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“La Storia è maestra”, ma quale Storia?
Ci si lamenta spesso, anche giustamente, che “la Storia è maestra di vita”1, frase cara a Gramsci come a Umberto Eco, tratta da Cicerone, ma ha “cattivi allievi”, nel senso che vicende attuali su scala nazionale e internazionale paiono confermare ripetutamente che dagli accadimenti e dai processi storici e dalla loro drammaticità poco o nulla si è appreso se si ripetono gli stessi errori ed orrori, sia pure in circostanze mutate.
La Storia come strumento di potere: la costruzione di stereotipi e consenso all’ideologia dominante
Il vero problema però é che la Storia come viene tramandata e insegnata attraverso cento strumenti (scuola, centri religiosi, canzoni, opere pittoriche e scultoree, spettacoli nelle fiere e sui sagrati, poi teatri, libri, poi giornali, riviste, poi cinema, radio, tv, infine il web ed i social) è spesso del tutto falsificata e quasi sempre strumento di potere, di criminalizzazione dell’”altro” (sconfitto), di esaltazione di modelli non corrispondenti alla realtà dei fatti e dei personaggi, per cui forse si può dire che in numerosi casi la Storia è proprio “maestra di vita” ma nel senso di essere strumento di costruzione di stereotipi e di consenso all’ideologia dominante!
Certamente il voluto taglio degli spazi assegnati allo studio della Storia nella scuola italiana negli ultimi decenni e soprattutto la ri-canalizzazione di tale studio verso metodologie che non sviluppano il pensiero critico e logiche di “rendimento” aziendalistiche è una nefasta scelta razionale che serve a favorire la passivizzazione delle giovani generazioni e perfino il negazionismo, il revisionismo, spesso di matrice fascista esplicita o mal mascherata.
Storia d’Italia: tra propaganda e menzogna, la verità negata
Ma anche negli anni in cui, dopo il ’68, il pensiero critico era riuscito ad intrecciarsi con lo studio della Storia nelle scuole, anche negli anni dove al cinema si potevano vedere non film di propaganda nazionalfascista (e negazionista dei crimini italiani in Yugoslavia) sulle foibe ma film sui Fratelli Cervi e sulla Banda Corbari, anche negli anni dove a teatro operavano figure luminose come Edoardo de Filippo e Strehler e nella critica storico-artistica figure come Argan e Bonito Oliva e non Sgarbi, il virus della mistificazione della Storia operava attivamente a favore di narrazioni condivise ma mistificate e mistificanti.
Romanità: tra mito e orrori, una narrazione ingannevole
Se fu certamente il fascismo ad esaltare in modo acritico, farsesco, antistorico la “Romanità” con tutti i suoi strumenti (scelte urbanistiche e archeologico-museali, film, ritualità e simbologie, linee didattiche, ecc.), l’Italietta prefascista e l’Italia repubblicana postfascista non si liberarono mai dalla pratica di non approfondire gli orrori di quella Romanità che anzi veniva utilizzata agio graficamente nello studio ad esempio del Latino, del Neoclassicismo petrarchesco (che tanto ha contribuito alla frattura tra cultura italica ed apporti arabi e indiani…), della Storia Antica.
Quanto tempo si dedica e si dedicava ad illustrare l’orrore del meccanismo dei giochi gladiatorii, quello della patria potestas includente il diritto di vita e di morte su moglie e figli, quello del sistema legalizzato dei clientes che sta alla radice di tutte le forme di clientelismo successivo, quello del golpista e stragista Giulio Cesare, quello di un Cicerone che osava sostenere in arringa che un cavaliere romano era sì colpevole di crimini e furti contro sudditi gallici ma andava assolto non in quanto innocente ma perché non si poteva concepire che quei sudditi prevalessero in giudizio contro un cittadino di Roma?
