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La storia di Fermo romana ha inizio con la deduzione della città nel 264 a.C.. La deduzione è però dovuta alle vicende legate alla conquista romana dei territori piceni. Erano stati i Piceni (o Picenti) a cercare l’alleanza dei romani nel 299 a.C., contro i popoli confinanti del nord (Galli Senoni) e del sud (Pretuzi), il risultato di tale scellerata alleanza fu che essi si trovarono accerchiati dai romani1. I Piceni, sofferenti per tale situazione strategica, si trovarono costretti ad insorgere nel 269, ma già l’anno successivo vennero sconfitti definitivamente.
I territori che a quel tempo si trovavano sotto al dominio piceno ebbero un destino differente: Asculum e la città greca di Ancona rimasero indipendenti all’interno dell’alleanza con Roma, mentre tutti gli altri territori, quello fermano compreso, vennero completamente assoggettati al dominio romano. Gli abitanti di questi territori divennero cives sine suffragio organizzati in praefecture ancora esistenti al tempo di Cesare2.
La colonia di Firmum
Nel territorio piceno così divenuto ager publicus fu appunto dedotta la colonia latina di Firmum3. Rimanendo sull’origine del nome e tornando allo già menzionato Velleio Patercolo, in Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, egli pronuncia «Firmum et Castrum colonis occupata». Tale affermazione è stata sempre intesa dagli studiosi nel senso che la colonia di Firmum, ugualmente a quella di Castrum, fu sovrapposta ad un insediamento preesistente4.
I reperti archeologici rinvenuti suffragano tale teoria, ma mettono in evidenza che quello preromano nel territorio fermano fu un insediamento e non una città, anche nella concezione antica del termine. Quanto alla monetazione arcaica, che i cronisti e storici locali prendevano come prova dell’esistenza di una città preromana, va invece ricondotta ai primissimi decenni di vita della colonia. La vera storia di Fermo ha inizio solo con la deduzione del 264 a.C.. La deduzione di Fermo era dettata dalle stesse esigenze di ordine principalmente strategico che spiegano, in generale, la fondazione delle colonie latine5.
Firmum nel II secolo a.C.
Per quanto concerne il numero di coloni dedotti a Firmum, esso si aggirerebbe intorno ai 60006. Già a partire dal III secolo a.C., la colonia fermana rimase sempre fedele a Roma, in particolare, come già detto in precedenza, durante la seconda guerra punica. Per quanto riguarda il II secolo, le notizie relative alla città che si ricavano da fonti letterarie sono quasi tutte connesse alle vicende della storia militare romana. Nella battaglia delle Termopili, del 191 a.C., il contingente fermano permise a Catone, stando alla testimonianza di Plutarco, di forzare con un colpo di mano il passo delle Termopili, tenuto dall’esercito di Antioco III7.
Anche a Pidna nel 168 a.C., fu una cohors Firmana a fare la differenza nel presidio dell’accampamento prima della battaglia contro Perseo re di Macedonia8. L’unica altra menzione relativa a Firmum del secondo secolo a.C., è quella relativa alle origini fermane di Lucio Equizio9, figlio di Tiberio Gracco. Ulteriori menzioni della città sono relative alle guerre sociali tra Cesare e Pompeo, e quelle seguite alla morte di Cesare. Tornando indietro di qualche decennio, Firmum ebbe un ruolo decisivo nella guerra sociale scoppiata nel 91 a.C..
Le guerre tra Cesare e Pompeo
La rivolta partì proprio da Asculum e ad essa si unirono subito molte colonie dei dintorni, al fine di strappare con forza la cittadinanza romana e chiedere maggiore autonomia. Firmum in questa situazione decise di rimanere fedele a Roma e giocò un ruolo fondamentale nelle primissime fasi della guerra. Asculum nella sua posizione restava totalmente isolata dai suoi alleati, perciò fu normale nella strategia di guerra romana attaccarla per prima10. Nell’inverno tra il 91 e il 90, Gneo Pompeo Strabone11, uno dei legati del console Publio Rutilio Lupo12, veniva inviato per la via Salaria contro Asculum.
