Memoria, Resilienza e Resistenza

Sostantivi provvisti di una propria sostanza 

Che cos’è la memoria? 

La mente umana raccoglie e preserva informazioni utili a guidare il comportamento. Alcune  le conserva solo per alcuni secondi o frazioni di secondo, altre per diversi anni o per tutta la vita. Un’informazione, per diventare una “traccia mnestica” ed essere conservata in memoria, deve essere prima codificata (fase di codifica): cioè, rappresentata in qualche codice. Per quanto ne possano esistere altri, la psicologia ha investito soprattutto due tipi di codici mnestici: quello fonologico (lo si intenda come quei ricordi che, quando rievocati, tendiamo a esperire introspettivamente come parole, o discorsi interni), e quello iconico o spaziale (sono i ricordi che compaiono alla nostra consapevolezza sotto forma di immagini mentali).

Una volta codificata, l’informazione va preservata in qualche “magazzino “ o “spazio mentale” (fase di mantenimento), che la può conservare più o meno a lungo. Un magazzino disordinato, come una biblioteca senza archivio, è poco efficiente: lo stesso vale per le memorie. Devono consentire di rievocare (fase di recupero) le informazioni immagazzinate, e, se funzionano bene, di rievocarle proprio nell’istante nella forma in cui si rendono più  utili.  

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Memoria a breve e lungo termine: una “interfaccia” tra noi e il tempo?  

La memoria a breve termine (acronimo: MBT) con contenuto di informazione più limitato, George Miller nel 1956 in uno degli articoli più citati dell’intera storia della psicologia, lo quantificò in 7+ o – 2 unità, si tenga presente che un’unità, o chunk, di informazione non è necessariamente semplice: può essere complessa, componendosi a sua volta di altre unità più elementari. Per esempio ricordare in forma di serie ordinata a 12 cifre in sequenza può essere disagevole. Se invece organizziamo mentalmente la serie in soli 4 chunk, ciascuno composto da 3 cifre, come spontaneamente facciamo quando ricordiamo un numero di telefono, riusciamo molto più facilmente a ricordare tutta la sequenza, nell’ordine corretto.

Organizzare le unità  semplici in chunk strutturati è   una forma di elaborazione. Siamo dunque in grado di  ricordare come ci ha spiegato Miller, sette più o meno due unità dell’intera gamma di informazioni che ci arrivano. Fu negli anni ‘70 del 900 che cominciò ad acquisire forza e precisione l’idea che la memoria a breve termine, oltre a comprendere magazzini passivi, doveva essere più opportunamente concepita come uno “spazio mentale” dove lavoriamo: esploriamo scene percettive, scegliamo a quali dettagli dedicare maggiore attenzione, ragioniamo, calcoliamo, decidiamo, sviluppiamo piani e intenzioni, costruiamo frasi e altri atti comunicativi. In termini generali è lo spazio virtuale in cui le informazioni provenienti tanto dai sensi, quanto dalle memorie a lungo termine, si integrano e forniscono la base per l’operato di tutti gli altri processi cognitivi. 

La Memoria a lungo termine deputata a preservare, e a rendere disponibili al recupero, cioè alla reimmissione in memoria a breve termine tutte quelle informazioni che abbiamo appreso,  che abbiamo cioè fissato stabilmente in sistemi di memoria differenti e strettamente interagenti, produce, a livello funzionale, una “interfaccia” tra noi e il tempo (inteso come il distribuirsi degli eventi) che ha, figurativamente, la forma di un imbuto. Moltissime informazioni sono registrate dai sensi, ma sono previste per pochissimo tempo nella mente (figurativamente, la bocca dell’imbuto è larga, ma poco profonda).

Poi il canale si restringe: grazie all’operato di diversi filtri attentivi,  solo un numero limitato delle informazioni disponibili ai sensi in un qualsiasi momento accede alle memorie a breve termine, dove, in compenso potranno perdurare un po’ più a lungo. Infine il canale si restringe ancora: pochissime dell’informazioni che in ogni istante di ogni giorno della nostra vita che hanno attraversano la nostra memoria a breve termine sono poi trascorse in qualche forma di codifica nella memoria a lungo termine. Se anche la capienza della memoria a lungo termine è molto vasta in termini assoluti, in esse, di fatto abbiamo registrato solo una misera parte della nostra esperienza di vita complessiva.  