L’eredità oscura di Cesare e Bellarmino: tra orrori e mistificazioni
Negare ad intere generazioni la conoscenza e la comprensione di simili orrori favorisce l’accettazione come “cosa naturale” del clientelismo politico, della violenza resa spettacolo, del maschilismo patriarcale, della logica giudiziaria (e nella politica internazionale) del “due pesi due misure”, mentre i bambini, i ragazzi, gli adulti vivono circondati di piazze e licei intitolati a quel Cesare (certo non in Francia…), da rievocazioni da circo di legionari, vestali e gladiatori, di false ricostruzioni hollywoodiane di quella realtà che vengono introiettate in forma significativa e permeano coscienze, modi di agire, valori.
Se la Chiesa di papa Francesco non è certo quella di Urbano VIII, pure riti, festività, onomastica, raffigurazioni artistiche continuano ad influire sulla mente delle persone ed in tale ambito a nascondere l’orrore ed esaltare la memoria di certe figure religiose nemiche della razionalità, della libertà di pensiero, del rispetto della vita di individui quale il Cardinale Bellarmino2 e semplicemente mettere in discussione duramente tali figure è possibile solo in ambiti ristretti ed accademici, non nell’educazione di massa, nei media, negli strumenti (tv, cinema) che contribuiscono a costruire l’immaginario collettivo.
Memoria negata: Bava Beccaris, Cadorna e le colpe della Casa Savoia
Se pochi oggi oserebbero esaltare un Bava Beccaris o un Cadorna (a cui pure restano dedicate piazze e strade), si stenta a riconoscere dignità ai massacrati dal primo a cannonate a Milano l’8 maggio 1898, ai fucilati per diserzione dal secondo nella Grande Guerra 1915-1918 e soprattutto mentre il Presidente del Senato si reca in mesto omaggio al funerale torinese del figlio dell’ex-re d’Italia.
Si dimenticano le decorazioni date da Umberto I a Bava Beccaris e le altre terribili azioni della Casa Savoia contro la libertà del popolo italiano, compreso l’incarico dato nel 1922 Mussolini, la firma di tutte le leggi fasciste (incluse quelle razziali), della dichiarazione di guerra del 1940 e la fuga ignominiosa da Roma dell’8 settembre 1943 assieme allo Stato Maggiore che spalancò la Capitale ai Tedeschi e fu alla radice di tutti gli orrori della sua occupazione nazifascista successiva, mentre si evidenziano più drammi da gossip relativi al defunto di responsabilità storiche tremende della sua casata.
L’importanza di una memoria completa e libera: il caso di Gaetano Bresci e della Giornata della Memoria
Ancora oggi, pochi manipoli di persone ricordano con affetto e commozione quel Gaetano Bresci che uccise Umberto I, definito tuttora in molti libri di testo “il re buono” e i giovani di oggi conoscono meglio le vicende di Lady Diana e dei reali di Spagna (compromessi col franchismo, ma questo si evita di dirlo…) di quelle di chi, anarchico o mazziniano, socialista o comunista, nelle diverse epoche, si oppose senza successo alle nefandezze dei Savoia.
Si commemora il 27 gennaio la Giornata della Memoria relativa al genocidio nazista, spesso facendo però finta che Auschwitz sia stata liberata dagli Statunitensi e non dai Sovietici ed arrivando ad escludere l’Ambasciata Russa in Polonia dalle commemorazioni, quando non ci si inventa che tale liberazione avvenne ad opera degli…Ucraini3.
Antisemitismo: non solo nazismo, una storia lunga e complessa
Si parla assai meno delle radici cattoliche dell’antisemitismo, della sanguinaria repressione antiebraica dei Cattolicissimi Re di Spagna nel XVI secolo, delle stragi di Ebrei compiute secoli prima dai Crociati e dai cavalieri Teutonici, di quelle compiute dai Polacchi e dai cosacchi, dell’antisemitismo di Padre Agostino Gemelli, di quello di Henry Ford (finanziatore di Hitler e della edizione USA del Mein Kampf) di quello fin dagli anni ’20 di Stepan Bandera (collaborazionista dei nazisti) esaltato dal 2014 come eroe nazionale in Ucraina, del rifiuto di TUTTI gli Stati “democratici” di accogliere la massa degli Ebrei fuggitivi (salvo eccezioni di scienziati e imprenditori e poco altro…) dalla Germania negli anni 1934-19384, lasciati in balia di quel nazismo che era andato al potere certo grazie alle forze conservatrici tedesche, agli errori delle sinistre tedesche, ai soldi di agrari e industriali tedeschi ma anche di larga parte del capitalismo USA!
