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Edizione tradotta da Giuseppe Dierna del capolavoro di Karel Čapek. La fabbrica dell’Assoluto è un romanzo di fantascienza con forti vene satiriche e utopistiche.
La fabbrica dell’Assoluto di Karel Čapek è un classico della fantascienza con forti componenti satiriche ed utopistiche. Sicuramente uno tra i migliori libri usciti in questo 2020. Ringrazio l’editore Voland per l’opportunitá di leggerlo e recensirlo.
Karel Čapek
Nato nel 1890 a Malé Svatoňovice in Boemia e morto nel 1938 a Praga, è stato tra i maggiori scrittori cechi. La fabbrica dell’assoluto è il primo importante romanzo di Čapek, pubblicato l’anno successivo alla pubblicazione dell’altro suo grande successo R.U.R., dramma diviso in tre atti. È stato il primo autore ad utilizzare il termine robot che in lingua ceca significa “lavoro duro”.
La fabbrica dell’Assoluto
La fabbrica dell’Assoluto è un romanzo costruito sull’espediente di un macchinario, chiamato carburatore, che produce grandi quantità di energia elettrica dissolvendo completamente piccole porzioni di materia. Da questa combustione viene liberato l’Assoluto, una specie di presenza divina immanente intrappolata nella materia. La liberazione dell’Assoluto provoca, nelle persone che si trovano nelle immediate vicinanze del cosiddetto carburatore, manifestazioni estatiche, mistiche e fenomeni popolari di religiosità ed evangelizzazione.
Un macchinario che consuma poche zolle di carbone e fornisce energia per settimane, diventa appetibile non solo per fabbriche ma anche per chiese e luoghi pubblici. Il brevetto viene venduto e il carburatore messo in produzione. Da Břevnov, quartiere di Praga, il carburatore raggiunge una grande diffusione in ogni parte del mondo. La liberazione dell’Assoluto in luoghi diversi provoca sentimenti religiosi differenti e da questi nascono contrapposizioni e ostilità che non è possibile fermare.
I temi di La fabbrica dell’Assoluto
Sono diversi i temi riccorrenti di questo romanzo. Ne La fabbrica dell’Assoluto c’è la paura di un dominio della scienza e della tecnologia a cui consegue una perdita di controllo da parte dell’uomo sui macchinari da lui stesso creati. È presente anche un utopismo che non viene realizzato dall’uomo attraverso una rivoluzione operaia ma messa in atto da un’entità divina. L’opera è stata scritta nel 1921 e pubblicata nel 1922, anche se ambientata nel 1943. A pochi anni dalla Rivoluzione d’ottobre in Russia.
Ne La fabbrica dell’Assoluto c’è anche la guerra, la politica, i nazionalismi, i fanatismi religiosi, il capitalismo. C’è una profonda riflessione sulla politica e la società del tempo in una Cecoslovacchia in cui, poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale venivano ridefiniti i confini e si accentuavano le difficoltà con le minoranze etniche.
Lo stile letterario di Čapek
La narrazione di Čapek è continuamente attraversata da satira e da paradossi. L’ironia colpisce ogni tipo di istituzione, da quella religiosa a quella politica. Finanche la guerra che si ferma quando manca il pubblico interesse, come se fosse uno spettacolo, e le forze dell’ordine che per le occasioni importanti tirano fuori i manganelli della domenica. Dissacrante nei confronti del Divino che nella sua creazione appare caotico nell’abbondanza di stelle che riempiono il cielo.
Le descrizioni sono impressioniste, brevi e con modi poetici. Čapek si dilunga solo nell’elencare oggetti ed azioni, in pochi punti del racconto, per divertire il lettore e per aiutarlo ad immaginare. Con padronanza e carattere inserisce a metà del racconto, senza spezzarne il ritmo della narrazione, delle riflessioni del cronachista, ovvero dell’autore. Ben costruiti anche i dialoghi che si differenziano a seconda dei personaggi e dei loro caratteri.
Leggere oggi La fabbrica dell’Assoluto
Nonostante sia stato scritto quasi un secolo fa, La fabbrica dell’Assoluto tratta temi molto attuali. Il ritorno dei nazionalismi, la diffusione di un sentimento razzista, la discriminazione delle minoranze etniche. E poi i conflitti in Libia e la contesa di confini tra Grecia e Turchia, tornano ad essere questioni che ci riguardano da vicino. La stupida convinzione che il Dio di qualcuno sia migliore di quello di qualcun altro e le decapitazioni e gli omicidi che ne derivano.
È proprio vero, forse questi anni ’20 del duemila somigliano agli anni ’20 del novecento. Ed una lettura come questa, proposta per esempio ai giovani delle scuole superiori, potrebbe diventare uno strumento di riflessione che aiuti a credere nella gente prima di tutto ed evitare di commettere gli stessi errori storici.
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Interessante e coinvolgente, ammetto che non è il mio genere preferito, ma la tua analisi riguardo al romanzo mi ha colpita