A distanza di anni, oggi anche mezzi di informazione non ambientalisti ne propensi a rivalutare alla loro radice, le politiche (anche culturali) messe in atto dalla società industriale, ammettono che gli alimenti di origine vegetale hanno un minor impatto ambientale rispetto a quelli di origine animale, anche se a dirla tutta, il punto vero è quello di rivalutare l’intero modello sociale che viviamo nella stragrande parte del mondo, e non la singola componente per quanto anch’essa sia rilevante, ma quando questa è scissa da un insieme (la società industriale e capitalistica) si valuta anche in modo parziale.
Effettuando una stima e un esempio, per 100 grammi di proteine si carne bovina di coloro che detengono la terra coltivata in maniera industriale, vengono prodotti 105 chilogrammi di CO2 e sfruttano 370 metri quadrati di terreno, quando si parla di alto impatto, ma per il basso impatto non va molto meglio, infatti per questo genere di produzione alimentare, sempre relativa alla carne bovina viene consumato più suolo e sussistono maggiori emissioni di quelle che emergono dalle piantagioni a piselli, ma entrambe le analisi sono state condotte comunque su un tipo specifico di produzione che è quella basata sull’industria che entra nei campi, e negli allevamenti destinata a consumi di massa pensati in ottica industrializzata.