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LE TERRE PROMESSE
Le Terre Promesse è il seguito de “Il club degli incorreggibili ottimisti”, edito in Italia anch’esso da Salani. Per leggere questo secondo voluminoso capitolo della saga, non è necessario aver letto il libro precedente. Sarebbe comunque utile per comprendere meglio alcuni personaggi. Io stesso lo leggerò appena possibile ripromettendomi di riparlarne su queste pagine.
L’AUTORE
Jean Michel Guenassia è un ex avvocato di Parigi, nato ad Algeri nel 1950, che ormai da diversi anni ha deciso di abbandonare le aule di giustizia per dedicarsi alla macchina da scrivere. Tuttavia, leggendo la sua bibliografia, sembra essergli rimasta una certa passione per quelle che il mondo dei disillusi chiamerebbero “cause perse”. Oppure, tornando al titolo, “le terre promesse”.
MICHEL MARINI
Il protagonista principale, coincidente spesso con la voce narrante della storia, è sempre Michel Marini. Michel è un giovane francese cresciuto negli anni della fine del colonialismo e l’inizio del neocolonialismo francese in Algeria.
I fatti storici investono la vita dei personaggi. Alla tormentata, quanto prevedibile, vita familiare dei Marini si mescola appunto la guerra d’Algeria e l’inizio della società dei consumi. O meglio del consumo come surrogato di falsa felicità. Lo stesso padre di Michel, con il suo centro commerciale, è uno degli apostoli del Dio che è morto nelle auto prese a rate.
Ma questa è un’altra storia.
PARIGI
Michel lascia la casa della madre per cercare a Parigi (con toni ambigui anzichennò) Cécile. Cécile era la compagna di Frank, il fratello di Michel. Un comunista duro e puro (o no?). Frank aveva abbandonato Cécile (rovinandole la vita) preso da un senso di colpa improvviso verso una relazione intrapresa in Algeria. A Parigi, Michel incontra Louise e Jimmy con cui intraprende una specie di relazione a tre tra sesso e amicizia. Le insoddisfazioni universitarie lo convincono a tornare sulle tracce del suo primo amore; Camille. Camille era andata con la sua famiglia a colonizzare un kibbutz nello stato coloniale israeliano. Durante il viaggio, Michel incontrerà anche un giovane Bernie Sanders.
GLI ESULI RUSSI
“L’odio di
Igor e degli altri verso Saša era comprensibile, il terrore stalinista non si è limitato a eliminare milioni di innocenti, ha
ucciso l’idea stessa del comunismo, rendendolo per sempre
complice del peggior regime politico di tutti i tempi.
E questo è davvero imperdonabile.“
Michel si reca nella terra di Palestina – invasa da Israele – (ma questo nel libro non si dice) con due esuli russi che frequentavano “Il club degli incorreggibili ottimisti”. Anch’essi in cerca di un’opportunità nella “terra promessa” agli ebrei.
Uno di loro è Igor Markis, fratello di Saša ed ex agente del KGB. Un fantasma quest’ultimo che accompagna tutto il libro. Igor è forse il personaggio meglio costruito, più coerente con se stesso e più palpabile, tra quelli creati dall’autore.
Dopo aver riabbracciato Camille, Michel trova finalmente la sua strada a Firenze. Sono i giorni della grande alluvione del 1966 e Michel si trova lì per caso con una Leica M3, regalo di Saša. Le foto che scatterà gli cambieranno la vita.
LE TERRE PROMESSE DEL POTERE
Nel frattempo Frank è diventato un importante personaggio della rivoluzione algerina e vede sfumare la sua fede “comunista” nella pratica del potere. Come succede sempre, quando potere si sostituisce a potere, tutto cambia affinché poco cambi. Anche l’intransigente (con se stesso) Frank, colui che voleva rappresentare la sintesi umana del principio indissolubile marxiano tra teoria e realtà oggettiva, colui che ha sacrificato la vita e l’amore alla causa; cede alla cosiddetta “ragion di Stato”.
IL SANTONE
Cécile fa capolino per scomparire definitivamente, in una trama quanto mai discutibile. Ma tant’è. La storia fa poi un balzo avanti di diversi anni per farci reincontrare un vecchio Frank, diventato nel frattempo il taumaturgico frate Paul di uno sperduto villaggio della campagna russa.
«Eppure, la sua fede solleva montagne, lei muove folle,
come spiega questo mistero?»
«Lo spiego con la nostra miseria umana. Dio è il nome che
diamo al nostro dolore».
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Il libro è indubbiamente pretenzioso ma trascura quelli che secondo me sono i dettagli fondamentali per la riuscita di un classico, ai quali l’autore strizza l’occhio; la consistenza dei personaggi. Alcuni appaiono come dei bellissimi castelli di sabbia sotto la pioggia, altri sembrano messi dentro forzatamente, quasi per fungere da spin-off per future pubblicazioni. Tuttavia il libro si legge facilmente, nonostante le 640 pagine e ti lascia incollato in attesa dei colpi di scena. Questi non mancano ma lasciano sempre un pizzico di delusione.
Non posso fare a meno di notare l’assenza del punto di vista palestinese nella parte del libro che si sviluppa in quella che appunto era la Palestina. Si parla di loro genericamente come “gli arabi che ci odiano”. Ma gli invasori erano e sono coloro che parlano di “terra promessa”.
Viceversa il libro sembra ben descrivere, in particolare nel personaggio di Charlie, le speranze e le contraddizioni che fanno da corollario all’indipendenza algerina.