Pompeo Strabone, avendo possedimenti nella zona dell’ascolano, conosceva molto bene i luoghi, ma fu comunque sconfitto e fu costretto a scappare e a rifugiarsi in Firmum. Qui venne posto sotto assedio da Tito Lafrenio. L’assedio durò dalla primavera del 91 all’autunno del 9013. Pompeo Strabone decise di uscire dalla città solo quando forze romane erano ormai giunte in suo aiuto. Mentre un suo legato, Sulpicio, aggirava l’esercito nemico, egli lo attaccava frontalmente, forte degli aiuti ricevuti. La vittoria di Pompeo Strabone viene datata nel novembre del 90.
Però l’aiuto di Firmum ai romani non si esaurì con questo episodio, essi continuarono a mandare aiuti alle truppe romane che combattevano contro Asculum. Intanto nel 90 Roma aveva concesso la cittadinanza a tutte le colonie latine, perciò Firmum passò da colonia latina a municipio14. L’unico riferimento di tale passaggio presente nelle fonti è quello fatto da Cicerone, in Phil. VIII 8, 23. Firmum venne menzionata anche in due carmina (114 e 115) di Catullo dedicati alla tenuta posseduta da Mamurra nel territorio fermano15.
Lucio Tarius Firmanus
Di origine fermana dovrebbe essere il noto matematico Lucius Tartius Firmanus, famoso per aver calcolato e canonizzato la data di fondazione di Roma. L’origine fermana del personaggio è riportata come notizia certa sempre da Cicerone16. Cicerone a Firmum aveva anche un altro amico un certo Gavio Firmanus, del quale però non si conosce nulla17. Firmum venne menzionata anche in uno scambio epistolario Pompeo Magno e Lucio Domizio Enobarbo, il bisnonno dell’imperatore Nerone, dell’11 febbraio del 49, la menzione è relativa alle conquiste di Cesare18.
Lo stesso Cesare infatti afferma di aver conquistato la città di Firmum nel De bello Civilis. La città però non ebbe un ruolo attivo nello scontro tra Cesare e Pompeo. Tutt’altro ruolo ebbe nello scontro tra Antonio e Ottaviano, futuro Augusto. Già nel gennaio del 43 è menzionata nella Filippica VII di Cicerone poiché andava elogiata per essersi schierata fin da subito contro Antonio. Il repentino riavvicinamento tra Ottaviano e Antonio fece sì che Firmum fu vittima delle confische e nei sui territori venne dedotta una delle colonie triumvirali19.
La colonia triumvirale di Firmum
Così nel 41 a.C. ha inizio la terza fase della storia istituzionale di Firmum, che da municipio passa a colonia triumvirale, titolo onorifico che gli resterà per tutto il periodo imperiale. È molto probabile che dopo il 31 avesse avuto luogo un nuovo intervento sull’assetto territoriale di Firmum, come si evince da un’epistula dell’imperatore Domiziano del 22 luglio dell’82 d.C., con la quale veniva comunicato ai magistrati di Falerio l’esito di una causa tra la loro città e quella di Firmum20.
Secondo Mommsen, alle assegnazioni triumvirali a Firmum avevano fatto seguito quelle auguste a Falerio, perciò queste ultime si estesero sino al territorio fermano, ecco il motivo della causa tra le due città. Ma Domiziano diede ragione ai Falerienses contro le pretese fermane21. Un’altra notiza su Firmum di epoca imperiale è riportata da Plinio il Giovane. Plinio afferma di accettare il patrocinio Firmanorum publicam causam, fattagli dall’amico Sabino, originario di Firmum22. La causa è nuovamente tra Firmum e Falerio per i medesimi territori.
