La solitudine è una brutta bestia a lungo andare (racconto di fantasia)…

Se sapessi tutte le infinite gradazioni del cielo! Se capissi l’umanità! Se capissi chi non mi capisce e se fossi capito da chi non ho capito! Ma ognuno è incompiuto! Ognuno a suo modo non capisce la sua vita ed è incompreso dagli altri. Chi capisce ed è veramente capito dal mondo? Chi vive pienamente? Chi ama ed è amato davvero? Solo lo scalpicciare dei miei passi sulla ghiaia nel parcheggio davanti alla chiesa, chiusa tra l’altro. È una mattina come le altre. Il cielo è chiaro. La giornata è luminosa. Solo un alito di vento, una brezza leggera. Sempre la stessa vita. Sempre la stessa via all’alba. Sempre la stessa via del ritorno all’imbrunire. Sono un uomo solo e ordinario.  Io sono sempre lo stesso. Si tira avanti. I giorni sono in gran parte uguali ma con variazioni infinitesimali.  Fumo nervosamente un sigarino.  Dovrei accenderlo con i fiammiferi per non perdere l’aroma e invece uso l’accendino. Non dovrei aspirare e invece aspiro. Una boccata tira l’altra. Guardo le persone di quel paese, dove mi sono fermato occasionalmente.  C’è un panificio, un bar, un tabacchino, un’edicola in quella piazza. Ci sono donne mature che vanno a fare compere o vanno a fare colazione. C’è un immigrato che chiede degli spiccioli ai passanti e canticchia una canzone inglese, che non ho mai sentito prima. Penso al mare che si sposa con il cielo, al cielo che si adagia sulle colline. Fotogrammi in rapida sequenza. Sequenza fulminea di immagini. Piccoli flash mentali. Associazioni mentali e impressioni indefinite. Solo la musica coglie sfumature indicibili nell’animo. C’è una musica nell’aria proveniente dallo stereo di un appartamento vicino con la finestra aperta. Poi non penso più a niente di speciale e fumo. Le spire si alzano nell’aria, quindi si dissolvono. Guardo per qualche istante le volute di fumo, poi mi perdo nelle facciate delle case, nel campanile, nel monumento ai caduti, nelle macchine e infine nei raggi di sole obliqui, che spiovono. E mi dico forse in un’altra epoca. Non so dove, ma forse altrove. Tutta la vita non vissuta, sprecata, andata, non trattenuta! Tutto ciò che non ho mai avuto, né pensato! Essere uomini significa saper convivere anche con quello che non siamo mai stati, che non siamo e che non saremo mai. Non è più tempo di certezze granitiche. Non è più tempo di certezze. Mi tengo i miei dubbi e lascio agli altri le certezze. In fondo se ho sbagliato è perché sono figlio di questo mondo. In fondo se ho sbagliato è perché seguivo i miei sogni, volevo catturare la vita, volevo amare ed essere amato. Se non ci sono riuscito forse non è solo mia la colpa e voi lo dovete capire o dovete sforzarmi di capire, anche se non siamo in sintonia, anche se non siamo sulla stessa lunghezza d’onda io e voi. Ma è inutile fare recriminazioni. Inutile accampare scuse, portare giustificazioni.  Guardo di nuovo le vetrine e i tavolini di quel bar. Poco fa ho preso un latte caldo bianco e l’ho pagato solo un euro.  Non tutti i bar fanno del buon latte caldo, a differenza del cappuccino che può essere passabile se il latte è buono e il caffè scadente o se il caffè è buono e il latte mediocre. A volte vai in giro e chiedi un latte caldo e te lo fanno tiepido. La barista poi è stata gentile e cordiale, anche se ci siamo scambiati solo i convenevoli.  