La scuola va alla guerra? Disarmiamo la scuola

Dove va la scuola italiana? Alla guerra… Contemporaneamente alla privatizzazione e precarizzazione del sistema educativo, stiamo assistendo a un soffocante processo di militarizzazione delle istituzioni scolastiche e degli stessi contenuti culturali e formativi. Come accadeva ai tempi del fascismo, le scuole tornano a essere caserme mentre le caserme si convertono in aule e palestre per formare lo studente-soldato votato all’obbedienza perpetua. Alle città d’arte, ai musei e ai siti archeologici, presidi e docenti preferiscono sempre più le visite alle basi Usa e Nato “ospitate” in Italia in barba alla Costituzione o quelle alle caserme, agli aeroporti, ai porti militari, alle installazioni radar e alle industrie belliche. Si moltiplicano intanto le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli docenti, gli stage formativi su cacciabombardieri, carri armati e fregate di guerra o l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’élite delle forze armate o nelle aziende produttrici di armi. La scuola va alla guerra? Disarmiamo la scuola a sostegno della pace, delle libertà di espressione e insegnamento, della scuola pubblica e dei valori fondamentali di uguaglianza formale e sostanziale e di giustizia sociale. (Quarta di copertina )

Autore

Definire Antonio Mazzeo in poche righe è un compito arduo ma se è vero che contano le azioni più che le parole allora possiamo guardare con stima all’impegno quotidiano e caparbio nel sostegno ai valori che lo muovono. Mazzeo è un insegnante, giornalista, saggista, ecopacifista e antimilitarista. Ho avuto il piacere di conoscere virtualmente Mazzeo e apprezzare la disponibilità e la competenza del suo sostegno. Io reggino e lui messinese abbracciamo la condivisione dell’unico ponte utile all’area dello Stretto. Un ponte di idee e lotte costruito da chi rivendica la libertà della propria terra da mafia, massondrangheta e dai veri invasori. Invasori che non attraversano il Mediterraneo su barchini o navi di salvataggio ma lo navigano con sottomarini e cacciabombardieri e lo sorvolano con aerei seminatori di morte. Servitori di Stati belligeranti che ricevono in regalo pezzi di territorio per affinare tecnologicamente la specializzazione dell’essere umano all’autodistruzione in paesi lontani (neanche troppo) distruggendo e inquinando le aree limitrofe. Invasori che negli ultimi decenni stanno costruendo l’egemonia culturale della guerra direttamente nelle scuole, come ci spiega questo (l’ennesimo) ottimo libro-inchiesta di Mazzeo. Perchè a quanto pare, anche per lo Stato italiano, non si è mai troppo piccoli per imparare a odiare; e uccidere.

Il libro

È in atto, negli ultimi due decenni, un processo bipartisan per introdurre la guerra nella scuola, Per farla accettare ideologicamente e renderla addirittura un’appetibile opportunità professionale. Dopo l’alternanza scuola-lavoro, già protagonista di morti bianche, sfruttamento e addestramento alla disumanizzazione della persona a favore del mezzo di produzione, assistiamo alla scuola-caserma. La guerra entra nella scuola. Sempre maggiore la presenza di marines, esercito e produttori di armi nelle aule. Ma è anche la scuola che va alla guerra. Le gite e le attività culturali vengono sostituite da stage e visite presso basi NATO, industrie produttrici di armi, aerei e altri strumenti di morte. Si cerca quindi di creare generazioni future che rinuncino al futuro. A prescindere dal colore politico dei governi il processo avanza sui cingoli e ad armi spianate. Addirittura durante il Conte-bis – teoricamente il “più a sinistra della storia” – si è assistito a un’accelerazione di questa tendenza. Non sorprendono quindi le uscite dell’attuale ministro Crosetto e del presidente del senato La Russa sulla “mini-naja”. Pensiamo davvero che l’amore per la patria (qualunque cosa si intendi per patria) debba essere insegnato attraverso l’odio per chi ha “lo stesso identico umore ma la divisa di un altro colore”? In un paese sempre più arrabbiato e fortemente patriarcale come il nostro pensiamo sia una buona idea insegnare che l’uso della forza e della violenza siano la soluzione ai problemi?

La vita è ancora un diritto fondamentale?

Si tratta per me di un argomento sensibile e mi rendo conto di aver fatto una recensione poco professionale. Nel libro troverete in maniera molto lucida l’elenco delle attività protobelliche e delle scuole che vi partecipano. Attività spesso sostenute anche dalle istituzioni religiose. Voglio comunque aggiungere due punti di discussione e riflessione che il libro, ma in generale il lavoro di Mazzeo, mi hanno spesso ispirato.

Ho frequentato le istituzioni scolastiche tra gli anni 90 e la prima parte dei 2000. Quando la militarizzazione delle scuole era ancora in gestazione o agli albori. Come ho già detto qui considero la scuola solo un altro strumento che il potere ha per perpetrare e perpetuare se stesso. Probabilmente lo strumento più subdolo e funesto. Tuttavia ai cd “miei tempi” l’idea di usare la scuola per addestrare alla guerra era impensabile e l’accento era posto sull’importanza della cultura per superare la guerra come principio La militarizzazione delle scuole sembra invece affermare la violenza e l’omicidio come diritti giusti, anzi auspicabili in virtù della difesa dei confini. Confini che, tendo a ribadirlo, sono funzionali solo a chi li disegna e non a chi vi è – a svantaggio o apparente privilegio – recintato dentro.

Guerra fino all’ultimo uomo e poi?

Le inchieste di Mazzeo – che potete seguire anche su Africa-Express, Antimafiaduemila, Antidiplomatico e altri – cosi come il lavoro di ricerca di Giorgio Beretta (parlo del suo libro qui) mi spingono a chiedermi.

Considerando che viviamo in un sistema capitalistico basato su domanda e offerta, l’aumento delle spese e militari e conseguentemente riarmo, giustificato con “l’aumento di domanda di difesa” quale offerta ha come controparte? La risposta mi pare evidente; l’offerta è la guerra e viceversa. Le guerre non si scongiurano con più armi per tutti ma con nessuna arma, per nessuno.

Conclusione e speranza

Mazzeo è un vero “peace-resercher” e come ricercatore di pace riesce sempre a far notare un punto di speranza nonostante le tematiche che racconta. Anche questo libro si chiude con la speranza e gesti pratici di ribellione a questo processo di militarizzazione. Vi consiglio di leggere il libro, seguire il lavoro di Mazzeo, l’Osservatorio nazionale contro la militarizzazione delle scuole e delle università e riflettere sulla necessità di sostenere un controprocesso di smilitarizzazione delle scuole.

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