La menzogna alimentata ad arte: disinformazione storica

di Silvio Marconi 

Spesso si riducono la disaffezione elettorale, i voltagabbanismi e le scelte di larga parte di quegli elettori dei ceti popolari che, invece, vanno a votare per partiti che praticano politiche antipopolari (e quindi contrarie ai loro stessi interessi materiali e attinenti i diritti) all’effetto, certo esistente, di decenni di Tv-spazzatura, di propaganda mediatica neoliberista e individualista, di proposta di modelli del livello di Corona o di cantanti neomelodici collusi con la camorra, di Briatore o di certi/e “influencers”. 

Si aggiungono inoltre gli errori e gli orrori compiuti da partiti che si autodefiniscono ancora “di sinistra” e che sono stati promotori o coautori di misure antipopolari (tagli alla sanità, job act, norme antisciopero, attacco alla Costituzione, avvio del nefasto percorso che sfocia nell’”autonomia differenziata” spacca-Italia, appoggio alle spese militari, ecc.). Tutto questo è vero ma non basta a spiegare i fenomeni in atto, sia perché alcuni di essi sono storicamente radicati nel Paese che ha dato fra l’altro i natali al fascismo da decenni se non da secoli fa, sia perché altri, più recenti, risentono semmai di una azione lunga, a volte lunghissima, per intere epoche storiche, per plasmare una non-coscienza di massa  che solo in rare eccezioni ha visto fratture effettive. 

Come ben spiegava Gramsci, il nostro Paese è quello dove dal noclassicismo (in particolare dal Petrarca) si è compiuta una operazione di falsificazione e sbiancamento delle nostre “radici”, privilegiando una “classicità” essa stessa inventata e rielaborata su ogni altro elemento e facendo di tutti i suoi personaggi degli eroi. Così si sono rimossi i faraoni neri africani (nubiani) perché “i Neri non potevano dominare”, si sono rappresentati (e riprodotti nelle architetture neoclassiche) templi e statue greci, romani, etruschi, micenei come candidi, mentre gli studi archeologici confermano che erano policromi come quelli delle culture asiatiche e africane, si sono innalzati ad eroi a cui dedicare licei e viali e di cui studiare le opere golpisti genocidari come Cesare, giureconsulti capaci di calpestare il diritto in nome dei privilegi del patriziato come Cicerone,  si è evitato di sottolineare l’orrore dei giochi gladiatorii, del diritto patriarcale di vita e di morte su moglie e figli, del sistema dei clientes ossia del mercato elettorale istituzionalizzato, dell’imperialismo di rapina caratteristico di tutta la Storia Romana. 

Certi fenomeni di xenofobia alimentata ad arte e fatta strumento elettoralistico affondano le loro radici nella rimozione ormai secolare, scolastica, mediatica, nella maggioranza delle opere letterarie e cinematografiche, nella intitolazione di strade e piazze, ecc., dei misfatti e dei crimini del razzismo e del colonialismo italiano, dalla Libia alla Somalia, dall’Etiopia alla stessa Albania ed alla Slovenia considerate abitate da genti “inferiori” sebbene europee. Altre radici, però, affondano nell’ignoranza stessa di Italiani che detengono il primo posto di titoli pubblicati (oltre 64.000 l’anno) ma l’ultimo di libri letti in Europa, nel decrescente e dequalificato studio della Geografia e della Storia e nelle storture in esso presenti che pongono irrealisticamente la realtà greco-romana e le loro propaggini euro mediterranee al centro del percorso di studi, ignorando o minimizzando il ruolo delle civiltà cinese, indiane, persiane, islamiche, berbere, scite, sarmatiche, nordeuropee. Così si ignora da parte non solo dei più biechi razzisti anti-immigratori che gli “Italiani” sono risultato di una mescolanza etnica, culturale, linguistica, artistica, religiosa dalla Preistoria in poi e fino ai nostri giorni, che tutti i cibi che consideriamo “tradizionali italiani” (dalla polenta alla pizza, dai cannoli ai supplì, dal pomodoro al caffé, dalla cioccolata alle pesche, dalle cassate agli spaghetti, dai gelati ai ravioli, dalle ciliegie ai carciofi, dagli agrumi alle patate vengono in epoche diverse da altri continenti, così come i numeri che usiamo, larga parte delle basi matematiche, astronomiche, mediche, idrauliche, la carta e la seta, la poesia “cortese” e l’araldica, la polvere da sparo e le banconote, l’arco ogivale e la stampa, i fuochi d’artificio e le campane, i pavoni e i tacchini, le percussioni e le staffe, l’addomesticamento di pecore, cavalli, maiali, bachi da seta, ecc. . 

Se solo guardiamo ai cognomi “italiani” troviamo Craxi e Gramsci di origine albanese, Almirante e Berlinguer spagnola, Musotto e Micciché araba, Marconi e Marchionne longobarda, Mussolini iranica, Averna ebraica spagnola, ecc. mentre i nostri riti di religiosità popolare sono un misto fra antichi culti pagani di diversa origine (mediterranea, nordeuropea, siberiana, centrasiatica, mediorientale), elementi ebraici, berberi, greci, slavi, germanici, perfino subsahariani! 

