Indice dei contenuti
La favola de “Il meraviglioso mago di Oz”
La favola “Il meraviglioso mago di Oz” è tra le storie più singolari e uniche di fine 800. È un romanzo per ragazzi di L.Frank Baum, illustrato la prima volta da Willims Wallace Denslow e pubblicato da George M. Hill Company a Chicago a maggio del 1900. La collaborazione tra l’autore e l’illustratore si interrompe nel 1902 per un alterco sui diritti d’autore dello spettacolo teatrale che stavano preparando: un’adattamento della favola appunto de “Il mago di Oz”. Denslow si occupava delle scene e dei costumi, Baum della sceneggiatura.
Interpretazione della favola in chiave politica
Secondo i biografi, Baum fu un attivista politico, con una particolare attenzione sulla situazione monetaria dell’oro e dell’argento. Lo storico americano Henry Littlefield considera “Il meraviglioso mago di Oz” un’allegoria del dibattito sulla politica monetaria degli Stati Uniti.
Anche lo storico economista americano, Hugh Rockoff considera “Il meraviglioso mago di Oz” un’allegoria del dibattito sulla politica monetaria degli Stati Uniti. Lo storico dà una peculiare spiegazione dei personaggi della storia di Baum, identificandoli con elementi socio-politici dell’epoca e che pubblica nel 1990 un articolo nel Journal of Political Economy:
Dorothy Gale: i valori tradizionali americani
Totò: il partito dei proibizionisti detto anche degli Astemi (da teetotaler, appellativo dei membri del movimento proibizionista, favorevoli al sistema bimetallico);
lo Spaventapasseri: gli agricoltori (classe agricola)
Il Taglialegna di latta: i lavoratori dell’industria (classe operaia)
Il Leone codardo: William Jennings Bryan candidato dei democratici alla presidenza degli Stati Uniti d’America, che incentrò la sua campagna elettorale sul ritorno del sistema bimetallico (oro e argento)
i Ghiottoni: le banche dell’est
La Malvagia Strega dell’Est: il banchiere John Pierpont Morgan
la Malvagia Strega dell’Ovest: John Davison Rockefeller
Le scimmie alate: gli afroamericani
Oz: abbreviazione di Ounce of Gold, ovvero oncia
Il Mago di Oz: Marcus Alonzo Hanna, al tempo presidente del Partito Repubblicano
la strada di mattoni gialli: il sistema aureo (Gold standard)
il ciclone: lo sconvolgimento economico e politico americano
la Città di Smeraldo: Washington
il palazzo del Mago di Oz: la Casa Bianca
le scarpette d’argento: il movimento argentista, sostenitore del coniaggio illimitato dell’argento. (Fonte Wikipedia)
Interpretazione della favola in chiave psicologica: Lewin “il padre fondatore”, La teoria del campo psicologico, Il gruppo, La dinamica dei gruppi
Immaginiamo un gruppo di mutuo aiuto nel mondo di oggi, o di qualche tempo fa. Meglio dire, immaginiamo un gruppo di mutuo aiuto nel mondo di oggi cioè nell’era digitale e molto social, o un gruppo di mutuo aiuto di qualche tempo fa cioè nell’era analogica.
Tuttavia, prima di fare questo, è necessario dare la spiegazione di alcuni termini e teorie riguardanti i gruppi e il sociale, risalendo alle origini e al “padre fondatore”.
Lewin “il padre fondatore”
Tra i padri fondatori della psicologia sociale tutti riconoscono un posto particolare a Kurt Lewin, nato a Mogilno nel 1890, studente a Berlino all’inizio del Novecento, affiliato alla scuola gestaltista ed emigrato nel 1933 negli Stati Uniti. Grazie a lui la psicologia sociale americana giunse a livelli elevati. Il suo lavoro è stato costantemente caratterizzato dall’interesse per i problemi concreti e contemporaneamente per i problemi di fondazione teorica, le questioni epistemologiche e la concettualizzazione matematica.
I suoi contributi spaziano su diversi fronti. Dal punto di vista epistemologico, Lewin propose la famosa distinzione tra concezione aristotelica e concezione galileiana della scienza. La prima giunge a una conoscenza di tipo classificatorio: si basa sull’assunto che gli eventi che si possono studiare scientificamente sono solo quelli che si ripetono con una certa frequenza e che quindi consentono di dedurre leggi stabili ed elementi comuni.
