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Chi sono i lettori di Mi sono perso in Appennino?
Gli appassionati di camminate e di trekking, ovvio.
Basta così?
No, anche gli amanti dei viaggi in generale, sia vicini che lontani.
E poi?
E poi gli appassionati delle montagne, di tutte le montagne; quelli che quando scende la sera cercano nell’aria il profumo della legna bruciata; quelli che amano il proprio paese e lo vogliono scoprire, lo vogliono girare in lungo e in largo perché sanno che ogni due passi cambia tutto; quelli che…
Insomma, può darsi che, visto che sei arrivato fin qui, sia anche tu un suo lettore.
Gian Luca Gasca – l’autore
Come si legge anche sul suo sito https://www.gianlucagasca.com/, Gian Luca è innanzitutto uno scrittore e un reporter di montagna.
Ha collaborato, e tuttora collabora, con molte testate giornalistiche del settore esprimendo e diffondendo la sua passione.
Dal 2022 collabora anche con la RAI come esperto di montagna, e lo possiamo vedere nei programmi Linea Verde Sentieri e Sentieri.
Ha scritto quattro libri; Mi sono perso in Appennino è il penultimo di questi.
Mi sono perso in Appennino
L’idea
Come si legge anche nella quarta di copertina, “non ci si capita per caso in Appennino”. Quando si parla di montagna, infatti, di solito si intendono le Alpi, quelle più famose e più visitate. Gli Appennini, nonostante siano la spina dorsale d’Italia, sono un po’ i loro parenti poveri e misconosciuti.
Per la maggior parte rimangono fuori dalle rotte del turismo, viverci è una bella impresa e anche per questo si stanno sempre di più svuotando. Attenzione, però, non facciamoci imbrogliare: solo perché attirano meno l’attenzione non significa che non abbiano niente da offrire.
Ed è da qui che nasce l’idea di questo viaggio. Partire per scoprire e far scoprire i piccoli borghi fuori mano, boschi ricchi di colori e di vita, persone che hanno scelto di restare e di resistere. Perché è una resistenza vera e propria: contro l’oblio che piano piano inghiotte le tradizioni; contro istituzioni disinteressate; contro un mondo che segue ritmi sempre più frenetici e competitivi.
Il percorso
Da Nord a Sud. Semplice, lineare. Almeno nelle intenzioni. Se ci mettiamo però la volontà di utilizzare solo mezzi pubblici per gli spostamenti diventa tutto più complicato.
Si parte da Colle di Cadibona, più precisamente dalla Bocchetta di Altare, luogo scelto dall’autore sia come inizio del suo viaggio sia come inizio, all’incirca, della catena appenninica. Il “vero” inizio sarebbe più a est, verso Genova, ma, come Gian Luca dice, “serviva un vero punto di partenza in questo viaggio che pare non avere un finale”.
In effetti la questione di dove collocare il punto di arrivo è tutt’altro che banale. Fermarsi in Calabria? Attraversare lo Stretto e arrivare fino in Sicilia? A far decidere l’autore sul da farsi ci penserà un pendolare, su uno dei tanti treni regionali: andare oltre, ovviamente. Non fermarsi.
E così la fine del nostro cammino arriva il trentacinquesimo giorno a Cefalù. È una fine che lascia un po’ l’amaro in bocca. L’Italia in generale e la Sicilia in particolare sono pensati come posti di mare, e le montagne, che pure ci sono e sono anche belle, vengono lasciate a se stesse.
Frontiere
Gian Luca, essendo di Torino, conosce molto bene le Alpi, le montagne più vicine. Gli Appennini invece gli sono meno noti. Una delle cose che più lo colpisce, e che ha colpito di più anche me, nelle differenze tra le due catene sono le frontiere.
“Frontiere” intese in più sensi. Iniziamo da quelle concrete, fisiche.
La natura delle Alpi è una natura in un certo senso più estrema, più maestosa anche, dove le differenze tra una zona e l’altra sono nette e ben precise. Quella degli Appennini, invece, è tutto il contrario. I cambiamenti sono graduali, tutto è più dolce e più sfumato, quasi non ci si accorge delle transizioni.
Non così per le frontiere linguistiche e culturali. In Appennino ogni pochi chilometri cambia il mondo. Dialetti, tradizioni, cibo… Ogni area, anche la più piccola, ha le sue specificità. E qui le transizioni si sentono eccome. Ma è anche per questo che è così bello il nostro viaggio.
Lontani, dimenticati, spopolati
Se gli Appennini sono una realtà così varia e bella, allora perché gli abitanti scappano e i turisti vanno altrove?
I mezzi di trasporto
Come mette bene in evidenza Mi sono perso in Appennino, muoversi con i mezzi pubblici su queste montagne è un’impresa notevole. Informazioni frammentarie e spesso difficili da reperire, poche corse e quelle poche non efficienti, acquisto dei titolo di viaggio stile caccia al tesoro… Come fai a fare il pendolare o a pianificare una gita?
È un circolo vizioso. Le istituzioni non programmano collegamenti migliori perché non c’è richiesta, e non c’è richiesta perché le persone si arrendono a causa delle difficoltà incontrate lungo il percorso.
Il lavoro
Se non ci sono persone non ci sono attività, e se non ci sono attività il lavoro non si trova. Fine.
Pensare di costruirsi un mestiere in Appennino è un bel problema. Anche perché spesso ci si imbatte nelle conseguenze dello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, che ha portato danni ambientali irrimediabili e, di conseguenza, ha pregiudicato l’utilizzo di determinate zone anche solo per la coltivazione.
Non si può coltivare, e se si può coltivare non si è competitivi sul mercato, e se anche si riesce a essere competitivi il passaparola non basta a rimanere a galla…
Ma aprire bar o ristoranti dove non c’è giro di gente è utopia, chiedetelo ai gestori di locali rimasti ad Amatrice o a L’Aquila.
La fuga, ma…
In queste condizioni le persone non hanno davvero una scelta, i più devono andar via. Le istituzioni non sono interessate a investire in luoghi che si popolano, e nemmeno troppo, solo in estate. Da loro quindi non arrivano aiuti né sussidi.
Se un luogo non è abitato, se viene abbandonato a se stesso e a quei pochi che rimangono, piano piano muore. Però… c’è un però.
Non dimentichiamoci di quei pochi che rimangono. Come si suol dire, pochi ma buoni. Gli Appennini, infatti, possono contare sull’amore e sulla cura di associazioni di volontari e non, come il CAI, di privati che mettono a disposizione la loro passione e il loro tempo libero, di amanti della natura e della tradizione che contribuiscono ognuno con i suoi strumenti a tenere vive queste montagne.
Conclusioni
Sono una grandissima amante di queste montagne, sorelle minori delle Alpi. È stato davvero un piacere percorrerle anche su carta stampata, leggere di luoghi ancora a me ignoti e che spero una volta o l’altra di vedere dal vivo.
È stato bello soprattutto leggere le parole di chi ha capito la vera essenza degli Appennini in ogni sua sfaccettatura, il bello e il brutto. Sono realtà complesse e articolate, non esauribili in poche righe. Quindi il mio invito è: leggete il libro e, appena potete, andate anche voi a dare un’occhiata.
Se un reportage di viaggio ti accende la voglia di prendere e partire senza dubbio è segno che ha svolto bene il suo lavoro.