
Ieri splendida giornata a Firenze con Lavinia Frati, Barbara Camerini, Piera Pastorino. Sono partito alle 9 di mattina da Pontedera. Alle 11 ci siamo trovati davanti la sala d’attesa di seconda classe. Avevano dato loro informazioni sbagliate e si erano recate davanti alla sala d’attesa di prima classe. Per fortuna esistono i cellulari. Siamo stati a giro per la città fino alle 18. Abbiamo parlato di tutto (poesia, cantautori, narrativa, cinema, politica, giovani, mondo e vita). Ho ascoltato e parlato ininterrottamente. Abbiamo camminato 15 km nella ressa, nella calca. Le ho portate a vedere Piazza Santa Maria Novella, il rosone, i marmi policromi. L’ingresso della chiesa era a pagamento e bisognava aspettare fino alle 15, se non erro. Abbiamo desistito. Le ho portate a vedere il Duomo e la cupola del Brunelleschi. Abbiamo continuato per il corso, per Piazza della Signoria. Ci siamo fermati un poco a contemplare le opere. Ho indicato loro anche il Perseo e la medusa. Siamo passati dagli Uffizi. Parlavamo di tutto, facendo anche battute e ridendo. Non so come ma siamo anche entrati nel discorso del movimento di liberazione dei nani da giardino, fondato in Francia nel 1996 contro il kitsch, che qui in Italia è poca cosa, anche perché si viene perseguiti legalmente. Dicevo loro che negli anni Novanta c’erano i ritrattisti agli Uffizi, mentre ora non ci sono più. Raccontavo loro di un ritrattista bravo che ogni sera si portava a casa una ragazza diversa. Ho detto loro che quando avevo 18 anni e mezzo portavo agli Uffizi una ragazza più grande di 26 a limonare e scoprì dopo che si drogava e si prostituiva. Pensavo che sarebbe diventata la mia fidanzatina. Allora Lavinia con grande ironia ha riso e ha commentato: “sono cose che succedono. Anzi è un classico”. Le ho portate sul Ponte Vecchio. Ci siamo affacciati a guardare l’Arno. Ho detto loro che lì i fondi sono carissimi, anche se molto piccoli. Siamo passati da via Tornabuoni, la via più chic di Firenze. Almeno un tempo i proprietari dei fondi erano nobili fiorentini. Volevano proseguire per le Cascine, ma ho detto che c’è criminalità, che è una zona lasciata a sé stessa tra spaccio, degrado, furti. Le Cascine sono il polmone verde di Firenze, ma si rischiava l’incolumità. Le ho convinte e abbiamo rinunciato. Abbiamo passato un ponte. Siamo andati fuori dal centro. Mi hanno chiesto: “adesso quali opere d’arte ci fai vedere?”. Però Piera diceva: “io avrei fame. A quest’ora sono abituata a mangiare”. Abbiamo mangiato molto bene. Le ho portate fuori dal centro e dalla stazione, dove si mangia male ed è caro. Le ho portate in una zona fuori mano, piena di trattorie. Guardavo le vetrate, gli ingressi, le insegne e mi accorgevo che molte erano care e turistiche. Alla fine ho trovato un posticino non appariscente, almeno all’entrata. Siamo entrati e l’ambiente era molto caratteristico con alcune foto d’epoca alle pareti. Ci siamo messi subito in cammino per non prendere l’abbiocco. Ci siamo incamminati verso Piazzale Michelangelo. Abbiamo fatto un km e mezzo, a occhio e croce. Non abbiamo preso l’autobus. Per la cronaca andavo a piedi al piazzale quando avevo vent’anni e non mi affaticavo. Invece la salita era dura. Lavinia e Barbara si sono fermate a sedere a metà salita. Piera invece fa trekking e siamo arrivati insieme a gustarci il panorama. Ha fatto delle foto. Ha guardato delle bancarelle che vendevano maglie, foulard, souvenir. Siamo scesi e abbiamo raggiunto Barbara e Lavinia. Ho detto loro che in quelle ville sui colli un tempo vivevano Spadolini, che negli ultimi anni scriveva della repubblica di