La seconda è di natura genetico-condizionale: sostenendo che tutti gli eventi seguono delle leggi, anche quelli più rari e inconsueti, tale concezione non focalizza l’attenzione sugli elementi comuni o costanti, ma piuttosto sul rapporto che intercorre tra il loro verificarsi e la presenza nell’ambiente di determinate condizioni.
La teoria del campo psicologico
La notorietà giunse per Lewin con la proposta della Teoria di Campo che egli stesso definisce più come un metodo: “Un metodo di analisi delle relazioni causali fra eventi e di produzione di costrutti scientifici, orientata a fornire una comprensione scientifica dei fatti sociali” (Lewin, 1951, trad. it 1972, p. 69). Assunto di base della teoria è che qualsiasi comportamento entro un campo psicologico dipende dalla configurazione del campo nell’hic et nunc, ossia in quello specifico momento (principio di contemporaneità).
Lungi dall’espungere la dimensione temporale, “Il campo psicologico che esiste in un dato momento contiene anche punti di vista da cui l’individuo guarda al suo futuro e al suo passato”. Il campo viene definito come la totalità dei fatti coesistenti nella loro interdipendenza. Le leggi del campo, quindi, non derivano dalle caratteristiche dei singoli elementi presenti in esso, ma dalla sua configurazione globalmente considerata, dall’energia che il campo possiede e dalla direzione delle forze.
Nel campo dinamico, un sistema di forze. Come ben evidenzia Amerio, per Lewin “Le proprietà di ogni fatto derivano dalla relazione con tutti gli altri fatti presenti e in base questo sistema di interrelazioni ogni fatto trova la sua spiegazione e la sua funzione a nel concorrere alla dinamica del sistema” (1995, p. 104). Considerando i fatti esistenti in uno specifico momento, Lewin individua tre ambiti in cui i mutamenti sono di particolare interesse:
1) Lo spazio di vita, ossia la relazione tra persona (P) e ambiente psicologico (A) così come viene visto da essa. Di qui, la nota equazione di Lewin C = f (PA), ossia il comportamento di una persona è funzione sia di elementi personali sia di elementi ambientali.
2) Lo spazio di vita della persona include i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue motivazioni, la sua struttura cognitiva, i suoi ideali.
3) I fatti che, anche se presenti nel mondo fisico e sociale sulla persona, non entrano nel campo psicologico non avendo effetti diretti fatti posti nella zona di confine o di frontiera tra lo spazio di vita e il mondo esterno in un processo d’interscambio attraverso processi percettivi. Osservando questa zona è possibile comprendere i mutamenti del campo e la direzione in cui possono avvenire (David G. Meyers et al., Psicologia Sociale , McGraw Hill Education).
Costrutto di campo e significato della “field-tbeory”
A questo programma teorico-metodologico di analisi genetico-costruzionale della situazione globale, del sistema di relazioni che collegando fattori in gioco contribuisce a dare senso al fenomeno, offriva una indubbia base quella teoria di campo che, elaborata dalla fisica moderna post-meccanicistica, era già stata largamente utilizzata in psicologia dalla teoria gestaltista.
La proprietà fondamentale del concetto di campo nelle scienze fisiche è, per quanto qui ci interessa, che esso permette di ragionare sui fenomeni non più sulla base delle caratteristiche dei corpi che nel campo si situano (ad es. massa, volume, ecc.) e sulle forze che un corpo può esercitare sull’altro (ad es. attrazione, spinta, ecc.), ma sulla base della configurazione del sistema globale in cui i corpi sono compresi e che essi stessi contribuiscono a formare con il loro sistema di relazioni, sulla base dell’energia che il campo possiede e della direzione delle forze in gioco oltreché dell’ampiezza delle forze stesse.
Occorre ricordare che il campo è un sistema dinamico, cioè essenzialmente un sistema di forze. Come notano Einstein e Infeld: C’è bisogno di una grande immaginazione scientifica per concludere che non sono le cariche né le particelle, ma il campo compreso nello spazio tra le cariche e le particelle che e essenziale per la descrizione dei fenomeni fisici. [Einstein e Infeld 1938, 259].
