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La storia illustrata della tragedia alla fabbrica Triangle Shirtwaist Company di New York avvenuta il 25 marzo del 1911. Con le illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini. Per bambini dagli 8 annio in sù.
L’autrice e l’illustratrice
Serena Ballista, modenese classe 1985, è scrittrice e formatrice, femminista, nonché dal 2014 presidente dell’UDI – Unione donne in Italia – di Modena. Dal 2009 al 2014 è consigliera comunale con delega alle Pari Opportunità nel Comune di Bastiglia (Modena) ed è, contemporaneamente, componente del Comitato esecutivo della “Conferenza provinciale delle donne elette di Modena”.
Sonia Maria Luce Possentini, emiliana doc, sebbene lei stessa abbia più volte raccontato le difficoltà degli inizi della propria carriera d’artista, vanta un percorso di formazione di tutto rispetto: laureatasi in Storia dell’arte al Dams di Bologna, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti della stessa città ed è stata allieva di Stepan Zavrel e Kveta Pakovskà.
L’autrice Serena Ballista e l’illustratrice Sonia Maria Luce Posserntini hanno realizzato questo albo illustrato “Per mille camicette al giorno” costituito da quarantaquattro pagine. Attraverso le parole, profonde e potenti; e le immagini, intense e vere, raccontano una tragedia avvenuta il 25 marzo 1911 che provocò la morte di 146 persone tra cui 123 donne e 23 uomini, il più terribile e atroce incidente industriale della storia americana.
La storia
La Triangle Shirtwaist Company era una compagnia che fabbricava camicette in voga a quel tempo, chiamate shirtwaist.
La fabbrica in questione proprietà di Blanck e Harris, empiva lo spazio di tre piani di dieci del palazzo Asch building a New York City. La Triangle S. C. dava lavoro a più di 500 persone, la maggior parte operaie, giovani donne immigrate dall’Italia, Germania e dall’Europa dell’est. Molte di loro erano minorenni, poco più che bambine tra i 12 e i 13 anni e lavoravano su turnazioni di 14 ore al giorno, per un complessivo settimanale che variava dalle 60 alle 72 ore, con un salario previsto di 6/7 dollari alla settimana.
Nel pomeriggio del 25 marzo 1911, un incendio divampò nell’ottavo piano e uccise come si è già detto 146 persone, perlopiù giovani donne italiane e ebree. La morte di 62 di loro avvenne nel misero atto di un’azione salvifica che decretò la loro morte: si buttarono dalla finestra, non avendo altra via d’uscita. La fabbrica in questione era già tristemente famosa: le operaie tessili furono costrette a un imponente sciopero per far valere i loro diritti, iniziato il 22 novembre 1908 e noto come “Protesta delle 20.000”.
I proprietari della fabbrica
I proprietari della fabbrica al momento dell’incendio si trovavano al decimo piano del palazzo, trattenendo con forza le operaie. Solitamente le rinchiudevano per l’avido timore che rubassero, o che usufruissero di troppe pause. I due delinquenti fuggirono e lasciarono in balia del triste evento uomini e donne. I “Re delle camicette” che disprezzavano le operaie della fabbrica di loro proprietà, ignari della potenza di queste donne, i due sono boia che vivevano nella spregevole ignoranza di credersi superiori, carnefici che si accanivano contro gli indifesi e i più deboli, schiavi del dio denaro, che non sapevano nella loro malacreanza rozza e sgarbata che le fabbriche le fanno le lavoratrici:
“Finirono a processo, imputati per aver fatto piovere dal cielo le comete. Ma la ricchezza, accumulata con le mille camicette al giorno, seppe comprare la loro assoluzione. Furono scagionati perché molte persone testimoniarono in loro favore. Non Rose. Non l’altra Rose”.
Niente di più abietto per una tragedia tanto crudele.
L’incidente
L’incidente ebbe una risonanza tale sia politica sia sociale che vennero introdotte nuove leggi sulla sicurezza sul lavoro. Ci fu un accrescimento di adesioni alla International Ladies’ Garment Workers’ Union, ad oggi tra i sindacati più rilevanti dell’America.
Rose, il personaggio
L’albo “Per mille camicette al giorno” inizia attraverso le illustrazioni, raccontando al suo pubblico l’immigrazione di queste persone, che cercano una nuova vita, un lavoro, inconsce ovviamente del triste destino a cui vanno incontro. Il racconto prosegue e si focalizza subito nell’evento incendio:
“È stato per mille camicette al giorno,
porte serrate a doppia mandata
e una scala antincendio rotta,
che la scintilla di una macchina da cucire,
o forse quella del sigaro di un tagliatore di stoffe – chi può dirlo, a parte me? –
appiccò il fuoco in Rose”.
Rose è il “personaggio” principale, così afferma la scrittrice:
“Ho chiesto alla mia amica camicetta di raccontare come sono andate davvero le cose. Lei c’era. Ha visto e sentito tutto quello che c’era da vedere e sentire”.
Come comete arroventate
I passanti descrivono la visione di quelle giovani operaie che si gettano nel dall’ottavo, nono e decimo piano della fabbrica, nel tentativo di salvarsi la vita, dentro quell’illusione, come “comete arroventate”, creando una similitudine e metafora al contempo: Le polveri che le comete emettono si dispongono lungo un’orbita e, una volta a contatto con l’atmosfera terrestre, vengono bruciate provocando una scia luminosa nel cielo. Questo è il fenomeno delle Stelle cadenti ( Fonte: Google).
Le immagini, accompagnate da parole semplici ma dal tocco profondo, narrano le storie delle tante vite spezzate. Storie dentro a corpi, che come battiti di ali di farfalle, vivono la loro quotidianità, ignari di quell’avvenire così traditore e mefistofelico. Donne amorevoli che accudiscono i loro figli, che indossano grembiuli da lavoro, che fiere portano i panni delle rivoluzionare nella Protesta delle 20.000 per far valere i loro diritti.
Allora come ora
“Il lavoro dovrebbe rendere le persone libere, non schiave. Schiave della perdita del lavoro, schiave dei problemi creati dalla mancanza di una sicurezza economica, schiave di quei lavori che offrono poco e che si deve dare tanto per poter ottenere un esiguo salario. Il lavoro dovrebbe essere una crescita professionale, una soddisfazione personale, qualcosa che faccia sentire l’essere umano, sicuro e seduto su qualcosa di solido, non una poltrona di polvere, costruita dentro un castello di sabbia, non come comete arroventate. Ora come allora”. Lo abbiamo scritto in Il lavoro in Italia tra precarietà, stress e sfruttamento.
– I numeri dicono che ogni 15 secondi un lavoratore muore sul lavoro a causa di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. Ogni 15 secondi, 153 lavoratori hanno un infortunio sul lavoro. Si stima che ogni giorno, 6.300 persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro o malattie professionali — causando più di 2,3 milioni di morti all’anno. Gli incidenti che si verificano annualmente sul posto di lavoro sono 317 milioni, molti dei quali portano ad assenze prolungate dal lavoro per malattia. Il costo umano di queste tragedie quotidiane è enorme e l’onere economico causato dalle scarse pratiche di messa in sicurezza dei luoghi di lavoro è stimato essere ogni anno nel 4 per cento del prodotto interno lordo mondiale (Fonte: Organizzazione internazionale del lavoro: https://www.ilo.org/rome/approfondimenti/WCMS_579541/lang–it/index.htm).
