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Il modello curdo, quello del Confederalismo democratico, ideato da Öcalan e realizzato praticamente nella regione del Rojava, potrebbe essere l’unica soluzione al conflitto israelo-palestinese.
Cosa succede in Palestina?
In Palestina tornano a farsi risentire i vecchi contrasti con lo stato di Israele. Questa volta a riaccendere il conflitto è stato lo sfratto forzato di palestinesi da Gerusalemme Est. Queste iniziative aggressive da parte degli israeliani hanno diverse ragioni. La principale è di politica interna. Netanyahu, leader del partito nazionalista Likud, sente il bisogno di rafforzare il proprio consenso dopo diverse elezioni che non gli hanno dato i numeri per una mandato pieno.
Oltre la ragione populista, un’altra ragione potrebbe essere di tipo strategico-militare. Il controllo della regione attraverso l’insediamento di coloni ebraici e l’allontanamento degli arabi. Israele nasce grazie a politiche che hanno favorito la migrazione di ebrei provenienti da altri stati. E questo continuo flusso di ebrei nello stato israeliano viene considerata un’opportunità per prendere il controllo fisico della regione.
Storia recente della Palestina
La Palestina durante il mandato britannico
La storia della Palestina comincia con la fine della Prima Guerra Mondiale e del controllo sulla regione palestinese da parte dei turchi ottomani. Dopo la guerra i britannici ne assunsero il controllo spartendosi le regioni mediorientali con la Francia. Il Regno Unito con la Dichiarazione Balfour del 1917, lettera del Ministro degli Esteri Balfour al Lord Rothschild, si impegnava a creare in Palestina un “focolare nazionale” del popolo ebraico che non ledesse i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina.
Il primo Libro bianco, leggi e misure britanniche, del 1922 dichiarava il diritto delle popolazioni ebraiche a tornare in Palestina e che questa regione non poteva essere considerata esclusivamente ebraica. Con il terzo Libro bianco del 1939 si limitava a 75.000 persone il flusso migratorio di ebrei in Palestina per i successivi 5 anni. Il terzo Libro bianco dichiarava di voler conservare uno stato palestinese unitario, che non si voleva trasformare la Palestina in uno stato ebraico e che nel 1949 la Palestina sarebbe diventata indipendente.
Palestina e Israele dopo la Seconda Guerra Mondiale
Con la fine della guerra l’Onu istituì un comitato speciale per la Palestina. Si decise che la soluzione migliore fosse quella dei due stati per accontentare entrambe le fazioni. Gerusalemme sarebbe rimasta sotto il controllo Onu. La Risoluzione 181 fu votata favorevolmente. Dopo questa risoluzione cominciarono i conflitti tra i gruppi paramilitari sionisti e quelli organizzati dalla Lega Araba che rifiutava la risoluzione dell’Onu e preferiva un solo stato Palestinese.
Con il Piano Dalet (marzo 1948), i gruppi ebraici prendevano il controllo della regione e di quelli che consideravano i confini del futuro stato ebraico. Nel 1948 fu dichiarato lo stato ebraico. Al conflitto seguirono diverse tregue mediate dall’Onu. Nel 1949 Israele firmò l’armistizio con gli stati arabi che presero parte al conflitto. Ai palestinesi rimasero la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. 711.000 dovettero abbandonare le proprie terre durante il conflitto.
La guerra dei sei giorni
Nel 1967 si combattè una guerra tra Israele e gli stati arabi di Egitto, Giordania, Siria. In 10 giorni Israele riuscì a vincere la guerra occpuando la penisola del Sinai, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e le alture del Golan. La penisola del Sinai tornerà sotto il controllo egiziano nel 1978 con gli accordi di Camp David.
Palestina oggi
A governare le regioni della Striscia di Gaza e della Cisgiordania è l’Autorità Nazionale Palestinese. Nel 2013 l’ANP prende il nome di Stato di Palestina ma lo stato palestinese non è riconosciuto se non dalla Svezia (2014). L’autorità palestinese dal 2012 è stato osservatore all’Onu. Nel dicembre 2014 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu rifiuta la risoluzione per l’istituzione di uni stato palestinese. Decisiva è l’astensione del Regno Unito. Votano contro Stati Uniti e Australia.
