La spiritualità non ammette razzismo

Oggi è sempre più diffusa una concezione della vita secondo cui siamo principalmente entità spirituali che attraverso l’incarnazione in un corpo materiale fanno esperienze, prendono coscienza, maturano fino ad arrivare ad uno stato di coscienza detto di Illuminazione, o di perfezione, di completezza per cui non necessiterebbe più sperimentare la vita corporea e la materia.

A farsi portatrici di questa idea solo le religioni e/o filosofie orientali, le correnti esoteriche delle religioni occidentali (sufismo, cabbala) e quindi anche i gruppi iniziatici tradizionali (massoneria, rosacroce e martinismo),  le correnti new age e neopagane ma anche in occidente, per esempio, credenti cattolici, persone comuni che considerano possibile e logico il concetto di reincarnazione.

Ma la dottrina della reincarnazione è spesso associata a quella del karma secondo cui l’uomo paga i propri errori durante questa vita o nella successiva sperimentando sulla propria pelle tutto il malessere, il disagio e il dolore che ha provocato al prossimo al fine di prenderne coscienza ed evolvere.


Secondo la dottrina della reincarnazione, l’anima ha bisogno di innumerevoli incarnazioni per illuminarsi. Ciò presuppone che durante la sua esistenza un entità spirituale prenda possesso di un corpo, nascendo in svariate parti del mondo, divenendo individui di ogni colore di pelle, di ogni lingua, di ogni sesso e tendenza sessuale, di ogni credo religioso e di ogni credo politico.  

Per questo motivo possiamo dire che ogni uomo è figlio di tutte le culture, che non può esistere appartenenza, orgoglio e superiorità ma diversità e ricchezza. Per lo stesso motivo possiamo dire di appartenere ad un’unica famiglia umana, un’unica fratellanza universale fatta di anime sorelle che insieme sulla terra cercano di padroneggiare se stessi prima di essere pronti per altre esperienze; come i bambini giocano con utensili che non possono arrecare loro danno fino a quando non saranno pronti per maneggiare quelli degli adulti.


Questa visione della vita non può ammettere superiorità di alcuni individui rispetto ad altri, cadrebbe in contraddizione. Siamo tutti individui destinati ad acquisire buon senso; certamente c’è chi è più vicino ad averlo acquisito e chi meno. Ma non è né una questione di razza che dipende dal luogo di nascita, né una questione di superiorità. E’ una questione di maturità che verrà per tutti e che deve venire spontaneamente e naturalmente e, che, insomma, non può essere forzata.

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