Nel tardo periodo imperiale e durante le invasioni dei popoli barbarici
Per quanto concerne il periodo tardo imperiale, fatta eccezione per le opere geografiche, Firmum non si trova più menzionata in fonti letterarie, perciò a questo punto è bene affidarsi alle fonti epigrafiche. L’attestazione di un Curator rei publicae23, nella prima metà del III secolo, può valere qui come indizio che anche Firmum non si sottrasse alle generali condizioni di declino economico. Va inoltre detto che le guerre civili per la pretendenza al trono imperiale che si svolsero tra il 235 e il 285 non coinvolsero la zona del piceno, perciò Firmum non venne più menzionata.
Con il V secolo iniziarono le invasioni dei popoli barbarici e Firmum come tutta l’Italia subì prima la dominazione di Odoacre (476) poi quella di Teodorico (493). Con la guerra greco-gotica (535-553), voluta dall’imperatore d’oriente Giustiniano, Firmum fu il luogo di incontro tra i comandanti Belisario e Narsete24. Sempre a Firmum nel 538 Belisario, dopo aver conquistato Urbino, fece svernare parte dell’esercito. Nel 545 Totila comandante dei Goti assediò prima Firmum e poi Asculum, conquistando in breve tempo le due città25. Firmum e tutto il territorio del centro Italia uscirono completamente devastati da questi venti anni di guerra continua.
Note
- L. Polverini, N. F. Parise, S. Agostini e M. Pasquinucci, Firmum Picenum I, introduzione di E. Gabba, Pisa, Giardini Editore, 1987, p. 24.
- A. von Afzelius, Die Römische Kriegsmacht während der Auseinandersetzung mit den hellenistischen Grossmächten, Kobenhavn, Munksgaard, Aarhus, Universitetsforlaget, 1944, pp. 177-189.
- G. Napoletani, Intorno alla prima Guerra punica: Dall’apertura delle ostilità alla conclusione della Pace fra Roma e hierone di Siracusa. Conferenza tenuta nella r. Università di Roma, Fermo, S. Tip., 1905. Napoletani sosteneva che il nome Firmum fosse già in uso nel territorio prima dell’arrivo dei romani, a supporto della sua teoria vi è anche una nota affermazione di Liutprando, pronunciata nell’896 d.C.: «catrum vocabulo e natura Firmum».
- Ibidem
- E. T. Salmon, Roman colonization under the Republic, Ithaca, New York, Cornell University press, 1970, pp. 55-69.
- A. Degrassi, Scritti vari di antichità: raccolti da amici e allievi nel 75. compleanno dell’autore, Roma, a cura del Comitato d’onore, 1962, p. 83.
- Plutarco, Vite degli uomini illustri, Milano, Sonzogno, 1940, Cato maior 13: « Ἐν δὲ Συρίᾳ καὶ γελοῖόν τι λέγεται παθεῖν. βαδίζων γὰρ εἰς Ἀντιόχειαν, εἶδε περὶ τὰς πύλας ἔξω πλῆθος ἀνθρώπων ἑκατέρωθεν τῆς ὁδοῦ παρακεκριμένων, ἐν οἷς ἔφηβοι μὲν χωρὶς ἐν χλαμύσι καὶ παῖδες ἑτέρωθι κοσμίως εἱστήκεσαν, ἐσθῆτας δὲ καθαρὰς ἔνιοι καὶ στρεφάνους εἶχον, [2] ἱερεῖς θεῶν ὄντες ἢ ἄρχοντες. πάντων οὖν μᾶλλον οἰηθεὶς ὁ Κάτων αὐτῷ τινα πράττεσθαι τιμὴν καὶ δεξίωσιν ὑπὸ τῆς πόλεως, ὠργίζετο μὲν τοῖς προπεμφθεῖσι τῶν ἰδίων, ὡς μὴ κωλύσασιν, ἐκέλευσε δὲ καταβῆναι τοὺς [3] φίλους, καὶ πεζῇ προῄει μετ’ αὐτῶν. ὡς δ’ ἐγγὺς ἦσαν, ὁ πάντα διακοσμῶν ἐκεῖνα καὶ τὸν ὄχλον εἰς τάξιν καθιστάς, ἀνὴρ πρεσβύτερος ἤδη, ῥάβδον ἐν τῇ χειρὶ καὶ στέφανον κρατῶν, ἀπήντησε τῷ Κάτωνι πρὸ τῶν ἄλλων, καὶ μηδ’ ἀσπασάμενος ἠρώτα, ποῦ Δημήτριον ἀπολελοίπασι, καὶ [4] πηνίκα παρέσται. Πομπηΐου δ’ ἦν γεγονὼς ὁ Δημήτριος οἰκέτης· τότε δὲ πάντων ὡς ἔπος εἰπεῖν ἀνθρώπων εἰς Πομπήϊον ἀποβλεπόντων, ἐθεραπεύετο [5] παρ’ ἀξίαν, μέγα παρ’ αὐτῷ δυνάμενος. τοῖς μὲν οὖν φίλοις τοῦ Κάτωνος γέλως ἐνέπεσε τοσοῦτος, ὥστ’ ἀναλαβεῖν ἑαυτοὺς οὐκ ἐδύναντο, διὰ τοῦ πλήθους ἅμα βαδίζοντες, ὁ δὲ Κάτων τότε μὲν ἰσχυρῶς διατραπείς, ὦ τῆς κακοδαίμονος ἔφη πόλεως, ἄλλο δ’ οὐδὲν ἐφθέγξατο· χρόνῳ δ’ ὕστερον εἰώθει γελᾶν καὶ αὐτὸς ἐπὶ τούτῳ, καὶ διηγούμενος καὶ μνημονεύων».
- T. Livio, Ab urbe condita, XLIV 40, 6.
- Fece una rapida carriera politica urbana tra il 102 e il 100 a.C.. Si veda G. Paci, Epigrafia e ordine senatorio: colloquio internazionale AIEGL, Roma 14-20 maggio 1981, in Quaderni catanesi, a. 3., n. 6, 1981, pp. 488-495.
- G. Clemente, Guida alla, cit., pp. 236 e ssg.
- Fu il primo del suo ramo dei Pompei a raggiungere lo stato senatoriale a Roma, nonostante i pregiudizi anti-rurali del Senato romano. Fu questore in Sicilia nel 104 a.C. Dopo aver dimostrato il suo talento militare, Strabone scalò le tappe del cursus honorum fino a divenire console nell’anno 89 a.C., durante la guerra sociale. Strabone comandò le forze romane contro gli alleati italici nel nord dell’Italia: la città di Laus Pompeia, costruita sul sito di un antico insediamento boico, fu così nominata proprio in suo onore. Dopo un lungo assedio conquistò la città di Ascoli, trucidò i capi della rivolta e mandò in esilio parte dei suoi abitanti. Le sue tre legioni romane furono determinanti nella vittoria di Roma. Concesse la cittadinanza ad un gruppo di cavalieri iberici che si era distinto al suo comando (virtutis caussa) durante la guerra civile, iscrivendoli nelle varie tribù romane, del cui provvedimento ci rimane una celebre epigrafe bronzea. Nell’89 a.C. promosse la Lex Pompeia de Transpadanis, che concesse il diritto latino anche ai Transpadani. Secondo alcuni studiosi è anche colui che l’ha proposta a Roma. Dopo il consolato e la guerra, Strabone si ritirò nel Picenum con i suoi veterani. Quando Silla prese il posto di Pompeo nella guerra contro Mitridate e lasciò Quinto Pompeo Rufo in carica dell’Italia, il Senato gli ordinò di lasciare l’esercito al console in carica, ma Strabone, contrariato, prima di consegnargli l’esercito lo fece uccidere. Silla lasciò perdere questo episodio perché era in viaggio per la Grecia. Rimase lì fino all’87 a.C., quando Cinna fu cacciato dall’Urbe dal collega Ottavio rispose all’appello degli ottimati che volevano il suo appoggio contro i mariani. Anche se marciò verso Roma lentamente perché non era convinto da che parte schierarsi, alla fine fu costretto a combattere contro Cinna e Sertorio. La battaglia non fu decisiva ma Cinna dopo ciò cercò di assassinarlo inutilmente. Morì a causa di un fulmine o più probabilmente di una pestilenza nell’estate di quello stesso anno. Il figlio di Strabone, il famoso Gneo Pompeo Magno, si mise a capo delle legioni del padre e le ricondusse nel Picenum.
