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C’è stato un periodo, anni fa, durante il quale la letteratura russa era di gran moda, un po’ come adesso quella giapponese. Chi può dire, all’epoca, di non aver mai preso in mano un Dostoevskij o un Gogol’? Purtroppo, non si può dire che leggendo quello che la moda detta si arriva a conoscere una certa letteratura, né ad averne una qualche idea. È ciò di cui mi sono trovata a discutere con Sissi Del Seppia, laureata in lingua e cultura russe e grande conoscitrice quindi dell’argomento. Avendo trascorso anche qualche tempo in Russia, ha una visione ancora più chiara di quell’ambiente. Oltre ad avere una conoscenza quasi enciclopedica della Russia e di tutto ciò che la riguarda anche solo da lontano, Sissi Del Seppia è anche una pittrice, lascio quindi il link al suo profilo Instagram per chi volesse andare a dare un’occhiata: https://www.instagram.com/i_drugie_prikljuchenija_luny/. Per scrivere questo articolo, ho ovviamente chiesto la sua collaborazione, non solo in quanto esperta ma anche in quanto il libro me lo ha regalato e consigliato vivamente. Grazie a lei, quindi, mi sono addentrata in un terreno a me del tutto nuovo, nonostante anche io abbia ceduto al richiamo de Le notti bianche e de Il cappotto: la letteratura sovietica. Noi è il primo romanzo di un percorso di esplorazione che ci siamo promesse di intraprendere, e come inizio è stato davvero molto promettente.
Evgenij Zamjátin – l’autore
Classe 1884, Zamjátin è uno degli autori di spicco della letteratura del Novecento. Vi stupirete quindi nell’apprendere che non ebbe una formazione umanistica, anzi. Tra il 1902 e il 1908 studia ingegneria navale a San Pietroburgo.
Socialista e pacifista convinto, nel 1905 viene arrestato una prima volta per attività sovversive clandestine e trascorre alcuni mesi in carcere. Rilasciato nella primavera del 1906, viene mandato in esilio nella sua città natale. Tornato a Pietroburgo, si laurea in ingegneria navale nel 1908.
Lavora in giro per il paese. Diventa docente al Politecnico di Pietroburgo, ma nel 1911 viene nuovamente arrestato ed espulso dalla capitale.
Continuando questo rapporto conflittuale con la legge e l’autorità, collabora con svariati quotidiani e riviste.
Negli anni della Prima Guerra Mondiale, Zamjátin assume una definitiva posizione internazionalista contro la guerra e ogni forma di violenza che gli costa un secondo esilio.
Fu favorevole alla Rivoluzione di Ottobre, ma si oppose al sistema di censura e alla violenza che si erano diffuse sotto il regime bolscevico. Nonostante le sue convinzioni socialiste, mostrerà sempre una certa ostilità nei confronti di un sistema che si proponeva di combattere la violenza per mezzo della violenza. I suoi lavori diventarono sempre più critici nei confronti del governo.
Questo comportamento rese sempre più difficile la sua situazione nel corso degli anni ’20 e gli fece guadagnare il suo celebre status di eretico, di “diavolo” della letteratura sovietica. Alla fine le sue opere vennero proibite e gli fu impedito di pubblicarne di nuove.
Nel 1928, dopo che il primo piano quinquennale era scattato, l’aria per un personaggio come Zamjátin diventa irrespirabile e l’anno dopo l’autore decide di emigrare. Stalin glielo consente nel 1931, grazie all’intercessione di Maksim Gor’kij. Lo scrittore si stabilì a Parigi con la moglie, dove visse in condizioni miserevoli e morì di angina pectoris nel 1937.
Noi – la trama del romanzo
In un futuro non meglio precisato e in un non meglio precisato Paese, vive il nostro protagonista, del quale queste pagine sono il diario. Come tutti gli altri cittadini, anche lui più che un nome ha un numero: D-530.
D-530, scrivendo le sue riflessioni serali, ci mostra il mondo al quale l’umanità è approdata alla fine di tutti i suoi conflitti. Un mondo fatto di vetro, in modo che tutti siano sempre e ovunque visibili; di numeri, perché tutto deve essere sempre esatto e controllato; di efficienza, perché non sono importanti le singole vite quanto piuttosto la vita dello Stato.
D-530 è appagato e rappresentato da questo mondo perfetto, e tutto procede per il meglio finché un giorno un numero femminile, I-330, non incrocia la sua strada. Da quel momento tutto inizia a cambiare.
Ma fino a che punto potrà arrivare questo cambiamento?
Noi – la storia e il testo
Il romanzo viene scritto tra il 1919 e il 1920, tuttavia le sue pubblicazioni avvengono in tempi e luoghi diversi. Inizialmente esce infatti in Inghilterra nel 1924, ovviamente nella sua versione tradotta. Da qui, influenzerà i più famosi romanzi distopici del novecento, quali Brave new word di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell.
In patria, invece, uscirà soltanto molto più tardi, nel 1988. Nel 1922 nasce l’URSS, e il libro di Zamjatin viene visto, anche giustamente, come una critica nei confronti del nuovo regime. Il testo è chiaramente preso in esame dalle autorità e letto come pura e semplice propaganda antisovietica.
