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Questo breve testo di Vanessa Roghi “Le parole per parlare”, edito da Edizioni EL (Einaudi Ragazzi), come scrive l’autrice nell’introduzione, è: “un libro sulle parole, su alcune parole, sulla loro storia, sulle parole che hanno cambiato il corso della storia”.
Vanessa Roghi
Ha insegnato Storia contemporanea all’Università Roma Tre, Storia e TV nella Facoltà di Lettere della Sapienza Università di Roma e studia storia della cultura. Per Einaudi ha pubblicato anche Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola; mentre con altre case editrici La lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole (2017) e Piccola città. Una storia comune di eroina (2018).
Il potere delle parole
C’è un vecchio detto, che mi è stato ripetuto molto spesso nel corso del tempo: “Le parole fanno più male di uno schiaffo”. Da bambina, prima di andare a scuola, non avevo ben compreso il significato di questo frase, che spesso mi ripeteva mia madre. Mi chiedevo: “Come fa una parola a far male come uno schiaffo?” E guardavo il mondo intorno a me, e sulla bocca mi affioravano le parole che vedevo: sole, tramonto, fiori, nuvole, cielo azzurro, pioggia cristallina. “No”, mi dicevo, “le parole non possono far male, la mamma si sbaglia”.
Tuttavia, ben presto ho dovuto ricredermi. E ho compreso appieno il significato di quella frase. Aggiungo però, che sì, è vero le parole sanno fare molto male, ma possono scivolarci addosso, la bocca da cui escono è soltanto veleno, e non vale nemmeno la pena rifletterci su, figuriamoci starci male.
Le parole sono fonte di malintesi
Nel Piccolo Principe di Antoine de Saint Exupéry, nel dialogo tra Volpe e il Piccolo Principe, Volpe dice al Piccolo Principe: “Le parole sono una fonte di malintesi”. Che cosa vuol dire? Che non è per niente facile trasformare i nostri pensieri in parole e soprattutto, che a chi ascolta, non arriva il messaggio del mittente. Siamo però responsabili di ciò che diciamo, non di quello che l’ascoltatore capisce. Tuttavia, l’atteggiamento di una persona “parla” senza emettere alcun suono e le azioni contano tanto quanto, se non di più, le sue parole. Tutto sommato “tra il dire e il fare, ci passa il mare”.
Dalle origini
L’autrice in questo testo davvero interessante, ben scritto e molto piacevole da leggere, ci racconta delle Parole, dalle origini. È un viaggio unico. Partendo dalla Torre di Babele di cui si parla nella Bibbia, quando Dio, adirato dell’avarizia dell’uomo – che voleva costruire una Torre in grado di toccare il cielo –, nonostante la sua bontà, decise di mischiare le carte in tavola, mescolando le lingue, cosicché l’essere umano non avrebbe potuto più capirsi e dunque non sarebbe stato più in grado di creare e innalzare una Torre in grado di arrivare nell’alto dei cieli.
Si arriva poi a Dante, il più grande poeta di tutti i tempi, a cui dobbiamo le origini della nostra lingua. Si fa poi un lungo salto fino ad arrivare a Manzoni, a Meucci, all’Unità d’Italia nel 1861: con la necessità di unire l’Italia non solo fisicamente, ma anche attraverso una lingua unica. Tuttavia l’autrice ricorda l’importanza dei dialetti, dei messaggi peculiari su cui sono fondate le parole scritte e lo fa attraverso Tullio De Mauro:
Un Cane Lupo, ch’era stato messo
de guardia a li cancelli d’una villa,
tutta la notte stava a fa’ bubbú.
Perfino se la strada era tranquilla
e nun passava un’anima: lo stesso!
Nu’ la finiva piú!
Una Cagnola d’un villino accosto je chiese: – Ma perché sveji la gente e dài l’allarme quanno nun c’è gnente?
– Dice: – Lo faccio pe’ nun perde er posto.
Der resto, cara mia, spesso er nemmico è l’ombra che se crea pe’ conserva’ un’idea: nun ce mica bisogno che ce sia.Il viaggio prosegue con l’insegnamento dell’italiano nelle scuole: il ministro Coppino pensa che per imparare l’italiano, siano sufficienti tre anni di scuola. E nel 1877 la legge Coppino, stabilisce che tutti i bambini e le bambine sono obbligati a fare tre anni di scuola. Chi non manda i figli a scuola deve pagare una multa.
Il viaggio continua
Il viaggio della Parola raccontata da Vanessa Roghi, prosegue. Espone storie di persone e la Storia: la prima guerra mondiale; narra sulle peripezie del maestro Ludwig Wittgenstein. L’autrice accenna anche al fatto del peso delle altre lingue che “si intromettono” nella propria: “Lost in translation ed è un libro di vocaboli che esistono solo in una determinata lingua e sono intraducibili in tutte le altre lingue se non con un giro di parole. Non esiste, insomma, una parola che da sola dica esattamente la stessa cosa”.
L’autrice ci racconta dei gerghi, del fatto di “essere parlati dalla lingua”, della lingua come “passaporto”. Vanessa Roghi ci racconta del nazismo, del razzismo, del bullismo, della parola N-word. Ci parla del museo delle parole scomparse.
Vanessa Roghi, regala al lettore uno scrigno di parole, scritto con leggerezza di tocco, mai pesante o scontato, “Le parole per parlare” è come il fiore Soffione, nome italiano di Taraxacum officinale, detto anche dente di leone: affascinante, non si può fare a meno di raccoglierlo, soffiare e rimanere ammaliati dai petali che leggiadri fluttuano nell’aria, per raggiungere il loro amato sole.
“Per raccontarti, per chiederti chi sei, per consentire a te stessa di chiederti «Chi sono io?», occorre la parola. Per dire noi occorre la parola. Una parola che vuole capire, che non vuole offendere. Una parola gentile, che dice «ciao» e non «arrangiati».