“La Divisione Aggiustatempi” di Stefano Guglielmo

Quando un amico ci dice le fatidiche parole “Leggi il mio libro e dimmi che ne pensi” è inevitabile sudare freddo per un attimo. Se il libro è pessimo non solo la nostra considerazione verso quella persona verrà inevitabilmente ridimensionata, ma si dovrà anche trovare il modo di dirgli che non ci è piaciuto il più delicatamente possibile. Si può anche mentire spudoratamente, ma qui ci si va ad infilare in un ginepraio più pericoloso della verità nuda e cruda. La volta che Stefano mi chiese di leggerle il suo libro in effetti anche io ebbi un attimo di panico. Ma quella volta rimasi piacevolmente sorpresa. Stefano Guglielmo oltre che un amico è anche un bravo scrittore, uno di quelli validi che è un piacere scoprire. La Divisione Aggiustatempi è stata la conferma del primo positivo giudizio che mi ero fatta all’epoca. Anzi, ad essere onesta, e Stefano prendila nel verso giusto, questo secondo libro mi è piaciuto molto ma molto di più.

Bando alle ciance ora, e diamo spazio alla voce che ci interessa di più.

Intervista con l’Autore

Iniziamo inevitabilmente dall’inizio, o meglio partiamo dall’inizio dell’autore: come hai cominciato a scrivere?

Ho sempre avuto una fervida immaginazione e una passione smodata per la lettura. Una volta mi attardai tanto nella biblioteca del mio paesino che vi rimasi chiuso dentro.

Ho sempre scritto testi per canzoni, poi un giorno ebbi la svolta.

Fu per colpa di un brutto libro che, ovviamente, non cito. Era un romanzo storico di un autore famoso. Mi lasciò talmente l’amaro in bocca che usai le pagine bianche al termine dell’ultimo capitolo per buttare la bozza della storia che avevo in mente.

Il tuo primo libro, Tabula rasa (https://bookabook.it/libri/tabula-rasa/), è molto diverso da questo nuovo romanzo. Parlaci di cosa ti ha dato l’idea per La Divisione Aggiustatempi.

Avevo terminato di guardare Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (meglio il libro del film) e pensai: questo tizio si è sempre trovato al posto giusto nel momento giusto. E se ci fosse uno che, nonostante possa viaggiare nel tempo, si trovi sempre nel posto sbagliato? Tipo che nel 79 d.C. invece di andare a vedere il Vesuvio eruttare e distruggere Pompei, si ritrova in un villaggio a 1000 km di distanza.

Quello fu il germe. Sommiamolo al fatto che amo la Storia e l’umorismo inglese. Il romanzo a un certo punto si è scritto da solo.

Di cosa parla quindi La Divisione Aggiustatempi?

I due protagonisti sono membri della Divisione Aggiustatempi, una sezione militare che ha come scopo interdire i viaggi nel tempo, ormai vietatissimi. La loro missione sarà quella di raggiungere dei viaggiatori abusivi che saltano da un periodo storico all’altro con gravi pericoli per la Storia come la conosciamo oggi.

Tra disavventure e vere e propri danni che si causeranno da soli, si ritroveranno alla resa dei conti a Gerico, in Palestina, lo stesso giorno in cui Gesù Cristo (secondo i Vangeli) predicherà in quella città. (SPOILER: non incontreranno Gesù).

L’ambientazione è molto varia e molto particolare, si va da un futuro tecnologicamente avanzato alla Palestina dei tempi di Gesù. Come ti sei documentato? Deve essere stata dura rendere le descrizioni credibili, come ci sei riuscito?

Ad esempio, riguardo la parte palestinese, per quanto abbia letto svariate volte il Nuovo Testamento, mi sono accorto, sin dalla prima frase che non sapevo assolutamente nulla.

Mi sono basato su libri di storici accreditati come David Rops ed enciclopedie bibliche. Alla fine ho dovuto fare una cernita delle informazioni. Ho preso spunto dal mio scrittore storico preferito: Bernard Cornwell. Le sue descrizioni sono sempre funzionali e ben piazzate.

I due personaggi principali sono la classica coppia formata da tipi opposti, la mente e il braccio. Non tutto in loro è però così scontato: cosa c’è di diverso?

