia per il futuro e perso solo come si può essere persi a vent’anni. Ritiratosi in camera sua, un’inaspettata visita segnerà, sino ad oggi, il concetto occidentale di “donna matura”:
Stava contemplando un lampione sulla strada quando si aprì la porta ed entrò Mrs Robinson, con un bicchiere in una mano e la sua borsetta nell’altra.
“Oh” disse. “Evidentemente questo non è il bagno.”
Il resto è storia: la relazione tra i due e quel nome che invece Ben ama realmente. Eleine, la figlia di Mrs Robinson. Corse, ripensamenti, discussioni e fughe si susseguono, nell’intento del ragazzo di (ri)conquistare la donna con la quale vuole passare il resto dei suoi giorni.
Prima che l’autobus parta per sempre.
I temi de “Il laureato“
Come spesso accade per gli scrittori, i personaggi di Webb agiscono come avrebbe agito lui stesso. Nella sua opera non mancano infatti evidenti accenni autobiografici. Partendo con ordine, però, segnaliamo quali sono i temi attorno ai quali ruota il libro.
L’argomento principale è sicuramente la presenza di una borghesia falsa ed ipocrita, come dice ad un certo punto Benjamin:
Per quattro anni da queste parti io sono stato un maledetto… un maledetto trofeo, uno status symbol per tutti voi.
Umiliante (forse la parte più cattiva del romanzo)è la scena in cui Ben è costretto ad “esibirsi” nella piscina dopo aver ricevuto per regalo una muta da sub, tra le risate e gli scherni dei vicini. Webb dissemina altri indizi dell’America anni ’50-’60 (alla Holden come già accennato) e delle classi agiate che egli stesso, almeno in giovane età, ha conosciuto. Quando i Braddock insistono affinché il figlio porti fuori a cena Eleine, il padre dice:
Be’ Ben, perché loro si sono sempre interessati a quello che fai e hanno fatto delle cose per noi e questo è un buon sistema per mantenere buoni rapporti tra le due famiglie.
Ricollegandoci alla parte autobiografica, Webb ha rinunciato a tutta la cospicua eredità paterna; questo atteggiamento è totalmente riscontrabile in Benjamin, il quale dà davvero poca importanza al denaro e arriva addirittura a vendere la macchina nuova di zecca regalatagli da padre.
Lasciando da parte il lato economico, non si può non considerare il tema dello “smarrimento giovanile”. Fin dal suo rientro Ben ha qualcosa che non va; ha capito l’inutilità dell’istruzione intesa come “titoli” e “fogli di carta”. Proprio per questo esprime il desiderio (come farà nel suo viaggio) di lavorare con gente povera, umile, semplice. Come dice spesso, tutto gli sembra diventato “grottesco”, effimero. Forse neanche lui sa cosa lo turba: “tutto questo“, si limita a dire. Un “tutto questo” che però comprende un’infinità di meccanismi sociali, economici, lavorativi.
Lo spaesamento conduce alla noia, sentimento che condivide con l’annoiatissima Mrs Robinson. “È maledettamente bella, ma non è onesta, Ben”: così la descrive Mr Braddock. Una relazione col marito ormai deteriorata e una dipendenza dall’alcol la spingono a sedurre il giovane Ben. Quest’ultimo immortala il momento con una delle frasi più celebri del cinema e della letteratura:
Mrs Robinson, you’re trying to seduce me
Il solo desiderio sessuale non sfama però Ben, che tenta di conversare e rafforzare di conseguenza il rapporto con la donna, la quale non ha però niente da dire. Tutt’altro è il sentimento che il giovane prova per Eleine: la ragazza si contrappone (come purezza e libido) alla madre.
Lo stile di Webb
Si potrebbe definire il romanzo un “grande dialogo“. Non esagero se dico che l’85% (più o meno) del libro è composto da scambi di battute interminabili, come potremmo trovare in un testo teatrale. La bravura di Webb sta nel renderli lisci, leggeri, armoniosi, seppur costellati da esclamazioni, ripensamenti, domande, gemiti. I tre puntini di sospensione lasciano sempre il dubbio sulle vere parole del personaggio, colmate subito dopo dall’attacco dell’interlocutore: senza nulla togliere ai signori Calder Willingham e Buck Henry, ma la sceneggiatura del film era già bell’e pronta.
L’autorevolezza dei dialoghi permette all’autore di escludere le descrizioni, praticamente quasi inesistenti. Flussi di coscienza, soliloqui, dilemmi interiori: Joyce ormai è un miraggio e Schnitzler solo un lontano sogno. Le parole smorzate, trattenute, urlate, parlano direttamente al cuore del lettore e a quello di tutta l’America.
Conclusione
“Il laureato” è in sostanza una di quelle opere che hanno segnato un’epoca: vuoi per il film, la mano del regista e la bravura degli attori; vuoi anche che tutto ciò non sarebbe esistito senza quella penna nomade di Charles Webb. Umile, stringata, diretta. Attinge da una probabile esperienza personale per descrivere l’America (ormai post-sogno) degli anni ’50-’60, dove Gatsby non organizza più le sue caleidoscopiche feste ma Holden fuma una sigaretta e Mrs Robisnon beve un bicchiere. L’America ipocrita, la Pasadena benestante dalla quale, sia l’autore che il personaggio, vogliono fuggire.