La guerra in Ucraina ne “Il convitto” di Žadan

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Il convitto è un romanzo di formazione che racconta il viaggio di un giovane professore alla ricerca di suo nipote tredicenne in una città dell’Ucraina orientale in cui si combatte una guerra.

Il convitto di Serhij Žadan è un romanzo ambientato nell’inverno del 2015 durante la guerra tra Ucraina e Russia e tuttora in corso. È tradotto da Giovanna Brogi e Mariana Prokopovyc e pubblicato da Voland. Un romanzo con l’anima poetica che sogna la solidarietà tra gli uomini.

L’autore

Serhij Žadan è uno scrittore ucraino nato nel 1974. Particolarmente attivo come poeta, ha pubblicato 12 libri di poesie, è autore di diverse opere di narrativa tradotte in diciassette lingue. Collabora come compositore con una band acid-jazz di Kharkiv ed è cantante ed autore della ska band ucraina Zhadan i Sobaky. Žadan è stato attivista politico sin da studente per l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991, ha partecipato alle manifestazioni della rivoluzione arancione del 2004 contro i brogli elettorali. Nel 2017 ha co-fondato una fondazione umanitaria per portare aiuti umanitari nelle città situate sul fronte di guerra russo-ucraina in Donbass. In diverse sue opere ha espresso simpatia per gli anarchici.

L’ambientazione storica del romanzo

In seguito alle proteste del movimento Euromaidan del 2013 che denunciava violazioni dei diritti umani, e alla rivoluzione del 2014 che mise in fuga il presidente Janukovyč, la Russia annesse la Crimea tramite referendum e proteste filo-russe nel Donbass si conclusero con dichiarazioni d’indipendenza e la proclamazione di due repubbliche popolari indipendenti. Battaglioni di militari separatisti con l’aiuto di truppe mercenarie russe affrontarono l’esercito ucraino per contendersi il controllo del territorio. Attualmente la guerra non è ancora terminata.

Il convitto

Il convitto è un romanzo che narra le vicende di un professore di lingua ucraina nel rigido inverno del 2015 in una città dell’Ucraina orientale durante la guerra russo-ucraina. Deve attraversare la città per prendere suo nipote tredicenne nel convitto in cui è stato messo da sua madre, e riportarlo a casa. Ma un tragitto che si percorre a piedi in meno di mezzora, durante una guerra si compie in tre giorni. Per arrivare al convitto, il protagonista, Paša, deve evitare le truppe mercenarie separatiste, proseguire lungo zone della città contese e in cui si spara, riconoscere campi minati. Il ritorno a casa si fa più complesso. La guerra infuria nel quartiere della stazione, poi si imbattono in una sfilata di carriarmati. Infine ci saranno altri soldati ai soliti posti di blocco, cosa che fa immaginare una ritirata dei separatisti.

Lo stile narrativo

La scrittura di Žadan ci accompagna nei luoghi della distruzione e della miseria attraverso ricchissime descrizioni dei personaggi e degli ambienti, degli edifici e delle strade che attraversano i protagonisti. Sensazioni ed odori sono amplificate nelle uggiose giornate d’inverso in cui in tanti cercano di scappare dalle proprie case alla ricerca di un luogo più sicuro, cercano riparo lontano dalla guerra, s’accampano da qualche parte in asttesa di un treno o di un autobus. La prosa diventa poetica quando affresca i luoghi della narrazione. Sono sorprendenti le immagini, i paragoni, le allusioni. La scrittura adotta una ritmica riflessiva, pacata che permette al lettore di percepire il movimento interiore del protagonista.

La lingua e l’identità

Tema ricorrente nel romanzo è la lingua come simbolo di un’identità ricercata ma difficile da riconoscere. L’Ucraina è un paese giovane, che trova la sua indipendenza solo nel 1991. Durante il periodo sovietico la popolazione ucraina abbandona gradualmente la propria lingua preferendo il russo. Oggi gran parte degli ucraini parla un misto, una sintesi tra ucraino e russo. Nel romanzo, secondo il giornalista straniero che incontra Paša, l’ucraino è una lingua morta. Oltre alla questione linguistica vi è quella identitaria. Una questione che diventa più rilevante in zone di confine in cui le etnie si mescolano e diventa difficile poter dire chiaramente cosa si è. Per questo, forse, non potendosi definire chiaramente, la propria identità finisce per corrispondere al modello politico e sociale per cui si simpatizza. Quello russo ex-sovietico da una parte e quello europeo, occidentale e democratico dall’altra parte.

Psicologia dei personaggi

Paša, protagonista del romanzo, si lascia trasportare dagli eventi e pare non prendere posizione di fronte agli avvenimenti. Sarà la durezza e la crudeltà del conflitto a costringerlo ad assumere una posizione, un’idea, un punto di vista. In questo viaggio dentro l’assurdità della guerra, fianco a fianco con la morte, una molla dentro il protagonista sembra contrarsi quando interiorizza esperienze, quando soffoca delle reazioni. Quella molla, quella nuova forma elastica del suo carattere lo aiuterà a reagire, a prendere parte. Acquisirà la consapevolezza che l’appartenenza cui vale la pena aderire, sia quella della solidarietà tra gli uomini. Il sentimento dell’umanità diventa un nuovo modello che va oltre le fazioni che si contrappongono e il modello sociale che i battaglioni armati cercano di imporre sul territorio.

Considerazioni

Questo romanzo risulta molto interessante per lo stile narrativo poetico dell’autore. Ma l’autore non è solo un poeta. È un attivista, un militante impegnato a sanare le ferite di una guerra stupida, come tutte le altre, d’altronde. Per questo, un approfondimento del pensiero dell’autore attraverso la lettura di altre sue opere tradotte in italiano, Mesopotamia e La strada del Donbas, potrebbe essere estremamente piacevole.
Sicuramente, questo è un libro che non va letto di fretta. Con una lettura meditativa si coglierebbe la bellezza della scrittura dell’autore ed anche la sua sottile ironia sulle sorti del suo paese, dove le finestre, come quella in copertina, erano rotte anche prima della guerra.

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