Le leggi di un campo non dipendono pertanto dalle caratteristiche singole degli elementi presenti nel campo, ma dalla configurazione dal movimento (interno) del campo globalmente considerato. Gli eventi che si verificano in un campo dato, ad un momento dato, non hanno quindi altra spiegazione valida se non quella che deriva dalle proprietà del campo stesso, così come esso è, in quel momento in cui l’evento si verifica (qui ed ora, here and now nella celebre formulazione di Einstein ed Infeld).
Ad una spiegazione dei fenomeni basata sulla causalità temporale (ciò che avviene prima è causa di ciò che avviene dopo) si sostituisce quindi una spiegazione basata sulla dinamica del sistema che comprende gli elementi in gioco: con una specifica enfasi sull’elemento in sé ma sulla relazione tra gli elementi.
Questi concetti stanno alla base del metodo con cui Lewin affronta lo studio dei fenomeni psicologici psicosociali e “in riferimento alla situazione concreta considerata nel suo insieme”. Più che una teoria dei fenomeni in sé, il costrutto di campo e quindi un metodo generale di approccio (Amerio P. Teorie in psicologia sociale).
Il gruppo
La parola “gruppo” usata in riferimento a situazioni e a insiemi di persone differenti: una classe, gli amici, le persone che tifano per una certa squadra di calcio. Molti cercatori (Speltini e Palmonari, 1999; Zazzo, 1986-1987; Brown, 2000) concordano nell’affermare che non esiste una definizione univoca di gruppo.
La parola “gruppo” infatti, è entrata a far parte del linguaggio quotidiano, del senso comune e, spesso, sostituisce o è usata come sinonimo di aggregazione di persone che non necessariamente sono gruppi. Vi sono numerosi significati associati tale termine.
Per alcuni (Lewin, 1948; Campbell, 1958; Rabbie e Horwitz, 1988) il fattore che determina un gruppo è la presenza di un “destino comune”. Il classico esempio degli ebrei perseguitati nell’Europa nazista permette di comprendere come, a causa del loro destino comune, queste persone si potessero definire appartenenti a uno stesso gruppo.
Brown propone quella che oggi è la definizione di gruppo più accreditata: un gruppo “esiste quando due o più individui definiscono se stessi come membri gruppo un insieme di due o più persone che condividono un destino di quel gruppo e quando la sua esistenza è riconosciuta comune che li porta a qualche da almeno un’altra persona” (Brown, 2000, p. 17) (David G. Meyers et al., Psicologia Sociale , McGraw Hill Education).
Immaginare un gruppo di mutuo aiuto originale nell’era analogica: i personaggi de “Il Mago di Oz”.
In questa storia di L. Frank Baum, pubblicata nei primi del ‘900, una ragazzina – Dorotea e Totò – il suo cagnolino – in seguito a un terribile tornado che spazzò via la loro casa, strappandoli alle amorevoli cure degli zii, si ritrovano in un posto sconosciuto e meraviglioso, meraviglioso, sì, ma questo non vuol dire che la bambina non fosse spaventata, tutt’altro. Dorotea per tornare a casa, deve intraprendere un viaggio e arrivare fin dove vive il Mago di Oz che l’aiuterà a ricongiungersi con gli amati zii. Lungo il cammino, incontra “strani” personaggi.
Lo Spaventapasseri che voleva un cervello e decise di intraprendere il viaggio con lei, in fondo se il mago poteva far tornare a casa la bambina, forse avrebbe potuto donare a lui un cervello. Lungo il tragitto, incontrano il Taglialegna che necessitava di un cuore. L’ultimo personaggio che si unì al gruppo fu il Leone che era in cerca di coraggio.
Durante il percorso per raggiungere il Mago, affrontano mille insidie, ognuno dimostrando di avere quel che pensava gli mancasse, attraverso prove ardue, difendendo ogni singolo componente del gruppo e la leadership, cioè Dorotea, non si arrende mai.
Ad un certo punto, dopo aver affrontato una foresta nera, la combriccola si ritrova di fronte un baratro dove vivono terribili Orsi-Tigre con unghioni affilati e molto aggressivi che spaventano Il Leone. Dorotea chiede al gruppo come possono affrontare tutto ciò.
