La sinistra italiana. Ma quale sinistra? Ed esiste ancora la sinistra?

La sinistra è in crisi dappertutto, non solo in Italia. Ma noi viviamo in Italia e quindi occupiamoci della sinistra italiana.  Ma quale sinistra ci vorrebbe per vincere in Italia? Questa è una domanda di molti, a cui seguono altri interrogativi: la sinistra può vincere in futuro in Italia? Quale sinistra può vincere? La sinistra italiana deve guardare alle democrazie nordeuropee o  ai repubblicani americani? Oppure deve semplicemente risanarsi la frattura tra massimalisti e riformisti nostrani? Ed è possibile riconciliare queste due anime?  Ha ancora senso parlare di sinistra? 

Passata la fase del compromesso storico, messe da parte falce e martello, avvenuta la depurazione dall’ideologia marxista, quello che mancano sono idee chiare sotto forma di punti programmatici e le parole chiare in forma di formule politiche. Fino a che non ci saranno questi presupposti basilari vinceranno il populismo, gli slogan, la strumentalizzazione della paura del nuovo e del diverso, le reazioni di pancia, le semplificazioni, la difesa a oltranza della vecchia formula Dio, patria, famiglia della destra. Anzi forse la sinistra per acchiappare i moderati, gli incerti, gli astensionisti si è dimenticata del suo popolo, del suo elettorato di riferimento, tant’è che buona parte degli astensionisti sono ex elettori di sinistra delusi e arrabbiati; insomma la crisi della sinistra è soprattutto identitaria e a questa segue una crisi di rappresentanza. La nuova sinistra, a forza di metamorfosi,  è diventata una nuova destra, atlantica, neoliberale, seppur sempre progressista. Hanno vinto tra tante correnti e tra tante lotte di potere interno i democristiani di quell’area.  C’è stato uno spostamento al centro. È diventato di fatto più centro che sinistra e sappiamo dai tempi della Dc che il centro in Italia è sempre stato una destra mascherata, occulta, seppur annacquata, rielaborata in chiave moderata e politicamente corretta. Tra politici e intellettuali di sinistra  c’è una grande conflittualità: i politici non vogliono gli intellettuali in politica, i pochi che sono stati cooptati se ne sono andati (vedi Michela Marzano, Odifreddi, Cacciari, etc etc). E poi è risaputo: gli intellettuali non portano voti! La nuova sinistra mette come primo punto i diritti civili, ma non i diritti dei lavoratori e il diritto di lavorare; non parla di come risolvere il grave problema dei morti sul lavoro; se difende i diritti degli immigrati, non si occupa più di tanto delle ragioni e delle paure dei penultimi, ovvero degli italiani disoccupati, precari, in difficoltà economica, che a stento arrivano a fine mese, quando ci arrivano. I commercianti vengono considerati dai politici di quei partiti tutti degli evasori. Allo stesso tempo la legge Bersani per un malinteso senso della libertà d’impresa ha tolto le licenze commerciali, ma un tempo i commercianti quando andavano in pensione potevano raggranellare dei soldi vendendo la licenza, oggi sono rimasti con una pensione da fame. E poi come non parlare di quelle proposte di patrimoniali da parte di quei politici progressisti che invece di tassare i grandi ricchi vorrebbero tartassare ulteriormente più che altro i benestanti, che non navigano certo nell’oro, che hanno risparmiato un gruzzoletto dopo una vita ci sacrifici, che stanno vivendo anche loro la crisi economica e vogliono lasciare qualcosa a dei figli, che hanno un futuro molto incerto. Per non citare poi il fatto che il centrosinistra va a braccetto con i poteri forti e con le banche e non difende gli interessi dei piccoli imprenditori quando la struttura portante del Paese sono proprio le piccole imprese. Il centrosinistra è debole con i forti, ovvero con i grandi capitalisti, e forte con i deboli, imprenditorialmente parlando. Che fine ha fatto la sinistra si vede dal fatto che il compagno Bertinotti non ha donato ad alcun museo (ma si è tenuto per sé) i quadri di Guttuso che valgono moltissimo,  da D’Alema indagato per le navi e le armi alla Colombia, da Renzi che ha eliminato l’articolo 18, dallo scandalo del Keu in Toscana, etc etc. E come non pensare che, se la destra criminalizza totalmente l’area anarchica, il centrosinistra non ci considera minimamente? Così quello che era il suo popolo, il popolo della sinistra, compiuta questa trasformazione e stando così le cose, ora vota l’altra destra: la destra che ha sempre fatto la destra e che non può essere tacciata di incoerenza. Bisognerebbe che i politici di quell’area si chiarissero le idee, prima di proporle ai militanti e agli elettori.  I politici di centrosinistra dovrebbero pensare perché sono di sinistra, quali sono i loro valori, quali devono essere i modelli di riferimento, chi vogliono veramente rappresentare, quali sono le loro ricette pratiche. Alcuni dei problemi che affliggono la sinistra sono lo snobismo, la puzza sotto il naso dei dirigenti, il conflitto di interpretazioni della realtà tra i vari partiti di quell’area, l’arrivismo di alcuni, l’essere attaccati alla poltrona (Andreotti scriveva che il potere logora, ma è meglio non perderlo). Adesso la vera voce del centrosinistra non è quella dei politici di primo piano ma quella dei giornalisti di quell’area, che fanno gli opinionisti in televisione. Le persone di sinistra si accontentino di quel che passa il convento; potrebbero cadere dalla padella nella brace, ovvero avere una sinistra tutta basata sui social, sull’immagine, sul personal branding, perché anche Fedez e la Ferragni si sono schierati e si dichiarano di sinistra: la tentazione di averli tra loro  è forte per i politici, anche se non sempre i follower si tramutano in  elettori.  Quindi,  come avrete capito, le questioni principali della sinistra italiana sono se sia possibile accontentare i militanti e convincere gli indecisi, se il trasformismo sia davvero inevitabile (e con esso tutte le contraddizioni intrinseche che comporta) o se si può tornare indietro, se la sinistra debba continuare a snaturarsi ancora per cercare di sopravvivere, di avere un seguito, di esistere. Sono tutte questioni molto complesse e di difficile soluzione, ammesso e non concesso che ci siano delle soluzioni. 

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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