L’Unità: un mondo distopico o rassegnato?

«L’Unità mi è piaciuto moltissimo. Sono sicura che ne rimarrete incantati, come è successo a me» Margaret Atwood


Ninni Holmqvist

È nata nel 1958 e vive nella Scania, in Svezia. Ha esordito nel 1995 con la raccolta di racconti Kostym. L’Unità, uscito in Svezia nel 2006, è il suo primo romanzo, grazie al quale ha ottenuto un successo internazionale: è stato tradotto in dieci paesi e i diritti televisivi sono stati opzionati. Quando non scrive, lavora come traduttrice e insegna Scrittura creativa.

La trama

Un giorno di inizio primavera Dorrit, scrittrice cinquantenne single e senza figli, viene accompagnata all’Unità. D’ora in avanti vivrà lì. Quello che la accoglie è un luogo idilliaco, almeno in apparenza: una struttura all’avanguardia dotata di eleganti appartamenti immersi in splendidi giardini, dove vengono serviti elaborati pasti gourmet e ci si può dedicare alle più svariate attività. I residenti sono accomunati da una caratteristica: non hanno figli né una vita sentimentale stabile. Finalmente libera dal giudizio sociale che ha sempre percepito come un peso, Dorrit è felice di poter fare amicizia con persone come lei. Ma c’è un prezzo da pagare: gli ospiti dell’Unità, chiamati “i dispensabili”, si trovano lì per un motivo ben preciso. Faranno da cavie per una serie di test farmacologici e psicologici, per cominciare, e poi doneranno i loro organi, uno per uno, fino alla cosiddetta “donazione finale”. Anche loro, così, saranno utili alla società: si sacrificheranno per chi, nel mondo fuori, è genitore. Dorrit è rassegnata al suo destino e desidera soltanto trascorrere i suoi ultimi giorni in pace, ma presto incontra un uomo di cui si innamora follemente, e l’inaspettata felicità da cui è travolta la costringe a ripensare ogni cosa.Nel suo romanzo d’esordio la svedese Ninni Holmqvist, una narratrice formidabile, immagina un mondo lontano eppure pericolosamente vicino. L’Unità, considerato un classico moderno e già molto apprezzato in patria e all’estero, racconta una storia vivida, commovente e attualissima, che racchiude un’acuta riflessione sulla società odierna e l’identità femminile.

L’impalcatura del libro

Il libro è scorrevole, composto da capitoli brevi e un font ed interlinea agevoli. Posso dire che ti permette di incollarti alle pagine senza accorgerti del tempo che passa. 

Come struttura penso che sia tra le mie preferite perchè non mi annoia o demoralizza soprattutto se già la trama per me è complicata da seguire credo che un libro fatto bene possa ridurre i problemi!

La copertina

La copertina è molto semplice e minimale. Fazi come sempre punta all’essenziale! La donna in primo piano, che rappresenta la protagonista, mi ricorda le statue greche quasi impassibili davanti allo scorrere del tempo e della vita. Si nota la rassegnazione nel suo volto. In contrapposizione abbiamo la natura sullo sfondo con questi fiori che sono in piena primavera quasi a voler simboleggiare la nascita di un qualcosa di bello e nuovo.


L’ambientazione della distopia

L’atmosfera che si respira è quella della rassegnazione, di teste chinate senza alcuna prospettiva se non la morte e la distruzione a piccoli passi del proprio corpo. 

Premetto che è la prima distopia non classica che leggo e come primo approccio non ho avuto soddisfazione dalla lettura. Mi sono sempre interessata alla sfera letteraria della distopia ma non ho mai avuto il coraggio di uscire dai binari del mondo di Orwell. Penso che da un certo punto di vista questo libro non si allontani troppo da quello che potrebbe essere uno scenario del prossimo futuro. In particolar modo il libro racconta di questa società che sfrutta gli esseri umani “inutili” per svolgere esperimenti scientifici o aiutare gli altri uomini “utili” al funzionamento degli ingranaggi. Come ambientazione devo dire che mi ha messo particolarmente angoscia ma allo stesso tempo a distanza di giorni dalla conclusione del libro credo che non mi abbia lasciato molto su cui riflettere.

I personaggi poco approfonditi potevano fare di più?

La storia è raccontata in prima persona e i personaggi sono pochi e secondo me anche poco approfonditi, anche l’io narrante non è da meno. Sappiamo molto poco della vita della protagonista. 

La scrittura è semplice ed è un racconto in prima persona senza infamia e senza lode. Mi ricorda la storia di un anziano che narra la sua vita ai nipoti. 

La rassegnazione

Non c’è alcuna prospettiva né fiducia, il nichilismo totale. Non è presente neanche la soddisfazione, il piacere di rendersi “utili” negli ultimi momenti di vita.

La protagonista ha un momento in cui può scegliere, coglierà l’occasione? 

Le mie conclusioni!

Questa volta mi trovo in seria difficoltà sulla votazione finale, penso che il libro abbia del potenziale inespresso che però non sono riuscita a cogliere fino in fondo. 

Forse voleva essere un libro esistenzialista? Non lo so ma non sono stata soddisfatta dalla lettura per cui il mio voto, al momento,  è 2 stelline su 5 !

Un romanzo d’esordio sorprendente. Scorrevole e ipnotico, offre una testimonianza impressionante sul modo in cui la società svaluta la creazione artistica, mentre celebra la procreazione, e una speculazione su cosa potrebbe succedere se tutto questo fosse portato all’estremo. Per i fan di Orwell e Huxley.

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Ciao! Mi chiamo Margherita, ho 23 anni e studio psicologia e criminologia. Sono appassionata di libri, fumetti e cinema ma nella vita sono un attivista. Mi piace scoprire come i messaggi sociali sono trasmessi all'interno dei media e dei mezzi di comunicazione ed un giorno vorrei unire le mie passioni e diventare consulente editoriale e cinematografica.

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