Sottilmente e continuamente, per secoli, con affreschi e opere teatrali, con sermoni di vescovi e discorsi di politici, con rievocazioni fittizie e letteratura di ogni livello, con lezioni scolastiche e universitarie, poi con i giornali, i films, la radio, la tv, ora gli stessi social, si sono diffusi i virus dell’antisemitismo, del razzismo, del sessismo, del maschilismo, dell’omofobia, dell’individualismo profittatore, del militarismo sanguinario, del clientelismo. Non a caso sempre Gramsci individuava la necessità impellente di un soggetto, il Partito, che fosse rieducatore delle masse, intellettuale collettivo, elaboratore di nuovi modi di rapportarsi con la Storia, la realtà, la progettualità, il futuro, con gli altri e le altre, individui e popoli, culture ed etnie. Con tutti i difetti e le discutibilità, il PCI (almeno dal Congresso di Lione e perfino durante il periodo della clandestinità sotto la dittatura fascista prima e l’occupazione nazifascista poi) svolse questo ruolo e abbeverandosi al pensiero gramsciano, ma anche di anarchici come Malatesta e Bakunin, di marxisti stranieri come Lukacs e Rosa Luxenburg, di pensatori come Macchiavelli e Bruno, anche altri soggetti, mentre esisteva il PCI, a modo loro e in diversa dimensione (che in fin dei conti non poteva prescindere comunque, anche attaccandolo, dall’esistenza e dal ruolo di quel PCI), svilupparono quell’azione didattica, sia come gruppi anarchici autonomi (si pensi al Circolo “Ponte della Ghisolfa” di Milano di cui faceva parte Pinelli), sia come soggetti antifascisti resistenziali aderenti assieme al PCI al CLN (come “Giustizia e Libertà”)  o non aderenti al CLN, quale fu il gruppo romano noto dal nome del suo giornale, “Bandiera Rossa”, sia dagli anni’60 come movimenti extraparlamentari quali Potere Operaio, Lotta Continua, ecc., in fecondo rapporto (come avveniva per il PCI stesso) con intellettuali individuali di grande rilievo. 

Pure, perfino nella fase in cui ciò avveniva, non vennero sradicate del tutto le pratiche di falsificazione storica, rimozione, deformazione, mistificazione, a causa del perdurare di un continuum fra fascismo e post-fascismo nei gangli dell’apparato statale, mediatico, culturale, educativo voluto essenzialmente dall’alleanza di potere tra forze reazionarie sociali (agrari, grande industria, strati parassitari, ecc.), le forze clericali e i dominanti interessi angloamericani prima e NATO poi.   

Siamo quindi il Paese che ha abolito (e non del tutto) le leggi fasciste solo decenni dopo la Liberazione, che ha aspettato decenni per le leggi su divorzio e aborto, abolizione del “delitto d’onore” e  dei limiti di carriera alle donne, il Paese che ha il primato di turismo sessuale pedofilo all’estero e che ha esportato i tre maggiori poteri criminali organizzati (mafia, camorra e ‘ndrangheta), intimamente connessi con settori istituzionali ed economici, il Paese delle stragi nere e della caccia all’anarchico, e su cui craxismo, berlusconismo, tv spazzatura e individualismo Thatcher-Reaganiano, si sono incistati facilmente e con il suicidio del PCI, la scomparsa dei movimenti extraparlamentari storici, la controproducente esperienza del terrorismo rosso e le nebbie del “caso Moro”, la frantumazione scissione dopo scissione dei soggetti a sinistra del PDS-DS-PD sì è determinata la prateria su cui populismi grillisti, secessionismi leghisti e infine neofascismi neppure mascherati hanno potuto dilagare. 

Troppo facile, quindi, ridurre tutto all’azione deleteria dei media degli ultimi 25 anni, perché  sarebbe da ricordare che ben altra azione, quella sì veramente monopolistica, venne esercitata da oltre 20 anni di dittatura fascista sui giovani attraverso radio, teatro, scuola, cerimonie, architetture, arte, letteratura, cinema, sport e ciononostante 600.000 soldati e ufficiali soggetti a quella propaganda monopolistica dopo l’8 settembre preferirono fame e sofferenza nei lager all’arruolamento per la RSI, mentre decine di migliaia si immolavano contro i nazisti a Cefalonia, Porta S.Paolo, nelle file partigiane in Italia, in Grecia, in Yugoslavia. 

Sono piuttosto gli effetti dei fiumi carsici plurisecolari di rimozioni e falsificazioni a cui si è accennato, non più arginati e combattuti da soggetti capaci di essere antagonisti sul serio, didattici sul serio, progettuali sul serio, intellettuali collettivi sul serio, costruttori di egemonia sul serio che si manifestano in superficie in questi ultimi anni e di cui vediamo giorno dopo giorno i nefasti risultati. 

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