Il modo per passare, fu suggerito dallo Spaventapasseri: il Taglialegna taglia un albero altissimo e la sua cima cade oltre l’abisso creando un ponte. Giunti sull’altra sponda, iniziarono a ballare di gioia… Questo episodio, mostra nella sua completa semplicità, come un soggetto che crede di essere senza cervello, fornisce la soluzione a un problema di ampia portata, e come tutti i membri del gruppo, hanno appoggiato l’idea e collaborato per realizzarla, fidandosi l’uno dell’altro e di quella soluzione fornita. Affrontano un pericolo, un vuoto con un ponte “stupendo” inesistente. I personaggi “strani”, si aiutano a vicenda, rendendo il gruppo forte, anche se ognuno ha il suo obbiettivo (Baum, 1985).
Ora, è necessario soffermarsi un attimo sull’aggettivo “strani”. Strano sul dizionario Oxford Language, vuol dire: “Difforme dal consueto o dal normale, da suscitare perplessità, sorpresa o anche singolare interesse e curiosità.” Philip Zimbardo ha affermato: “Normale, aggettivo denso di pregiudizi.” (Zimbardo, 2008).
Il bisogno umano di appartenenza
Il fondamentale bisogno umano di appartenenza viene dal desiderio di stare con gli altri, di cooperare, di accettare le norme del gruppo. Il bisogno di appartenenza può anche essere pervertito in eccessivo conformismo, acquiescenza e ostilità fra ingroup e outgroup. Il bisogno di autonomia e quello di controllo, le forze più importanti per l’auto direzione e la programmazione, possono essere pervertiti in eccessivo esercizio del potere per dominare gli altri o in impotenza appresa.
È necessario considerare altri tre bisogni che possono avere a seconda dei casi implicazioni positive o negative. In primo luogo il bisogno di coerenza e razionalità dà alla nostra vita una direzione sensata e saggia. Il bisogno di conoscere e comprendere il nostro ambiente e il nostro rapporto con esso conduce alla curiosità, alla scoperta scientifica, alla filosofia, alla letteratura e all’arte. Ma un ambiente capriccioso, arbitrario, privo di senso può pervertire quei bisogni fondamentali e condurre alla frustrazione e all’autoisolamento.
Infine il bisogno di stimoli spinge all’esplorazione e all’assunzione di rischi avventurosi, ma può anche renderci vulnerabili alla noia, quando ci ritroviamo in un contesto statico. E la noia, a sua volta, può diventare una potente motivazione ad agire. Tuttavia è necessario considerare la possibilità che ciascuno di noi abbia il potenziale, o gli schemi mentali, per poter essere santo o peccatore, altruista o egoista, gentile o crudele, sottomesso o dominatore, sano o pazzo, buono o cattivo. Forse, l’essere umano è nato con una dotazione completa di capacità, ognuna delle quali si attiva e si sviluppa a seconda delle circostanze sociali e culturali che regolano la propria vita.
Ciascuno di noi è il prodotto finale del complesso sviluppo e specializzazione, frutto di milioni di anni di evoluzione, crescita, adattamento e capacità di risolvere i problemi. La nostra specie ha un posto speciale sulla Terra per via della sua straordinaria capacità di apprendere, parlare, ragionare, inventare e immaginare forme nuove e migliori di futuro. Ogni essere umano ha il potenziale per perfezionare le doti e le caratteristiche necessarie per andare oltre la sopravvivenza, sviluppando e migliorando la propria condizione (Zimbardo, P. 2008).
Lewin e la favola de “Il mago di Oz”
È facile collegare la favola de Il Mago di Oz, alle teorie di Lewin, uno dei padri fondatori delle psicologia sociale, vissuto la prima metà del ‘900. Lewin è uno psicologo tedesco e uno dei primi ricercatori a studiare le dinamiche dei gruppi e lo sviluppo delle organizzazioni, ed è un affiliato alla scuola gestaltista. Nasce in Polonia, da famiglia ebrea. Nel 1910 la famiglia si trasferisce a Berlino.