I nostri ricordi, conoscenze ci servono per fare piani e previsioni. L’imbuto e doppio: se uno è rivolto al passato, l’altro, capovolto, si rivolge al futuro.  

Memoria episodica: un viaggio indietro nel tempo 

La memoria episodica è  tradizionalmente considerata come il sistema responsabile della nostra capacità di viaggiare all’indietro nel tempo e recuperare le esperienze passate. Tuttavia questa memoria consente non solo di ricordare episodi passati, ma supporta anche l’abilità di simulare eventi che possono accadere in futuro. In questo senso l’abilità di episodic future thinking sembra strettamente connessa alla memoria di intenzioni, la cosiddetta memoria prospettica.  

La memoria rielabora continuamente le informazioni con cui entra in contatto e che conserva, integrandole con altre informazioni di natura semantica, conoscenze contestuali e pragmatiche, aspetti relazionali ed emotivi. Il ricordo è sempre un processo di ricostruzione, quasi mai di conservazione inalterata dell’informazioni.  

Paolo Cherubini “a cura di”, Psicologia generale, Raffaello Cortina Editore

L’archivio dei ricordi 

Immaginiamo un cavalluccio marino, è proprio questa la forma di una preziosa struttura del nostro cervello dove passano le memorie a breve e lungo termine: l’ippocampo. L’ippocampo riceve informazioni sulle parti del cervello attivate durante le nostre esperienze, crea un file, lo immagazzina per potervi accedere in un secondo momento, insomma un archivio. Tuttavia i nostri ricordi non finiscono e non iniziano con quest’unica regione cerebrale. Esistono altre aree del cervello che svolgono ruoli altrettanto importanti. L’amigdala ad esempio  gioca un ruolo chiave nell’apprendere la paura.  Si attiva quando ci confrontiamo con qualcosa di pauroso e oltre a riportarci alla memoria le nostre esperienze paurose del passato, ci aiuta anche a identificare e a rispondere con prontezza le minacce di pericolo. 

Marc Dingman, Le dieci stanze del cervello

Giornata della memoria: quando la Resilienza è più forte della malvagità    

Secondo il dizionario Oxford: Resilienza (sostantivo femminile): 

  1. Capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. 
  1. In psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. 

Il 27 gennaio è la Giornata della memoria.  Nonostante la perversa malvagità dell’essere umano, molti individui sono sopravvissuti grazie alla loro resilienza, all’olocausto. Si dice che i ricordi non facciano rumore, ma sono lì, archiviati nella memoria e urlano il loro silenzio.  

Adolf Eichmann catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell’11 maggio, trasportato in Israele nove giorni dopo in aereo e tradotto dinanzi al tribunale distrettuale di Gerusalemme l’11 Aprile del 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni avendo commesso, “in concorso con altri”, crimini contro il popolo ebraico, crimini contro l’umanità e crimini di guerra sotto il regime nazista, in particolare durante la seconda guerra mondiale; Eichmann credette sino alla fine nel distintivo fondamentale della “buona società”, ne era affascinato. Nel 1932, Eichmann aderì al Partito Nazista austriaco e alle SS, raggiungendo poi velocemente i gradi più alti in entrambe le organizzazioni naziste. Fu uno dei principali responsabili della deportazione degli Ebrei di tutta Europa. 

Nella memoria l’ultimo giudizio su Hitler  

L’ultimo giudizio che Eichmann espresse sul conto di Hitler durante il processo fu questo: 

“Il suo successo bastò solo a dimostrarmi che dovevo sottostargli” 

In effetti la sua coscienza si tranquillizzò al vedere lo zelo con cui la “buona società” reagiva dappertutto al suo stesso modo. Egli non ebbe bisogno di “chiudere gli orecchi”, come si è espresso il verdetto, “per non ascoltare la voce della coscienza”: non perché non avesse una coscienza, ma perché la sua coscienza gli parlava con una “voce rispettabile”, la voce della rispettabile società che lo circondava. E uno dei principali argomenti di Eichmann, al processo, fu appunto che nessuna voce  si era levata dall’esterno a svegliare la sua coscienza, e l’accusa fece di tutto per dimostrare che era vero il contrario, che c’erano state voci che egli avrebbe potuto ascoltare, e che comunque lui aveva svolto il suo lavoro con uno zelo che nessuno gli aveva richiesto. Questo era esatto; senonché, per quanto strano possa suonare, quello zelo non era del tutto indipendente dall’ambiguità delle voci che di tanto in tanto cercavano di trattenerlo. 

