Elencherò in estrema sintesi quelli che sono i limiti, i difetti della poesia italiana e le ragioni della sua crisi:
- I poeti, naturalmente anche gli aspiranti. Alcuni sono sedicenti poeti. Non accettano critiche e se vengono rivolte loro 10 critiche negative si ricordano solo del commento positivo. Molti hanno mania di grandezza, mania di protagonismo, ipertrofia dell’io e narcisismo, che non hanno trovato sbocco da altre parti nella società e nel mondo. Talvolta si può trattare di psicopatologia, talvolta di atteggiamento mentale, talvolta di malinteso culto di personalità, talvolta di postura autoriale. I poeti riconosciuti alcune volte si sentono parte degli eletti o quantomeno di un’eletta schiera. Succede anche che si chiudono a riccio nei confronti del mondo esterno. I poeti non riconosciuti non fanno altro che parlare di quel piccolo premio vinto, di quella pubblicazione a pagamento o di quella pubblicazione su una rivista. Insomma si illudono.
- La piccola editoria a pagamento, i premi letterari con tassa di partecipazione, che illudono gli aspiranti poeti. È un piccolo business. Guai a chi critica questo piccolo business! È questo in fondo un modo per far girare l’economia, anche se si alimentano illusioni e sogni.
- Una poesia troppo egoriferita, troppo intimista e autobiografica, molto diffusa in ogni angolo d’Italia.
- La critica letteraria che promuove per reazione avversa alla poesia neolirica diffusa, così sentimentale e interiore, una poesia apparentemente impersonale, una poesia degli oggetti. Ma l’io non si può rimuovere. Si può cercare invano di eluderlo, che è un altro discorso. La verità è che la poesia impersonale e oggettiva non esiste, non ha modo di essere. La poesia è sempre espressione di un punto di vista, di un mondo interiore. In realtà la poesia più impersonale che esista (se così utopisticamente si può chiamare) è quella anonima, quella senza firma. Su questo avevano ragione gli ideatori del Movimento di Emancipazione della Poesia, anche se si potrebbe discutere sul fatto che la loro fosse vera poesia o meno; alcuni con il palato raffinato rispondevano alle affissioni sui muri delle poesie del Movimento di Emancipazione della Poesia con questa semplice frase: “Leggete Nanni Balestrini”. Questo Movimento di Emancipazione però colpiva per l’originalità, la genuinità e la passione. In fondo questi giovani del Movimento erano agli antipodi del presenzialismo dei poeti affermati dei reading ma anche di quelli degli slam poetry.
- Una critica letteraria che non svolge più il compito di selezione e giudizio delle opere poetiche. Non viene esercitata l’obiettività. Spesso i critici letterari si astengono dal giudicare i poeti viventi per quieto vivere. Oppure criticano positivamente i poeti viventi perché loro amici o perché hanno paura di essere criticati anche loro, essendo sia critici che poeti. Di conseguenza esiste una grande confusione perché moltissimi si appropriano indebitamente del titolo di poeta. Spesso gli stessi giornalisti affibbiano gli epiteti di poeta o grande poeta a molti che non se lo meritano.
- Il grande numero di libri di poesia pubblicati in Italia ogni anno. Pochissimi riescono a distinguere il grano dal loglio, il buono dal cattivo. Ogni autore ha la sua parrocchia. Ogni autore prega il suo Dio, dicendolo in modo volgare.
- La scuola italiana che insegna la poesia in modo troppo noioso e che così facendo allontana i giovani dalla poesia per tutto il resto della vita.
- Il costo elevato dei libri di poesia.
- Gli italiani che non leggono più poeti viventi. Solo gli aspiranti poeti leggono i poeti pubblicati dalle grandi case editrici, spesso invidiandoli e commentando negativamente perché in fondo in fondo vorrebbero pubblicare con una grande casa editrice. Si crea quindi talvolta una frattura insanabile, un antagonismo noi/loro (aspiranti poeti/poeti riconosciuti). I lettori disinteressati, che dovrebbero costituire lo zoccolo duro del pubblico latitano, sono assenti. Ma siamo sicuri che non c’è domanda? E se l’offerta poetica fosse inadeguata, insufficiente, antiquata?
- Gli italiani che credono che solo i testi delle canzoni siano poesie e idolatrano i cantanti.
- Lo scarso spazio dato alla poesia contemporanea e ai poeti viventi dai mass media perché la poesia non fa audience né fa vendere giornali.
- Un mondo difficilmente rappresentabile che non permette la mimesi (la copia del reale) e dove niente sorprende, stupisce più, in cui quindi lo straniamento del poeta non spiazza più, non provoca più lo choc. Insomma la mimesi non è più mimetica e lo straniamento non è più straniante. Ma questo non vale solo per noi italiani, ma vale in tutto il mondo.
- Un mondo che ha molti altri problemi e che la poesia non risolve. Questo è un mondo impoetico per antonomasia. Ma bisognerebbe trattare anche del prevalere del nichilismo e della razionalità tecnologica, della scarsa importanza della poesia in una società di massa e in una civiltà dell’immagine, della crisi dell’umanesimo, etc etc. Però questi ultimi aspetti valgono non solo per l’Italia ma anche in tutto il mondo. Inutile ricordare che in molti altri Paesi la poesia non è in crisi come in Italia, dove pochissimi comprano libri di poesia e i poeti italiani sono bistrattati.
Caro Morelli la poesia è molto attuale il poeta che guarda osserva sente è testimone del tempo non tutti sono poeta l homo se non comunica diventa pazzo guarda la musica i cantanti