Penso che ormai in questa provincia tirano avanti solo i bar pasticceria o i bar che sono anche panifici. Ci sarebbero anche i bar che campano di aperitivi serali, ma hanno meno giro e talvolta per tirare avanti devono chiudere un occhio, anzi due sui traffici di droga di certi avventori. Che poi l’avviamento commerciale non conta più! Col fatto che non esiste più la licenza commerciale,  che prima era la vera liquidazione e pensione dei commercianti. ora chiunque può aprire due o tre bar dove hai il locale, magari a due passi da te e tu non lavori più.  E la pensione dei commercianti è una miseria perché è tutto datato in questa Italia: c’è l’antico retaggio che il commerciante sia uno coi soldi, un evasore, etc etc. In realtà basta chiedere a un commercialista per sapere che almeno in questa provincia la maggioranza dei commercianti fatica a tirare avanti, al massimo tira a campare e non c’è grasso che cola. Vado in macchina. Accendo la radio. Guido prudente. Ho poco GPL. Bisogna che mi fermi a fare rifornimento.  Tra 5 minuti c’è un distributore.  Prendo una scorciatoia. Ho 68 anni, anche se me li sento meno. Solo un poco di bronchite e qualche raschio alla gola. Ho fatto tutti i controlli medici. Solo il colesterolo alto, ma prendo le statine. Sono a venti km da casa. Telefono a mia sorella e le dico che ritarderò mezz’ora. Oramai mi è rimasta solo lei, che forse mi odia o forse un poco mi vuole bene e un poco mi odia in una continua fitta rete di rimandi, di ambivalenze, di piccole meschinerie e piccinerie. In definitiva sono pochi gli esseri straordinari di questo mondo. La maggioranza di noi è fatta da persone mediocri, infinitamente mediocri. Io sono assolutamente mediocre,  piccolo, meschino. Vivo di rancori, depressione, assenze, vuoti.  E non guardate il mondo dorato dello show-business perché spesso l’eccezionalità si nasconde, si trova altrove tra le persone meno in vista e più insospettabili. Io sarò sempre una voce fuori dal coro in questo senso perché fino a quando avrò forza continuerò a chiedervi cosa mai avranno di speciale e cosa mai ci troverete in quei presentatori, in quelle showgirl, in quei calciatori, in quei cantanti che non trovate nelle persone cosiddette comuni del vostro paese o della vostra provincia. Ah il mondo dorato del successo! Ah i soldi, la fama, l’amore del pubblico! E poi io sono un anarchico particolare. I  marxisti vedono gli imprenditori come dei nemici, degli sfruttatori. I capitalisti invece non fanno altro che ripetere che loro hanno avuto le idee giuste e che danno posti di lavoro. Ci sono operai che vivono un rapporto di amore-odio nei confronti dei cosiddetti padroni tutta la vita. Ma ci sono anche dipendenti che li odiano in modo viscerale o che li ammirano, forse li amano. Per me gli imprenditori, che sono di tanti tipi, tirano solo l’acqua al loro mulino, cercano di mandare avanti la loro baracca e massimizzare i loro profitti. Insomma i datori di lavoro spesso non sono diavoli né santi e io, secondo uno slogan anarchico, non sarò mai né servo né padrone. Non lo sono mai stato. Sono sempre stato un tipo indipendente.  E non sto parlando di condizione economica perché i dipendenti hanno ormai più soldi e molta più sicurezza dei commercianti. Io sono solo un ex commerciante.