Noi, sebbene sia messo spesso a confronto con altri capolavori del filone distopico occidentale come abbiamo detto, è ricco di tradizione. I riferimenti intertestuali con i grandi capolavoli della letteratura russa sono lampanti: il protagonista, D-503, sembra uscito dal Diario di un pazzo di Nikolaj Gogol’, ma la sua follia, stavolta, non porterà l’eroe alla rovina (Gogol’), bensì alle resurrezione (Zamjátin). Il Benefattore, questo “Lenin” fittizio, come il Cavaliere di bronzo di Puškin spadroneggia sulla sua città stato, ci riporta alla memoria perfino il Grande inquisitore di Dostoevskij, un personaggio dei Fratelli Karamazov. La città, per stessa ammissione dell’autore, ha molto della Pietroburgo di Andrej Belyj.
Una parola va spesa senza dubbio per parlare dei temi dell’opera. Il Leitmotiv che troviamo è quello ricorrente, e quindi caro all’autore, di tutte le sue opere. Il primo che sicuramente salta gli occhi in quanto più evidente è la pericolosità del progresso tecnologico. I personaggi che non hanno un nome, il vetro onnipresente, l’inesistenza di tempo personale: l’avanzare della tecnologia ha portato ad un benessere solo di superficie, causando piuttosto un totale livellamento sociale e, di conseguenza, una totale spersonalizzazione degli individui. Non esiste più un tu, un io: esiste solo il Noi collettivo. L’altro tema ben presente che però passa forse un po’ più in sordina è la tendenza umana alla regressione. Qui è difficile approfondire senza svelare troppo della trama, si dirà quindi soltanto che secondo la visione di Zamjátin l’uomo, per quanto avanzi e progredisca, ad un certo punto tenderà sempre a tornare alle care vecchie pulsioni elementari.
Lo stile dell’autore
Come abbiamo detto in precedenza, Evgenij Zamjátin non ha una formazione letteraria: i suoi studi sono stati di argomento squisitamente pratico. Questo fatto all’apparenza secondario è in realtà molto importante, in quanto si riflette molto nel suo stile scrittorio. Del tutto estraneo dunque al “bello scrivere”, i suoi riferimenti sono realistici e concreti, presi direttamente dal quotidiano. Pur trovandosi a racontare di un Paese e di un tempo inesistenti, Zamjátin riesce proprio grazie a questa sua peculiarità a rendere l’ambientazione della storia vivida e verosimile.
I suoi personaggi sono altrettanto peculiari. L’autore non si perde in descrizioni dettagliate, anzi non si perde in descrizioni di nessun genere. La loro fisicità e, soprattutto, la loro psicologia, sono colte dal lettore in maniera efficace grazie a pochi ma ben mirati cenni lasciati cadere qua e là nel testo. Il lettore così diventa parte attiva, è chiamato direttamente a unire i puntini fornitigli e a creare l’immagine finale.
Per queste sue caratteristiche uniche, Zamjátin è considerato padre e mentore del neorealismo espressionistico. Lo stile è conciso, economico, ma altamente evocativo. La scrittura è rapida, senza fronzoli inutili che la rallenterebbero. È lui, infatti, a teorizzare il cosiddetto coefficiente di efficacia artistica: dire molto ma con poco per amplificare l’effetto che si viene a creare, ovvero un massimo contenuto nel minimo contenitore (le parole) possibile.
Perché leggere Noi? – Un intervento dell’esperta
Il testo preso in esame oggi è da considerarsi un caposaldo del filone distopico europeo. Se come me vi siete avvicinati a questo genere letterario iniziando dagli instancabili classici Brave New World e 1984, non rimarrete delusi. Fonte di ispirazione per Aldous Huxley e George Orwell, Evegenij Zamjátin descrive un contesto sociale e politico che vede con i propri occhi e denuncia una repressione di regime che vive in prima persona. Servendosi di uno spazio/tempo non definitivo tipicamente antiutopico, Zamjátin spinge il lettore alla riflessione sulla contemporaneità: la sua vuole essere una protesta contro la meccanicizzazione e la spersonalizzazione dell’essere umano, una denuncia del vicolo cieco nel quale si stava cacciando l’allora “civilizzazione” europea. Sebbene non costituisse un reato, la pubblicazione del romanzo all’estero seguita al rifiuto della censura sovietica causerà al suo autore non pochi problemi. Oggetto di polemica per anni, il romanzo Noi, nonostante le pesanti pressioni esterne, non sarà mai rinnegato dallo scrittore.È un testo assolutamente consigliabile per un neofita del genere ed è un testo che mi sento di suggerire a chi intende intraprendere un viaggio nell’universo del panorama letterario sovietico.La letteratura sovietica, contrariamente a quanto potreste aver letto da qualche parte, non si può certo riassumere nel realismo socialista e nella propaganda di regime. È un mondo colorato, perlopiù abitato da artisti refrattari, dissidenti e impegnati. Sono moltissimi i titoli di successo e i grandi nomi, e questi ultimi sono spesso conosciuti grazie alle pubblicazioni estere, postume o clandestine.
Speriamo che l’articolo vi sia piaciuto, perché questo è solo l’inizio della nostra collaborazione e del nostro viaggio nella letteratura sovietica.
Grazie per avermi fatto conoscere questo autore. La recensione mi ha incuriosito molto. Spero suggerirete altri libri di letteratura sovietica. Anche qualcuno notevole tra quelli “allineati” in modo da capirne la prospettiva in cui si muovevano.