Oltre il mito degli “Italiani brava gente”: una storia di crimini e impunità
Si continua a diffondere, nonostante le smentite di innumerevoli storici, da Barbero a Conti a Schlemmer, la falsa storia degli “Italiani brava gente” nascondendo i crimini compiuti prima e durante il fascismo in Libia, quelli di epoca fascista in Etiopia, Albania, Grecia, Yugoslavia, URSS, rimasti tutti impuniti, unico caso fra i Paesi che erano alleati di Hitler nella Seconda Guerra Mondiale e se giustamente si esalta l’epopea resistenziale italiana (salvo criminalizzarla da parte di molti dall’epoca di Scelba a quella di La Russa o equiparare falsamente partigiani e repubblichini), si lascia che la nebbia copra le decine di migliaia di delatori, venditori di Ebrei e partigiani ai nazisti, collaborazionisti, aguzzini e torturatori italiani al servizio di Hitler e il fatto che i militi repubblichini furono assai più numerosi dei partigiani stessi.
L’eredità del fascismo: una cultura della menzogna che permea l’educazione e l’immaginario collettivo
Questo non avviene solo negli ultimi anni o col nuovo governo egemonizzato da un partito post-fascista che considera eroe Almirante, collaboratore della rivista “La Difesa della Razza” e firmatario a Grosseto del bando di fucilazione di partigiani, ma da decenni, perfino nel periodo 1960-1977 in cui si manifestava una effettiva significatività delle forze antifasciste e di sinistra nel mondo della cultura, dell’educazione, della produzione di immaginario collettivo, gli anni in cui si coproduceva già nel 1964 con l’URSS un film con Pisu, Cucciolla e altri sulla Campagna di Russia dell’esercito italiano che in Italia ebbe il titolo appunto di “Italiani brava gente” mentre in URSS si chiamava “Vennero da Ovest” dato che ai cittadini sovietici la favoletta degli “Italiani brava gente” non sarebbe andata giù…
Perché stupirsi, dunque, se sembra che la “ottima maestra di vita”, la Storia, non abbia oggi che alunni svogliati quando in effetti la Storia stessa nelle forme dell’educazione e in quelle non meno permeanti, pervasive dell’immaginario collettivo e dei simboli viene da decenni stuprata, mistificata, inquinata da narrazioni di comodo su tutto il suo arco, dall’antichità al secolo XX, in barba al sacrificio di contadine e docenti, operai e studentesse, soldati e sacerdoti che diedero la vita non solo contro il nazifascismo ma contro la menzogna elevata a sistema, lo stereotipo elevato a verità che ne era e ne è il fondamento?
Ricordiamoci la nota frase di uno che, nazista, di falsità e propaganda se ne intendeva, Goebbels, e che è purtroppo faro di troppo agire di questi decenni: “Ripetete una menzogna cento volte e diventerà verità”…
Note:
- la frase completa è «Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis» (Cicerone, De Oratore, II, 9, 36), ovvero “La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità.”
- Roberto Bellarmino, 4.10 1542-17 settembre 1621, gesuita, cardinale dal 1599, consultore del Sant’Uffizio dal 1597 e come tale coautore della condanna di Giordano Bruno al rogo nel 1600, beatificato nel 1923, santificato nel 1931.
- scordandosi che le truppe dell’Armata Rossa che liberarono Auschwitz comprendevano certo Ucraini ma come cittadini di una Repubblica Socialista Ucraina facente parte dell’URSS e che le truppe del generale Kurockin che entrarono nel campo facevano certo parte del “Fronte Ucraino” ma che la denominazione dei “Fronti” (insiemi di Armate nella struttura sovietica) non si riferiva alla composizione delle truppe ma alle aree operative di partenza (Fronte Ucraino, Bielorusso, ecc.).
- solo Santo Domingo accettò di ospitarne 10.000.