Hannah Arendt, La banalità del male

Nella memoria resilienza della Resistenza: Anche la Resistenza è “donna” 

C’era chi combatteva per il bene, resiliente come quelle persone sopravvissute all’Olocausto: la Resistenza. Persone che si opposero al nazifascismo, combatterono per la liberazione dell’Italia dall’opprimente dittatura imposta. Quando si parla di Resistenza, è facile pensare ai partigiani. Ma la Resistenza è stata anche e soprattutto delle donne: Le donne furono protagoniste della Resistenza prestando assistenza, combattendo in prima persona, rischiando la vita.  

Così scrive Marisa Ombra: “La Resistenza è innanzitutto una rivoluzione interiore, per la prima volta prendevo decisioni importanti, assumevo responsabilità personali impensate fino a quel momento, e me le assumevo da sola, senza il sostegno e il consiglio dei famigliari.  Improvvisamente ero adulta e responsabile di me stessa. Questo sentimento si accompagnava a una straordinaria sensazione di libertà. […] Quando mi trovai a domandarmi qual era la cosa più importante rimasta nella Memoria, tutto si condensa in quel punto preciso: la straordinaria sensazione di libertà. Una libertà senza aggettivi […] Libertà e responsabilità sono stati i sentimenti più forti che mi hanno accompagnata tutto il periodo della Resistenza.” 

Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne

Nella memoria, un canto  

Ed ecco che nella memoria esplode un canto che da più di sessanta anni è l’inno della Resistenza: Bella ciao. 

Così scrive Daniele Aristarco, un pensiero profondo nel libro Bella Ciao edito da Einaudi: 

 […] Anche se furono in pochi a cantarla durante la guerra, ormai da più di sessant’anni Bella Ciao è l’inno di chi conosce e ama la storia della Resistenza e continua a condividere quell’idea di ribellione. Da allora, quella magia ha assunto la forma definitiva. La melodia è trascinante, le parole sono vere, semplici, universali perché cantano la libertà, quel bene che fa godere di ogni altro bene. E uniscono in coro tutti quelli che nutrono il desiderio felice di “parteggiare”, di fare la propria parte nella Storia, di seminare e affinare quel fiore che viene dal passato e che appartiene a tutti.  Di chi vuole avverare il futuro. E così, questa canzone popolare continua a viaggiare, delle piazze di Hong Kong a quelle di Istanbul, da Atene a Parigi, da Santiago del Cile a Washington. Perché Bella Ciao è una magia che ogni volta si avvera. Se la vita è una festa da vivere assieme, la libertà è una canzone che dà inizio alla festa. 

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Dott.ssa in Discipline Psicosociali. Illustratrice, autrice di libri per bambini e fantasy, racconti, poesie, romanzi. Finalista 2017 del concorso Fiction e Comics, de Ilmiolibro, Gruppo Editoriale l’Espresso con il libro “C’Era Una Volta”. Libri pubblicati sullo stesso sito, Desideri Cristina ilmiolibro.it. Vincitrice del Secondo premio Internazionale di Poesia e Narrativa, Firenze Capitale D’Europa con “La bambola di Giada”. Racconti e favole sono stati inseriti in raccolte antologiche in quanto vincitori di concorsi, quali “Parole d’Italia, Racconti brevi di vecchi e nuovi italiani” indetto dalla Regione Lazio, la favola “Le stelle” selezionata dalla Scuola Holden per DryNites. Vincitrice di svariati concorsi letterari. Ha collaborato con la Montegrappa Edizioni e, per la stessa, ha ideato e curato sette concorsi letterari. Ha illustrato il libro “Sogni e Favole” del romanziere Giuseppe Carlo Delli Santi. Con la Pav Edizioni ha pubblicato il romanzo per la collana psicologica-thriller "La collezionista di vite”. Per la Pav Edizioni e in collaborazione con Gabriella Picerno, psicologa e scrittrice cura le collana 1000 Abbracci. Per la GD Edizioni è co-direttrice (insieme a Gabriella Picerno) della collana pedagogica “Il filo di Arianna”. Cura i concorsi letterari “La Botteguccia delle Favole”, “Lo Zaino Raccontastorie”. Autrice per il blog “Il Mago di Oz”.

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