Popolazione ebraica in Palestina e poi in Israele
Nel 1922 la popolazione ebraica in Palestina era di 83.000 persone su 752.000. I cristiani erano numericamente di poco inferiori con una popolazione di 72.000 persone. Molto importante era la presenza di nomadi beduini (100.000 persone) che si spostavano con le loro mandrie. Nel 1947 la popolazione ebraica era arrivata a 610.000 persone grazie sia alla migrazione regolata dal Libro bianco, che a quella irregolare.
Con la nascita dello stato di Israele nel 1948 furono abrogate le misure del Libro bianco e si permise di ricevere un flusso migratorio di 10.000 persone ogni mese.
Nel 2006 Israele ha una popolazione di 7 milioni di abitanti di cui il 76% sono ebrei ed il 20% arabi. Sono presenti anche minoranze druse, cattoliche e di altre religioni.
Öcalan e il confederalismo democratico
Nel 2005 Abdullah Öcalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan pone le basi per una nuova base ideologica del suo partito. Da una impostazione marxista-lininista si sposta verso una ideologia socialista che riesca a realizzare praticamente la democrazia ispirandosi al municipalismo libertario di Murray Bookchin.
Il modello organizzativo del movimento curdo supera le concezioni di stati e confini. I suoi pilastri sono l’ecologismo, il femminismo e la convivenza pacifica di etnie e religioni diverse. L’organizzazione sociale si basa sulla partecipazione dal basso alle decisioni della comunità. Vi sono assemblee di comunità, assemblee di quartiere e di città. Ogni unità amministrativa ha delle commissioni che la aiutano a gestire il territorio. Commissioni sull’economia, sull’ecologia, sull’educazione, sui diritti delle donne.
Risolvere il conflitto israelo-palestinese
Per risolvere il conflitto israelo-palestinese bisogna andare oltre quello che è l’oggetto della disputa. Il controllo del territorio, i confini, la supremazia di una religione o di una etnia. Se partissimo da questi parametri per provare a risolvere il conflitto non faremo altro che inasprirlo. Israele ha occupato gran parte della Palestina, insediato i coloni e non sarebbe disposto a tornare indietro, a rinunciare a parte del territorio. Nè possiamo immaginare di risolverlo in altro modo.
La soluzione dei due stati
La soluzione dei due stati sembra quella più adatta per soddisfare le ambizioni di entrambi i popoli ad avere un proprio stato. Questa soluzione sembra, però, molto difficile da raggiungere. In primo luogo per la non continuità dei territori, soprattutto per la Palestina per la situazione attuale. Ma anche per la continua politica espansionista di Israele che incentiva nuovi insediamenti di coloni in Cisgiordania. Israele, con una soluzione del genere, avrebbe problemi a convincere i coloni a tornare nei propri confini. Da un punto di vista politico e del consenso, una soluzione di questo tipo, non gioverebbe ai leader israeliani che preferiscono politiche aggressive e populiste.
Il modello curdo in Israele e Palestina
Proviamo, allora, ad immaginare un non-stato, una regione israelo-palestinese composta da comunità locali che si autogovernano. Piccole assemblee formate dagli abitanti che eleggono i loro rappresentanti nel rispetto di tutte le minoranze, formano commissioni per l’organizzazione e la gestione delle feste religiose di tutti i gruppi che ne fanno parte.
Probabilmente questa potrebbe essere l’unica soluzione al conflitto. Ma potrebbe essere una esperienza che potrebbe consolidare un modello di organizzazione sociale anticapitalista, ecologista, femminista. Se si provasse a sperimentare il municipalismo libertario in Israele e Palestina verrebbero meno le ragioni del conflitto. Ma si darebbe prova di come si potrebbe vivere in ogni parte del mondo senza guerre, senza armi e senza sfruttamento.