Pian dei Giullari, e lo storico anche lui Roberto Ridolfi, che scrisse anche le sue memorie in una prosa raffinata ed elegante. Siamo scesi. Ci siamo avvicinati alla stazione. Abbiamo preso un caffè a un tavolino di un bar del centro. Mentre camminavamo parlavamo in libertà assoluta degli argomenti più disparati e io raccontavo degli aneddoti della Firenze degli anni Novanta. Ho raccontato anche di quando facevo parte del movimento umanistico fiorentino, di quando volevamo umanizzare il mondo e rovinammo l’amicizia per una partita di Risiko. Sono state ore piacevolissime. Finalmente sono stato considerato come persona. Finalmente sono stato considerato per i miei interessi, le mie passioni, la mia visione del mondo da delle donne, mentre a Pontedera le donne guardano non ai contenuti ma all’aspetto fisico, al lavoro che fai o non fai, alla macchina, all’orientamento politico. Poi sono ripiombato nella mia solitudine, nelle mie camminate meditative, nella mia stanza silenziosa. Insomma un’amicizia basata sulle affinità elettive in un tempo in cui tutti i rapporti tra uomini e donne sembrano fondarsi esclusivamente su fini e presupposti sessuali. Sul treno del ritorno lo scompartimento era vuoto. Mi sono ripreso da tutto quel sovraffollamento di persone, da quella sovrastimolazione sociale fiorentina. Firenze è sempre sovraffollata sia per il boom delle città d’arte sia perché è diventata una città metropolitana. Barbara, Piera, Lavinia sono molto simpatiche, umane e persone di cultura. Lavinia oltre a essere una bravissima persona è anche un’ottima poetessa (e le due cose non sempre coincidono, senza alcuna vis polemica però). Oggi sono di nuovo nella mia piccola città, bastardo posto, di gucciniana memoria. Spiegavo a Lavinia che mi era piaciuto molto il suo ultimo libro “Poesie ammirabili” perché testi e immagini si richiamano tra loro in un gioco di ecfrasi ed ecfrasi al rovescio, che lei aveva iniziato già con la raccolta “Fotopsie”. In una prefazione a una sua raccolta avevo scritto della sua icasticità poetica. Mi sono piaciute molto anche le opere di Eugenio Crifò, in cui c’è un richiamo espressionista pregevole, ma il suo incedere è autonomo e originale per talento e personalità. In “Poesie ammirabili” abbiamo anche la presenza di un eros mai esibito volgarmente ma appena accennato e molto discreto. Mi piacciono molto i versi “il bacio che smemora la vista” e “c’è solo il ticchettio dei nostri cuori”, che mi ricorda il grande Belli che vedeva negli orologi la morte e Lavinia di rimando la vede anche nei cuori. Ecco due belle poesie di Lavinia:
“Quando cadranno fiori dalle stelle
e l’aria sarà trasparente
la leggerezza abiterà il mondo
senza memoria che scavi buchi fondi,
solo respiri che solleveranno terre
dimore di timidi abitanti –
ovunque un verde che farà le crepe belle
sentieri aggrovigliati a prati giall
con lettere di carta che arrivano davvero.
Ogni cosa conterrà la polpa
il succo di parole a rotolare
su labbra che non conoscono il rancore
il grigio splenderà più del sole
quando cadranno fiori dalle stelle.”
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“Basta un giorno di nuvole nel cielo
basta un treno che ritarda sul binario
basta un fiore che s’inchina al suo tremore
e tutto diventa amore.
Scrivi un nome qualsiasi sul foglio,
piegalo e fallo in mille pezzettini
gettalo al vento che sa ancora indovinare
la mano che saprà custodire.
Basta un secolo di sole sulla pietra
basta la voce che ti sussurra il nome
basta l’abbraccio che allontana ogni dolore
e tutto ridiventa amore.”
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