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A chi non è mai venuta la tentazione di mollare tutto e andarsene? L’autrice di Nella tana l’ha fatto davvero. Ha rinunciato a lavoro, famiglia, sicurezza per riprendersi i suoi ideali e la sua identità. Tra i boschi del Québec, in una capanna che diventa una tana, la protagonista di queste pagine cerca (e ritrova) se stessa.
Gabrielle Filteau-Chiba – l’autrice
Da qualcuno definita come “l’inventrice del femminismo rurale”, Gabrielle Filteau-Chiba è una scrittrice e traduttrice ma soprattutto è un’attivista che si batte per la tutela della natura. Lei stessa vive in una casa alimentata dall’energia solare sul fiume Kamouraska. È proprio quest’ultimo, come afferma lei stessa in un’intervista, a darle l’ispirazione per il suo primo romanzo, appunto Nella tana.
Nella tana – la trama
Anouk, protagonista di questo breve diario di bordo, è un alter ego quasi perfetto della sua autrice, tanto che si fa fatica a separarle l’una dall’altra.
Anouk è stanca e insoddisfatta della sua vita a Montréal, non si sente più autentica né si riconosce più in ciò che fa. Così, andando contro ad amici e genitori, decide di abbandonare tutto per ritrovare tutto: si lascia alle spalle una vita che altri definirebbero piena per ritirarsi, anzi, rintanarsi in una capanna di tronchi sulle rive del fiume Kamouraska, nel cuore delle foreste del Québec.
Attraverso il suo diario e le sue liste, percorriamo con lei i primi dieci giorni della sua nuova vita, tra il freddo intenso e le mille difficoltà che una scelta così radicale porta con sé.
Il messaggio
Ciò che l’autrice vuole dirci attraverso questo piccolo libro ci arriva forte e chiaro non solo dalla penna di Anouk. Un altro personaggio, infatti, si inserisce ad un certo punto nella narrazione, ed anche lui come la protagonista ha a cuore il destino del pianeta. Molto a cuore, così tanto da mettere in gioco anche lui il suo “tutto”.
L’ambiente è in pericolo, e ad avercelo messo siamo stati noi. La denuncia dell’autrice è chiara e precisa, ogni gallone di petrolio è un coltello in più piantato nel petto della Terra e non può che accelerare la sua morte.
Sta a noi cercare di invertire questa tendenza, ognuno a modo suo. Anouk sceglie di combattere nel suo piccolo ogni giorno, piano piano ma inesorabilmente, un secchio d’acqua alla volta. Altri preferiscono strade più pericolose ed eclatanti, non per mania di protagonismo ma per permettere anche a tutti gli altri di aprire gli occhi e di vedere cosa stiamo facendo alla nostra casa.
Conclusioni
Per quanto breve possa essere, questa lettura non se ne va senza lasciare qualcosa. Persino le illustrazioni dell’autrice, nella loro semplicità, spronano a essere più informati e consapevoli. Non vengono chiesti gesti estremi o drastici sacrifici: con il suo esempio, Gabrielle-Anouk ci invita a guardarci intorno per farci apprezzare la bellezza della natura e per farci accorgere che la stiamo distruggendo.