Una famiglia vera e propria non ce l’ho. Vivo con mia sorella, ma lei se ne frega di me. Lei è la mia famiglia ed è tutto dire.  Mi considera solo il minimo indispensabile,  solo il necessario. Ho una casa. Ho un tetto. Una casa che mi ripara dal freddo e dal caldo. Tra la casa e la strada ho scelto la casa perché in strada la vita è troppo dura e in piazza non c’è più nessuno. Gaber con la sua canzone sulla strada  è passato di moda, è anacronistico. Certo io ho delle contraddizioni,  forse insanabili.  Non sono un borghese né un artista. Non sono mai stato un conformista. Non sono mai stato un uomo arrivato. Ma voglio dirvi che alcune volte quando scende la sera mi sento troppo solo. Non ce la faccio più. Devo rompere a ogni costo la mia solitudine. Ma sono troppo vecchio e non sono mai stato un bell’uomo. Come stasera. Stasera capisco perfettamente tutto il nichilismo alla base dell’Occidente e capisco Pavese; capisco il suo gesto estremo. La vita certe sera sembra presentarti il conto. Non trovo via di uscita. L’unica soluzione momentanea è uscire. Stasera esco e cammino. Fa freddo, ma non mi interessa affatto. Ho detto a mia sorella che vado a prendere un caffè.  Invece vado in un centro massaggi dove posso trovare ragazze cinesi. È distante un km e mezzo da casa. In giro c’è il deserto o quasi. Non mi dovrebbe notare nessuno. Mi sono messo anche un berretto che mi copre tutta la capigliatura e la fronte in modo da essere difficilmente riconosciuto. Ho preso trenta euro per un massaggio economico, il più economico. Già che ci sono vado davvero al bar più vicino per ingannare un poco il tempo, per distrarmi ulteriormente, per ingannare l’attesa e farmi passare il magone. Sono depresso e deprimente. Lo so.  Il caffè è buono. Pago il conto. Saluto la barista e mi accingo a godere un poco. Non ho preso il Viagra né il Cialis. Ma non devo farmi bello con nessuna. La ragazza cinese non mi giudicherà.  Non lo racconterà alle amiche. Non mi darà il voto. Non farà pettegolezzi su di me. Le femministe diranno che è sfruttata. È vero. Ma io non sono uno sposato con figli che va spesso con prostitute per vizio, divertimento,  sfizio, petrarchismo numerico, dongiovannismo di infimo ordine, trasgressione, etc etc. Io sono così  solo e ho voglia di uccidermi. Lei infatti è carina con me e colma il mio vuoto, rompe la mia solitudine. Facciamo quello che dobbiamo fare. Era da anni che non andavo con una donna. Non ce la facevo più. Stavo quasi per arrivare al punto di non ritorno. Anche di solitudine, di troppa solitudine si muore talvolta. Ho i miei antidepressivi, ma in certi casi il miglior antidepressivo è fare sesso con una donna, anche se chi ha una donna dà la cosa scontata, non gli dà più valore e magari ti viene a dire che il sesso è sopravvalutato.  Invece no. Talvolta il sesso è necessario. Ci vuole. Ne abbiamo bisogno. Ognuno ha un limite di sopportazione. Non c’è da scandalizzarsi. E gli psicofarmaci o lo psicoterapeuta servono a ben poco, anzi a niente. A volte ho solo il bisogno di sentire il calore di una donna, di accordare il mio respiro al suo, di intrecciare le mie mani con le sue. Ho bisogno di un abbraccio perché soffro anche di carenze affettive. Ogni volta che abbracci o fai sesso si libera l’ossitocina, detto anche l’ormone dell’amore. L’ossitocina fa stare bene, allunga la vita. Non si può stare soli troppo a lungo per non impazzire, per non morire. E mi fanno pena certi uomini che pensano di essere chissà chi e ti guardano dall’alto in basso perché non hai una donna. Da giovane anche io ho avuto le mie ragazze, le mie amiche di una sera, le mie botte di vita, le mie emozioni, i miei amori. Oggi sono passato di moda. Oggi ho fatto il mio tempo. È passato il mio tempo. Sono una persona anziana, non piacente e non benestante. Non posso più amare le cosiddette donne normali. Tutto quello che posso avere è elemosinare un poco di sesso occasionale in un centro massaggi. Che poi ci sono centri massaggi thailandesi dove sono professionali e le loro prestazioni non sono sessuali e invece centri massaggi dove la mano finisce nelle zone intime e si va oltre il semplice massaggio. Io so dove andare, anche se sono un frequentatore molto  occasionale. Saluto la ragazza, la bacio sulle guance.  Mi accompagna alla porta. Non mi sento più solo. Non sono più solo. Esco trafelato guardandomi intorno. Per fortuna non c’è nessuno che mi conosce. A quest’ora non c’è proprio nessuno. Ritorno a casa con un sentimento contrastante: da una parte provo il senso di colpa per aver pagato una donna sfruttata, da quell’altra mi sento meno solo; ci siamo scambiati qualcosa, qualche sensazione, un poco di piacere reciproco,  un poco di amore forse. Forse non è stato tutto da buttare da entrambe le parti, ma poi mi dico che sto mentendo a me stesso perché lei era troppo giovane, troppo carina e io sono solo uno dei tanti. Guardo le stelle, la luna, la volta celeste e penso che non ho domani. Ormai sono un uomo finito e se mi restano dei giorni sono davvero pochi. I miei giorni posso contarli quasi col contagocce. La serata è finita.