- Fu console romano nel 90 a.C., insieme a Lucio Giulio Cesare, quando scoppiò la Guerra Sociale. La guerra per la quale il console Publio Rutilio Lupo sarebbe caduto valorosamente in battaglia, era iniziata nel 91 a.C., un anno prima della sua morte, lo stesso anno della sollevazione di Ascoli. I primi momenti della guerra furono contrassegnati, per i romani, da numerosi insuccessi. Gli italici attaccarono le fortezze, con frequenti e vincenti azione di guerriglia, poi iniziarono le battaglie campali. Data la vastità del teatro di guerra, la repubblica decise di dividere in due parti il territorio degli insorti. Al console Publio Rutilio Lupo diede il compito di ridurre all’obbedienza i Piceni, i Vestini, i Sabini, i Peligni e i Marsi, a Nord, mentre a Lucio Giulio Cesare affidò l’incarico di combattere i Sanniti, i Campani e gli altri popoli dell’Italia meridionale. Per fronteggiare il primo schieramento venne scelto dai ribelli, il marso Pompedio Silone, contro il secondo schieramento, comandato da Publio Rutilio Lupo, il sannita Papio Mutilio. Lucio Giulio Cesare aveva tra i suoi legati Silla), mentre al Nord Publio Rutilio Lupo poteva contare su Gaio Mario, rientrato dall’Oriente. La battaglia dove trovò la morte il console venne combattuta l’11 giugno del 90 a.C., contro l’altro comandante marso, Vezio Scatone ed avvenne, secondo alcuni storici, sulle rive del Toleno, mentre secondo altri su quelle del Liri. Gli storici che ci hanno tramandato lo scontro sanguinoso, che fu disastroso per le armi romane, sono infatti di parere diverso. Ovidio, in un verso dei Fasti, afferma che si trattò del fiume Toleno, e della stessa opinione del grande poeta peligno è anche lo storico Orosio, dove si legge che le acque del Toleno trasportarono i cadaveri dei soldati romani, uccisi nella battaglia. Appiano invece, che nella sua storia fornisce maggiori particolari della Guerra Sociale, individua il luogo dello scontro sulle rive del Liri. Il console morì insieme a 8.000 dei suoi soldati, e solo grazie a Mario i romani riuscirono ad impedire la completa catastrofe continuando la resistenza sul quel fronte.
- G. Clemente, Guida alla, cit., p. 237.
- L. Polverini, N. F. Parise, S. Agostini e M. Pasquinucci, Firmum, cit., p. 34; si veda anche U. Laffi, Sull’organizzazione amministrativa dell’Italia dopo la guerra sociale, in Akten des 6. internationalen Kongresses fur Griechische und Lateinische Epigraphik, Munchen 1972, pp. 37-53.
- Catullo, Carmina, a cura di Vincenzo Guarracino, Milano, Signorelli, 2005.
- M. Spagnoli, Cronache, cit., p. 65.
- La lettera in cui venne menzionato tale personaggio era stata inviata ad Attico il 17 novembre del 56. Cic. Ad Att. IV 8°, 3.
- La notizia venne riportata da Cicerone: Cic. Ad Att. VIII, 12b, 1.
- E. Pais, Storia della colonizzazione di Roma antica: Vol. I. Prolegomeni. Le fonti. I libri imperiali regionum, Roma, A. Nardecchia, 1923, p. 42.
- CIL IX 5420.
- CIL IX 5420, 21-26.
- Plinio il Giovane, Epist. VI 18.
- CIL VI 1471, Neratius Marcellus
- G. Ravegnani, I bizantini in Italia, Bologna, il Mulino, 2004.
- G. Ravegnani, Soldati e guerre a Bisanzio. Il secolo di Giustiniano, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 122.