Nei giorni scorsi Piazza Tahrir è stata invasa da una folla oceanica che chiedeva le dimissioni del presidente egiziano islamista Morsi. A piazza Taksim, invece, ad Istambul, dopo diversi giorni di scontri e proteste contro la volontà del governo turco di distruggere un parco per fare spazio a un centro commerciale; i manifestanti cominciano ad organizzare assemblee per autogestirsi. In Siria, invece, si combatte per sostituire il presidente dittatore Bashar al-Assad con un governo filo-occidentale. Nello scenario mondiale però ci sono anche piazze vuote, come quella italiana completamente indifferente alla deriva del paese. Quella americana non ancora consapevole della gravità dello scandalo dello spionaggio americano nei confronti dei propri cittadini e degli altri paesi.
Dobbiamo, però, riflettere anche sull’utilità della manifestazione in piazza e delle rivoluzioni. Abbiamo visto che i manifestanti egiziani con le proteste del 2011 sono riusciti a destituire un presidente al potere da trent’anni, ma il dopo Mubarak non è riuscito ancora a soddisfare le aspettative di democraticità.
La democrazia
Il nostro pianeta soffre di democrazia, anche quando questa c’è. E non sono le democrazie in crisi, o l’economia a mettere in crisi i paesi. E’ lo stesso concetto di democrazia rappresentativa che costituisce un buco nel sistema, una contraddizione logica. Con la delega del potere da parte dei cittadini a pochi rappresentanti, i rappresentanti sono legittimati a condurre la politica che ritengono opportuno, spesso, quasi sempre, sempre, influenzati da altri poteri, più forti, istituzionali e non. E manifestare per destituire Mubarak o per mandare a casa Berlusconi non può essere la soluzione al problema. L’unica soluzione è l’autorganizzazione. L’organizzazione delle piazze che creano circuiti di microproduzione e microconsumo, che si organizzino federalmente portando il potere dai vertici dei parlamenti nazionali e continentali alle piazze delle città che dovranno essere il prossimo luogo decisionale attraverso lo strumento delle assemblee pubbliche. Questa è la svolta naturale alla crisi che stanno attraversando regimi totalitari e democratici di tutto il mondo. Quando l’uomo diventa consapevole non ha più bisogno di farsi governare e comincia ad organizzarsi, ad autorganizzarsi.