Stamani mi sono svegliato e mi sono sentito al contempo sia sfruttatore sessuale che appagato sessualmente. Il mio stato d’animo era altalenante. Il mio sentimento nei confronti di quello che avevo fatto era contrastante. Ora sono le 18.  Voglio telefonare al mio amico Filippo, mio coetaneo. Lui è sposato con figli, tutti ormai sposati. Lui è ancora attraente per il gentil sesso. Ha anche una bella macchina.  Vado fuori per telefonargli perché non voglio che senta mia sorella. Le parole filtrano tra le pareti in quella casa. C’è un’acustica strana a casa mia. Si sente sempre ciò che si dice. Io telefono da camera mia nel sottotetto. Mia  sorella al piano terra sente tutto, anche se ascolta la televisione ad alto volume. Così cammino fino alla zona industriale. Vado in un posto lontano da occhi e orecchi indiscreti, dove nessuno mi conosce e dove nessuno può captare i miei frammenti di conversazione telefonica nell’aria. In realtà avrei potuto rinchiudermi in macchina, ma è stato più istintivo andare a piedi e sfogarmi. Mi metto accanto a delle piante di oleandro davanti a una piccola fabbrica dismessa e mi sfogo. Gli dico che è da falliti, da sfigati di merda comprare una donna, ma che ero impossibilitato a fare altrimenti. Lui in modo accorato ed empatico mi dice  che è umanamente comprensibilissimo quello che avevo fatto. Gli parlo dei miei impulsi suicidi. Mi risponde che anche lui voleva uccidersi dopo la morte dei suoi e che è stato a lungo depresso dopo che la sua amante una decina di anni fa aveva interrotto la relazione con lui. Mi  confessa che lui attualmente tradisce la moglie perché lei lo fa solo per dovere e non sa più ravvivare il desiderio. La tradisce occasionalmente con una sua amica di vecchia data, sposata anch’essa.  Si vedono di rado e sempre in posti rischiosi, ovvero nelle loro rispettive case col rischio elevato di essere sorpresi dai loro coniugi o dai loro familiari. Insomma siamo tutti deboli, fragili, peccatori.  Poi si ritorna a quello che avevo fatto ieri sera. Mi dice che tranne i santi tutti avrebbero fatto la stessa cosa nella mia medesima situazione, col mio vissuto e col mio stato d’animo. In fondo mi dice che mi capisce perfettamente. Io mi colpevolizzo ancora e gli dico che certi invalidi con una lesione al midollo spinale non possono più fare sesso per tutta la vita e io devo pensare anche a chi è messo peggio di me; non devo pensare solo ai playboy. Poi in fondo sono fortunato perché non sono proprio povero e godo di buona salute. Mi dice che coi pochi soldi a  disposizione non potevo permettermi una escort di lusso, una vera libera professionista.  Mi dice che sia Dio che gli uomini veramente umani mi avrebbero perdonato e che tutti abbiamo dei momenti di fragilità. E poi mi rimprovera perché io non sono cattolico e nonostante questo ho dei sensi di colpa tipici dei cattolici. Gli rispondo che alla fine anche la mia coscienza in parte è intrisa di cattolicesimo, che poi si finisce anche da vecchi per essere condizionati dalle regole del catechismo che ci hanno propinato da bambini. Mi dice che la solitudine è una brutta bestia da qualunque parte la si veda e da qualunque parte si rigira il problema. Mi dice che se ne andassero a fare in culo i moralisti per una volta tanto e magari anche per tutte le volte. Insomma mi ha rincuorato. Mi guardo intorno perché ho parlato a voce alta in modo inequivocabile e mi sono anche infervorato. Non c’è nessuno. Accendo un sigarino, lo  fumo velocemente e poi lo getto in una fogna. Mi incammino  sulla via del ritorno. Non mi sento più solo. Non sono più solo. Questa sera è la mia sera. In questa sera c’è tutta la mia vita. 

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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