Nel 1926 diviene professore di psicologia e filosofia all’Università di Berlino ed entra in stretto contatto con Kohler e Wertheimer. Alla fine degli anni ‘20 Lewin diviene noto tra gli Psicologi americani e sono tradotti in inglese e pubblicati molti suoi scritti. Nel 1933, a causa del nazismo, Lewin emigra negli USA, accolto dalla Cornell University e dall’Università dello Stato dello Iowa dove si trasferisce. Nel 1944 fonda e dirige il Centro di ricerca per la dinamica di gruppo al Massachusetts Institute of Technology (MIT dove fonda il centro per la dinamica del gruppo) e collabora con il Tavistock Institute of Human Relations di Londra. Il MIT diviene dopo la morte di Lewin nel 1947 la più importante istituzione statunitense di ricerca sociale e psicologica applicata. Nel 1947, dai due istituti (MIT e Tavistock Institute), nasce la rivista “Human Relations”. Il 12 Febbraio 1947 muore a Newtonville (Amerio 1982).
La teoria del campo nel Mago di Oz
I personaggi de Il Mago di Oz, affrontano un viaggio alla ricerca ognuno di qualcosa di personale, guardando il futuro e tenendo bene a mente il passato, collaborano in ambienti e situazioni diverse, ognuno con la propria “cultura” poiché sono personaggi “strani” ognuno diverso dall’altro, si aiutano a vicenda senza essere influenzati da che cosa è accaduto nella loro vita passata e l’assunto di base della teoria di Lewin è che qualsiasi comportamento entro un campo psicologico dipende dalla configurazione del campo “nell’hic et nunc”: «il campo psicologico che esiste in un dato momento, contiene anche i punti di vista da cui l’individuo, guarda al futuro e al passato».
Il campo viene definito come la totalità dei fatti coesistenti nella loro interdipendenza. Le leggi del campo quindi non derivano dalle caratteristiche dei singoli elementi presenti in essi, ma dalla sua configurazione globalmente considerata, dall’energia che il campo possiede e dalla direzione delle forze. Il campo è un sistema dinamico, un sistema di forze. Lewin individua tre ambiti in cui i mutamenti sono di particolare interesse: Lo spazio di vita, ossia la relazione tra persona (P) e ambiente psicologico (A) così come viene visto da essa. Di qui la nota equazione di Lewin: C=f (PA), Ossia il comportamento di una persona è in funzione sia di elementi personali sia di elementi ambientali. Lo spazio di vita della persona include i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue motivazioni, la sua struttura cognitiva, i suoi ideali.
I fatti che, anche se presenti nel mondo fisico e sociale, non avendo effetti diretti sulla persona, non entrano nel campo psicologico. I fatti posti nella zona di confine o di frontiera tra lo spazio di vita e il mondo esterno in un processo di interscambio attraverso processi percettivi. Osservando questa zona è possibile comprendere i mutamenti del campo è la direzione in cui possono avvenire (Myers et al., «a cura di», 2019).
Gruppo come campo unitario dinamico nel Mago di Oz
Le dinamiche di Gruppo, è un altro contributo importante per la psicologia sociale, fornita da Lewin. Risalire all’etimologia della parola “gruppo” già di per sé spiega un’infinità di cose. Un gruppo è una complessità dinamica nella realtà quotidiana. Il termine gruppo deriva da “groppo” in italiano “nodo”, il nodo ci fa pensare a qualcosa che unisce, che tiene saldamente le parti legate l’una alle altre, è interessante la definizione di Aymard, (2003, pag 27): «Assemblaggio, qualcosa che riunisce, lega tra loro molteplici elementi ma anche che trattiene, che imprigiona: qualcosa che lega o immobilizza, mette in gioco la natura tra le parti a seconda che i rapporti siano diretti o indiretti».
Gruppo risale anche alla parola germanica “kruppa”, ovvero matassa arrotolata e indica l’esito di un fitto intreccio di legami, rinvia a una dimensione multipersonale e fa esplicito riferimento alla coesione che stringe insieme i membri che ne prendono parte (Meyers et al, «a cura di», 2019). Dunque: “il campo psicologico” è determinato dall’individuo e dal sua ambiente. Da che cosa è formato invece il campo sociale? Dal gruppo e dal suo ambiente. Lewin vede il gruppo come un solo fenomeno, non come l’insieme di più fenomeni, una unità unica quindi, una totalità.