Creare un duo è un’arma a doppio taglio: ce n’è tantissimi tra romanzi e film e non sempre funzionano. Ho cercato di renderli tridimensionali e di fare in modo che il braccio non rimanesse sempre e solo il braccio e viceversa.

Di solito si tende a ricercare qualcosa dell’autore nei suoi personaggi, tu ti rivedi più nel Professore o in Aldo?

Oh io sono assolutamente nel Professore: millanta cultura e savoir-faire ma, all’atto pratico, non ne azzecca una nemmeno per sbaglio. Eppure tutti lo stanno ad ascoltare. Forse è la mia sicurezza nel dire le cretinate a rendermi credibile.

L’ironia è la terza protagonista del romanzo: onnipresente, soprattutto nelle note, contribuisce in modo determinante all’intera struttura del libro. Perché questa scelta? Cosa volevi raggiungere?

È difficile trovare un romanzo ironico. Questa è la prima ragione per la quale l’ho usata così massicciamente. Un secondo motivo è che volevo insegnare un po’ di Storia facendo divertire i lettori. Se avessi trovato un romanzo storico che mi facesse anche ridere lo avrei amato alla follia, quindi ne ho scritto uno sperando di riuscire a farlo amare anche dagli altri. Il mio sogno è quello di creare una saga.

Sappiamo che stai già lavorando ad un terzo romanzo: qualche anticipazione?

È totalmente diverso dalla Divisione. Il protagonista sta cadendo da un palazzo e riflette su come sia finito in quella situazione (SPOILER: alla fine muore).

Certo sei uno scrittore molto prolifico. A chi si approccia a questo mestiere che consigli senti di dare?

A) Portatevi sempre dietro carta e penna: le idee arrivano all’improvviso e nella stessa maniera spariscono.

B) Prima di scrivere, abbiate tutta la storia in testa. Non cominciate se non sapete come finirà la trama.

C) Leggete molto.

Gli scrittori incuriosiscono sempre i lettori, sono figure quasi leggendarie e avvolte nella leggenda. Facciamo un po’ di luce e scopriamo qualche dettaglio. Per esempio, cosa legge uno scrittore?

Dipende dalla tipologia di scrittore e da ciò che vuole apprendere. Io mi reputo un intruso nel mondo degli autori.Quindi ultimamente mi sto buttando sui capolavori del passato e sulla narrativa di grandi nomi. 

Non diciamo solo cose belle: un libro o uno scrittore (o entrambi) che proprio non sopporti?

Non sopporto la cattiva prosa e i romanzi storici nei quali i protagonisti sembrano usciti dal XXI secolo e magari fanno i centurioni.Una volta uno scrittore ha fatto dire “Ok, ci sto” a un romano del I secolo.Spero lo abbiano fustigato.

Parliamo del dietro le quinte della produzione materiale di un libro: editing, correzione di bozze, grafica… Cosa ti ha colpito o sorpreso di più?

L’editing. Ho poca esperienza dato che sono solo alla seconda pubblicazione. Eppure sono stato piacevolmente colpito dalla cura ricevuta. Nel primo romanzo hanno addirittura scovato un buco temporale!

Chiudiamo in modo lirico questa intervista: lasciaci il tuo aforisma, la tua citazione o la tua frase preferita. Che sia tua o di qualcun altro fa lo stesso.

Il mio motto è “le cose belle non accadono” ma, onde evitare che i vostri lettori appendano una corda al lampadario, ne cito una da Zelig che riassume un po’ il mio umorismo: “Ci tengo molto al mio orologio. Me l’ha venduto mio padre sul letto di morte.”

Conclusioni

Ci sono stati dei passaggi in cui mi sono ritrovata a ridere di gusto, cosa che personalmente non succede spesso con i libri. Una lettura leggera ma non col significato di “superficiale”, divertente ma istruttiva a suo modo, scanzonata. Quando ci si ritrova a consigliare i libri degli amici si corre il rischio di passare da imbonitori e di non venire creduti, ma stavolta spero che non succeda.

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Laureata in Lettere moderne
Lettrice forte
Vari corsi di editoria intrapresi
Collaboratrice di riviste indipendenti
Viaggiatrice indefessa

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