L’alba è una piccola condanna,
ma non ne facciamo un dramma.
Tu ritornerai alla tua vita.
Io sarò di nuovo solo.
Io ti ho chiesto: a quanta solitudine
deve arrivare un uomo?
Ma tu non hai risposto,
evitando il mio sguardo.
Mi hai detto che dovevo rispettare
la tua scelta e che dovevo ritenermi fortunato
per quello che era accaduto.
Ho capito che ogni parola era inutile.
Ho capito che non eravamo nello stesso labirinto
o che per noi due insieme non c’era via di uscita.
Mi hai detto che non potevo rubarti la giovinezza.
Poi mi hai accompagnato sulla tua soglia
e mi hai dato l’addio.
Niente di strano. Succede a tanti.
Succede a tutti, prima o poi,
di essere lasciati su una soglia qualsiasi.
Mi hai detto che non puoi fermarti con me,
che tu vuoi un uomo bello e vero
(uno che non supplica),
che questa notte è stata un errore,
che tu non sei ancora alla metà del tuo cammino.
È la fine di una storia mai nata,
di un’avventura appena assaporata.
Siamo stati un tentativo non riuscito.
Ho combattuto dentro me.
Hai combattuto dentro te.
Ci siamo combattuti tra noi.
Quindi il congedo definitivo.
L’ho saputo casualmente.
Casualmente mi sono imbattuto nella notizia.
Eri così piena di vita.
A volte ti penso e ti ricordo.
Adesso che è passato tanto tempo
sei solo un vago ricordo nell’indistinto.
I particolari sono stati persi per sempre.
A volte mi immagino che in una dimensione parallela
la nostra unica notte è eterna,
ma poi mi rendo conto che è solo una fesseria.
Io sono solo come sempre.
Ho perso capelli e denti.
Gioco ancora con le parole:
è ancora il mio passatempo preferito.
Qui c’è la guerra e la crisi; la gente cova rabbia e disperazione;
forse hai fatto bene tu: io vado avanti solo per inerzia,
per scommessa, per curiosità, per vedere come andrà a finire.
Mi chiedo dove tu sia e se tu esista ancora
in qualche luogo, in qualche tempo e in qualche modo.
Cerco un senso e non lo trovo.
A volte nel cuore della notte ti sogno,
ma il sogno svanisce presto e cade subito nell’oblio.
Mentre passeggio da solo la mattina presto
senza accorgermene mi capita di sussurrare il tuo nome.
L’alba è una piccola condanna,
ma non ne facciamo un dramma.
Mi hai detto che non puoi fermarti con me,
che tu vuoi un uomo bello e vero
(uno che non supplica),
che questa notte è stata un errore,
che tu non sei ancora alla metà del cammino.
A volte mi immagino che in una dimensione parallela
la nostra unica notte è eterna,
ma poi mi rendo conto che è solo una fesseria.
Ho capito che ogni parola era inutile.
Ho capito che non eravamo nello stesso labirinto
o che per noi due insieme non c’era via di uscita.
L’alba è una piccola condanna,
ma non ne facciamo un dramma.