Il gruppo è una struttura in continuo divenire, complessa in quanto entrano in gioco più relazioni, ruoli, canali di comunicazione, esercizi di potere. Non è quindi una realtà statica ma dinamica e racchiude in sé conflitti, forze e tensioni che producono mutamenti. Nel gruppo l’azione di ogni persona modifica sia le altre persone che il gruppo stesso, ed anche la sua azione – cioè, del gruppo –, viene modificata sia dalle azioni sia dalle reazioni degli altri. Questo comporta cambiamenti e riequilibri. Nonostante il gruppo sia dinamico, tenderà sempre all’equilibrio, attraverso l’assestamento tra forze che tendono all’unione e forze che tendono alla disgregazione.
Nella storia de “Il Mago di Oz”, dopo varie peripezie, ognuno dei personaggi ottiene dal Mago, quello per cui ha intrapreso il viaggio, tranne una persona del gruppo. Ovvero: Lo Spaventapasseri ottiene gli “spilli di intelligenza” nella sua testa di paglia, il Taglialegna un cuore di raso rosso imbottito di segatura, infine il Mago fa bere al Leone un liquido misterioso e amaro per renderlo coraggioso. È però esplicativo lungo il corso della storia che ognuno, ha dimostrato di avere quello che non pensa di possedere durante il viaggio.
La leadership del gruppo, Dorotea, per una serie sfortunata di eventi, non ha ottenuto quello che desiderava e cioè tornare a casa. Che cosa ha fatto il gruppo al riguardo? Si è sciolto? Affatto. Ha affrontato un ultimo viaggio per aiutare Dorotea ad ottenere quello di cui aveva bisogno. E questo è un piccolo gruppo sociale di persone che interagiscono costantemente, come lo avrebbe definito Lewin. Pertanto indagare sulla relazione tra ciò che siamo (il dentro) e ciò che facciamo (il fuori) è essenziale.
Che cos’è invece un atteggiamento?
Un atteggiamento, è una valutazione positiva o negativa di una persona o di un evento e alla disposizione comportamentale che ne deriva. In ogni momento della vita, si esprimono continuamente atteggiamenti rispetto a eventi, oggetti, persone. Il sé è una “creatura” destinata a danzare in ogni momento: in un contesto sociale, in un gruppo, anche quando è sola, balla con se stessa. E se ha il coraggio, si guarda attraverso uno specchio e non ne osserva solo la superficie: ma quando è nel suo gruppo, quando affronta la società, scava dentro di sé e allora riesce ad attraversare lo specchio, un abisso che nasconde la sua storia, e la storia dell’essere umano. L’essere umano si basa su affetti, su comportamenti, su cognizioni.
Ad esempio Oz, personaggio de Il Mago di Oz, ha un atteggiamento positivo riguardo la magia (Affect), ne conosce le proprietà, fa il ventriloquo – fa credere alla gente del posto, in cui arriva per puro caso, di essere un mago, convincendoli a costruire la città verde, il palazzo e gli occhiali di smeraldo – (Behaviour) e conosce la magia di un eloquio raffinato (Cognition). Queste tre componenti: Affect, Behaviour, Cognition, sono l’ABC del comportamento. Gli atteggiamenti ci aiutano a conoscere e capire il mondo, a interpretarlo, a dargli un senso e consentono di rinforzare la propria identità attraverso l’espressione dei valori che riteniamo importanti. Gli atteggiamenti hanno inoltre, la difesa dell’io, in quanto aiutano le persone a conseguire un’identità più positiva.
La funzione ego difensiva corrisponde al concetto di meccanismo di difesa: la persona a contatto con le realtà, interne e/o esterne, sgradevoli, serve di fatto a ridurre l’ansia che sorge quando l’Io si sente minacciato. Alcuni studi che hanno analizzato il funzionamento del cervello quando si incontrano persone, oggetti o si vivono certe situazioni, hanno mostrato come l’amigdala sia coinvolta nelle prime impressioni sia positive, sia negative (Meyers, D. G. et al., «a cura » 2019).
Dalla Tesi di Cristina Desideri: “Attraverso uno specchio – Il sé, l’influenza sociale, conformismo e obbedienza”, Capitolo 3: Hic et nunc, Kurt Lewin e la sua nota equazione: C = f (PA).
Nell’era del digitale e dei social
Ora, portiamo i personaggi de “Il mago di Oz” nell’era digitale, o meglio nell’era dei social, immaginiamo cosa posterebbe Dorothy su Instagram, essendo lei definita dallo storico Rockoff “i valori tradizionali”:
Video