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Un meraviglioso modo di comunicare:
Favoloso Calvino che ha dimezzato il visconte per mettere in luce la metà “cattiva” e la metà “buonista” degli esseri umani. Cento anni di te (1923-2023).
Comunicazione e linguaggio
Per quanto la comunicazione costituisca l’essenza dei viventi, nessun altro organismo ha mai sviluppato un codice di complessità paragonabile a quello delle lingue umane. In effetti, la capacità di modulare una vastissima gamma di suoni, di combinarli in unità significanti – le parole – a loro volta combinate secondo precise regole, in frasi e in discorsi è da considerarsi un vero e proprio stato evolutivo, che secondo molti ha consentito all’Homo sapiens di mettere in atto comportamenti mai osservati in altre specie.
Antropologi, paleoneurologi, psicologi, biologi e genetisti molecolari concordano nel datare la nascita del linguaggio articolato in forme somiglianti a quelle attuali a 30- 50 mila anni or sono. La voce umana, specie quella materna, viene percepita, riconosciuta e memorizzata dal feto già all’interno dell’utero. È stato infatti dimostrato, tramite una sonda posta all’interno dell’utero, che quando la madre pronuncia ad alta voce un determinata parola, il suono di essa è chiaramente differenziabile dal rumore di fondo. Il feto reagisce a suoni linguistici noti in maniera diversa rispetto a suoni linguistici nuovi. Se si misura il battito cardiaco fetale durante la presentazione di stimoli verbali – ad esempio, sequenze di sillabe del tipo “bada” – si nota una accelerazione del battito che torna a livelli basali quando lo stesso suono viene ripetuto più volte (Aglioti S.M. et al, 2006 Neuropsicologia del linguaggio).
La parola e la comunicazione
È dunque la comunicazione nelle sue molteplici forme l’elemento fondamentale che sfrutta l’essere umano, ma a volte, come ha scritto Antoine de Saint Exupéry, le parole sono fonti di malintesi.
Parola (dal greco “parabolè”, attraverso il latino parabŏla, poi alterato in paràula nel volgare) è l’espressione orale o scritta di una informazione o di un concetto, ovvero la rappresentazione di un’idea svolta a mezzo e nel presupposto di un riferimento convenzionale (Fonte Wikipedia).
Per comunicazione (dal latino communico = “mettere in comune, far partecipe”, composto da cum = “con” e munire = “legare, costruire”) si intende il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione (generalmente un messaggio) da un soggetto (umano, essere vivente o entità artificiale) che trasmette l’informazione ad almeno un altro soggetto (umano, essere vivente o entità artificiale) che riceve tale informazione. L’elaborazione di tale informazione avviene secondo le regole di un determinato codice comune (Fonte Wikipedia).
È attraverso la parola, la comunicazione, il dialogo che le persone affrontano la vita.
Il termine dialogo (dal latino dialŏgus, in greco antico διάλογος, derivato di διαλέγομαι «conversare, discorrere» composto da dià, “attraverso” e logos, “discorso”) indica il confronto verbale che attraversa due o più persone come strumento per esprimere sentimenti diversi e discutere idee non necessariamente contrapposte (Fonte Wikipedia).
Lezioni Americane
Ma che cos’è la comunicazione in questi tempi moderni? Parliamo tanto, ma ascoltiamo poco. Per essere in un mondo globalizzato così “connesso” attraverso le tecnologie, i social, siamo troppo disconnessi. Che cosa ne penserebbe Calvino? Nel “lontanissimo” 1985, l’Università di Harvard in Massachusetts, si preparava ad accogliere il nostro Calvino all’interno del progetto Poetry Lectures, con una serie di lezioni. Sto parlando di “Lezioni Americane”.
“Nel 1699 il giovane Swift si appuntò, in un famoso promemoria, brevi regole di saggezza da osservare negli anni della sua senilità. Più generoso di lui, Italo Calvino ha destinato a noi tutti un agile vademecum, perché la vecchiezza del mondo con il suo carico di problemi e di angustie non ci trovi impreparati. Se molti sono i valori che nel declino della civiltà rischiano di andare dispersi, agli occhi di Calvino ce n’è uno, irrinunciabile, che li riassume tutti: “Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita”.
I suoi consigli riguardano dunque la forma ma anche la vita, e se sono rivolti in primo luogo agli scrittori, non possono lasciare indifferente chi delle lettere non fa professione: la “leggerezza”, la “rapidità”, l’“esattezza”, la “visibilità”, la “molteplicità” (sono questi i temi delle conferenze che Calvino si accingeva a tenere all’Università di Harvard) dovrebbero in realtà informare non soltanto l’attività degli scrittori ma ogni gesto della nostra troppo sciatta, svagata esistenza.
Quella che Calvino ci propone è una severa disciplina della mente, temperata dall’ironia e da una sempre vigile consapevolezza della parzialità e provvisorietà di ogni metodo d’indagine e di conoscenza. La poetica implicita in queste “lezioni” non è prescrittiva ma problematica. Il contrario di ogni virtù letteraria, di ogni “valore da salvare” non è un vizio, ma un’altra virtù, forse non meno raccomandabile di quella che Calvino sta esaltando: l’unico vero, imperdonabile vizio essendo l’indifferenza nei confronti della perfezione”. (Giancarlo Roscioni).
Lezioni americane è un’opera postuma, e Calvino purtroppo non è mai andato ad Harvard.
La leggerezza in Italo Calvino
Soffermiamoci sulla Leggerezza, alla quale Calvino avrebbe dedicato la prima conferenza.
“Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza. […] Oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si regge su entità sottilissime: come i messaggi del Dna, gli impulsi dei neuroni, i quarks, i neutrini vaganti nello spazio dall’inizio dei tempi… poi, l’informatica. È vero che il software non potrebbe esercitare i poteri della sua leggerezza se non mediante la pesantezza del hardware; ma è il software che manda, che agisce sul mondo esterno e sulle macchine, le quali esistono solo in funzione del software, si evolvono in modo d’elaborare programmi sempre più complessi. La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d’acciaio, ma come i bits d’un flusso d’informazione che corre sui circuiti sotto forma d’impulsi elettronici. Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso. […]” (Italo Calvino, Lezioni americane).
La comunicazione di Italo Calvino
Calvino come tutti i grandi scrittori, ha utilizzato la letteratura come forma di comunicazione.
“Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così.” (Italo Calvino, Il barone rampante).
[…] – Vai per granchi? – Disse Medardo – Io per polpi – e mi fece vedere la sua preda. Erano grossi polpi bruni e bianchi. Erano tagliati in due con un colpo di spada, ma continuavano a muovere i tentacoli. – Così si potesse dimezzare ogni cosa intera – disse mio zio coricato bocconi sullo scoglio, carezzando quelle convulse metà di polpo – Così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se tu mai diventerai metà di te stesso, e te lo auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te al mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani. […] (Italo Calvino. Il visconte dimezzato).
Immaginiamo il mondo senza la parola, il dialogo, la comunicazione. Sarebbe come un cinema muto, affascinante sì, ma sordo. Cerchiamo dunque di porci in ascolto, e allora, solo allora il mondo può diventare la metà mancante di ognuno.